La E/45? E’ Chiusa da un secolo (come l’Umbria)
Di Ciuenlai - La chiusura della superstrada E/45 è la logica e prevedibile conseguenza delle scelte fatte i , in tema di infrastrutture, dai Governi nazionali e dalle Regioni interessate. In questo quadro, spicca, in particolare la miopia politica dell’Umbria, sul cui territorio insiste la gran parte del tragitto della Orte – Ravenna.
Sono il disegno generale prima e l’incuria poi, ad aver condannato alla marginalità i tre assi fondamentali dei collegamenti stradali del “Cuore verde d’Italia”; La E/45 e due raccordi Perugia - Bettolle e Terni - Orte. Eppure la logistica parlava chiaro. Chi vive in qualsiasi punto di questa regione deve necessariamente far ricorso a queste tre arterie per raggiungere il resto d’Italia e d’Europa.
Quindi una ragionevole politica sarebbe stata quella di mettere davanti a qualsiasi altro progetto stradale il mantenimento e a funzionalità di questo sistema. Invece le strategie vengono affidate ad una società “La quadrilatero” che ha come obiettivo principale il raddoppio della SS.77 che, logisticamente parlando, era l’ultima delle priorità dell’Umbria . Ma era la prima di chi governava la Regione e, soprattutto, dell’allora Ministro di Alleanza Nazionale, il marchigiano Baldassarre.
Questo obiettivo, poi raggiunto, con una spesa di quasi 2 miliardi e mezzo di euro, faceva parte di un disegno locale tendente a portare attorno a Foligno tutte le principali strutture di mobilità stradale (SS77, Tre Valli, raddoppio della Flaminia con collegamento , per il Nord alla Perugia – Ancona,), Ferroviaria (Raddoppio della Orte - Falconara, via Fossato di Vico) , aerea (col potenziamento attuato dell’aeroporto di Foligno, sul quale si sono spesi milioni di euro per far decollare qualche passero solitario) e commerciale (la piastra logistica della sedicente terza Provincia e, udite , udite di Perugia doveva e deve , se mai vedrà luce, sorgere nel “centru de lu munnu”.
Per fare in modo che ciò accadesse fu messa in piedi” la strategia della territorialità”. Ogni grande area faceva per conto proprio e perseguiva i suoi obiettivi , in competizione con gli altri. E allora Perugia (il cui status di capoluogo restava e resta ancora, solo formale) chiedeva la realizzazione del “Nodo” e della Perugia Ancona (i cui lavori, per continue e, dice qualcuno, “sospette” beghe burocratiche, stanno durando più della fabbrica di San Pietro), l’Alta Umbria la E/78 (con grandi liti sul percorso, qualcuno dice montate ad arte), il Ternano la Civitavecchia – Terni e via illudendo.
In tutto questo, come si può vedere, il complesso delle istituzioni umbre, negli ultimi 15/20 anni, ha perso cognizione delle sue priorità e, invece di chiedere unitariamente interventi continui di ordinaria e straordinaria manutenzione su i tre tronchi fondamentali per la mobilità regionale, ha continuato a litigare sui sogni e le false priorità. Ed è stato così non solo per le strade, ma anche per i collegamenti ferroviari, per i quali nessuno ha capito come mai in tutti questi anni , non si è riusciti a stabilire un collegamento veloce di Perugia con la direttissima prima e l’alta velocità poi e per le rotte aeree con l’Aeroporto di Perugia privato di sostegni e di risorse, in parte dirottate all’inutile struttura di Foligno, in epoche nelle quali era ancora possibile battere la concorrenza dei vicini e creare uno scalo da 500 mila passeggeri in su.
Con la a chiusura della E/45 il Re è diventato nudo. Il combinato disposto di questi disastri politici ha, infatti, portato l’Umbria ad avere difficoltà di collegamento stradale, a dover prendere il treno in piena notte se si vuole arrivare rapidamente al nord e a tenere un aeroporto con quattro voli spelacchiati , pagati a caro prezzo. I grandi assenti di questi anni sono stati dunque programmazione e priorità delle scelte. IL risultato è la marginalizzazione. Domanda : abbiamo imparato la lezione o rinviamo tutto allo scricchiolio del prossimo viadotto?
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