di Stefano Vinti

La pandemia da Covid-19 ha dato lo stop allo sport mondiale, uno dei settori più restii a fermare le proprie attività e ad accettare le decisioni delle autorità sanitarie nazionali e mondiali chiamate a gestire l'emergenza, condizionato degli enormi interessi economici che lo coinvolgono.
In Italia lo sport nel suo complesso vale 30 miliardi di euro, pari all'1,7% del Pil, e con l'indotto raggiunge i 60 miliardi di euro, per un'occupazione complessiva di circa un milione di lavoratori subordinati, manager, ecc.
Con queste cifre e con i soldi dei diritti televisivi a rischio (circa 260 milioni di euro), è evidente che per molti i campionati di serie A, B e C dovranno concludersi a tutti i costi.
In Europa il calcio avrà perdite pari a 4 miliari di euro, con il record della Premier League con 1 miliardo e 300 milioni di deficit.
Perdite di milioni di dollari si registrano su scala mondiale e solo il blocco dei campionati nel primo trimestre del 2020 in Cina ha comportato un buco di 900 milioni di euro nelle casse di Adidas che, nel mercato cinese, ricava il 20% dei propri introiti globali. Negli USA, la sosta del campionato Nba comporterà la perdita di 500 milioni di dollari, dando per scontato che si svolgeranno le seguitissime partite dei play off.
La pallacanestro italiana, che ha dichiarato chiusa la stagione, perde 2 milioni e 440mila euro, e perdite consistenti anche per la fine della stagione della pallavolo.
La ripresa dei grandi appuntamenti sportivi mondiali è rinviata a dopo l'estate o al 2021. Gli eventi sportivi più rilevanti su scala planetaria si accaparreranno il grande pubblico, sostenuti dai loro sponsor che, ormai, sono tra i grandi colossi industriali del capitalismo mondiale, e che lotteranno per conquistare ulteriori fette di mercato attraverso lo sport globalizzato e finanziarizzato.
Al momento un invisibile virus li ha confinati in quarantena.

(dati tratti da Alias)

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