di Giovanni Dozzini
Il disastro umbro nella gestione dell'epidemia è così grande e imperdonabile proprio perché è umbro, perché l'Umbria pochi mesi fa era quasi totalmente libera dal virus, perché l'Umbria è piccola e sarebbe stato agevole attrezzarla per fronteggiare molto meglio di così la nuova inevitabile ondata, perché l'Umbria è talmente piccola che sarebbe potuta essere un laboratorio, un caso di scuola, un modello da studiare e magari da seguire e da riportare su scala nazionale.
Nell'estate in cui l'Umbria a suon di costose e roboanti campagne di comunicazione ha finto di essere in grado di ospitare in sicurezza masse sterminate di turisti nessuna voce si è levata, tra i suoi amministratori e nel silenzio di un'opinione pubblica pigra o conforme, per rimarcare l'attenzione necessaria, per illustrare i progetti di contenimento sanitario, o semmai per reclamare da Roma più soldi o più strumenti o più indicazioni.
Chi governa l'Umbria è responsabile diretto della situazione difficilissima in cui versano i suoi ospedali, della condizione in cui sono costretti a vivere i suoi cittadini sani e quelli malati, di uno sconquasso sanitario, sociale ed economico che, almeno in una certa e non trascurabile misura, poteva essere evitato.
Di questa responsabilità dovrà rendere conto, presto o tardi, a molti livelli.
 

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