Diritti civili, ddl Zan tempo scaduto, ora in Parlamento
Non un corteo quest’anno (causa norme anti Covid) ma un happening arcobaleno simile a un festival rock. Il palco principale all’Arco della Pace, con alcune migliaia di persone davanti, distanziate e con la mascherina nonostante il gran caldo, un maxi schermo montato ad alcune centinaia di metri di distanza all’interno del parco Sempione, con altrettante persone sedute e sdraiate. «Siamo felici di essere tornati a guardarci negli occhi, è bello manifestare tutti insieme».
È un po’ questo lo stato d’animo diffuso tra chi ha partecipato a questo Pride milanese dopo l’appuntamento mancato dell’anno scorso. La voglia e la felicità di ripopolare lo spazio pubblico insieme. E poi ovviamente la legge Zan, il tema vero di questa edizione. «Il tempo è scaduto», aveva detto Milano a inizio maggio durante una manifestazione promossa dai Sentinelli. E «il tempo è scaduto» è anche quanto ha ricordato, quasi urlato dal palco, il sindaco di Milano Beppe Sala che ha spronato il Pd e i 5 Stelle ad andare avanti senza tentennamenti: «Andiamo a contarci in Parlamento».
PER SALA NON È PIÙ TEMPO di dialogare con chi vuole affossare questo disegno di legge. «Se ci fosse spazio davvero per il dialogo e la discussione discuteremmo, ma ormai chi non la vuole, vuole solo buttare in là la cosa e siccome il tempo è scaduto, il mio messaggio alla mia parte politica è andiamo a contarci, andiamo in Parlamento perché il tempo è veramente scaduto».
Concetto ribadito ieri da Enrico Letta, secondo cui «in Senato i numeri ci sono, in Parlamento ognuno si assumerà la sua responsabilità. Fino la Lega si è mossa solo per cancellare il ddl. ».
Sala poi è stato protagonista di un siparietto con il deputato del Pd che dà il nome alla legge, Alessandro Zan, salito sul palco, e a cui Sala ha donato il suo orologio arcobaleno: Rregolerai tu i tempi dell’approvazione». Per Sala «da Milano parte la spinta finale per la legge».
GIÙ DAL PALCO IL POPOLO del Pride, decisamente under 30 come sempre, ma con molte più adolescenti degli altri anni. «Sono venuta perché quest’anno mi sono innamorata di una ragazza e quindi siamo qui insieme», racconta una ragazza. Conoscete la legge Zan? «Sì, sappiamo che è una legge contro l’odio omotransfobico ma il Parlamento non vuole votarla».
Passa un’altra ragazza con una bandiera arcobaleno con scritto sopra «Queer liberation not rainbow capitalism». Vicino a loro un gruppetto misto con le bandiere dell’orgoglio pansessuale con i colori rosa, giallo e azzurro: «Proviamo amore e attrazione indipendentemente da sesso e genere. Siamo non binari».
FABIO PELLEGATTA DI ARCIGAY Milano ricorda il lavoro quarantennale fatto in città sul fronte dei diritti, «scardinando tanti sistemi». Gli europarlamentari del Pd Pierfrancesco Majorino e Brando Benifei richiamano l’attenzione sul presidente ungherese Viktor Orbán, la sua legge omofoba e i suoi alleati italiani: «Attenzione perché Salvini e Meloni vogliono portare Orbán in Italia. E noi Porteremo il governo ungherese alla Corte Europea se andrà avanti con questa legge».
Poi è il turno di Zan, ormai di casa a Milano. Risponde a Salvini che ha detto di volersi sedere a un tavolo con Letta per discutere del ddl: «Non possiamo sederci con chi dice che la legge approvata da Orbán va bene. Non possiamo aprire un dialogo con chi attacca l’attuale legge Mancino. Noi meritiamo di vivere in un Paese migliore». Poi, rivolto ai manifestanti: «Vogliamo dirlo ai nazisti, agli omofobi, a quelli che discriminano in questo paese che siete la parte migliore, siete il futuro dell’Italia? Siete meravigliosi, siete incredibili». E ancora: «L’Italia deve scegliere da che parte stare».
Sul palco con Zan l’ex ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina (M5S): «La legge è necessaria e va approvata. La giornata contro l’odio omofobico nelle scuole va istituita, saranno poi le scuole a scegliere in autonomia, ma la politica deve dare l’esempio”. Prima di scendere dal palco la promessa di Zan: «Ci ritroveremo qui a Milano per festeggiare e parlare non più di un disegno di legge ma di una legge dello Stato».
il manifesto 26.06.2021
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