Le dimissioni di Raffaele Oriani da Repubblica sono un atto importantissimo
di Claudio Grassi
Il giornalista Raffaele Oriani lascia Repubblica in dissenso con il silenzio complice del giornale rispetto alla mattanza che sta avvenendo a Gaza.
Un fatto importantissimo che speriamo susciti un sussulto di dignità e umanità anche in altri giornalisti, quasi tutti silenti e quindi complici di quanto sta avvenendo. Quando parliamo del Coraggio della Pace è questo che intendiamo. Reagire e uscire dal coro attraverso azioni, per tradurre il dissenso personale e lo smarrimento di fronte all'orrore, in politica attiva.
Ecco la lettera di dimisssioni:
"Care colleghe e cari colleghi, ci tengo a farvi sapere che a malincuore interrompo la mia collaborazione con il Venerdi. Collaboro con il newsmagazine di Repubblica ormai da dodici anni, ed è sempre un grande onore vedere i propri articoli pubblicati su questo splendido settimanale. Eppure chiudo qua, perché la strage in corso a Gaza è accompagnata dall'incredibile reticenza di gran parte della stampa europea, compresa Repubblica (oggi due famiglie massacrate in ultima riga a pagina 15).
Sono 90 giorni che non capisco. Muoiono e vengono mutilate migliaia di persone, travolte da una piena di violenza che ci vuole pigrizia a chiamare guerra. Penso che raramente si sia vista una cosa del genere, così, sotto gli occhi di tutti. E penso che tutto questo non abbia nulla a che fare né con Israele, né con la Palestina, né con la geopolitica, ma solo con i limiti della nostra tenuta etica. Magari fra decenni, ma in tanti si domanderanno dove eravamo, cosa facevamo, cosa pensavamo mentre decine di migliaia di persone finivano sotto le macerie.
Quanto accaduto il 7 ottobre è la vergogna di Hamas, quanto avviene dall'8 ottobre è la vergogna di noi tutti. Questo massacro ha una scorta mediatica che lo rende possibile. Questa scorta siamo noi. Non avendo alcuna possibilità di cambiare le cose, con colpevole ritardo mi chiamo fuori".
Grazie Raffaele Oriani, ci sentiamo tutti meno soli, e che sia l'inizio di una protesta contagiosa, collettiva e rumorosa.
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