Al Renato Curi ce ne sono quattro - Per il Perugia i defibrillatori allo stadio che porta il nome di Renato Curi, il centrocampista morto per un malore cardiaco mentre era impegnato contro la Juventus, sono già da tempo una realtà. “Noi da questo punto di vista riteniamo di essere più avanti rispetto a quanto viene richiesto dalla Lega Pro” spiega uno dei due presidenti del club biancorosso, Gianni Moneti. “Ci siamo infatti dotati - aggiunge - di quattro defibrillatori che teniamo allo stadio in vari punti, tra cui anche nello spogliatoio ed uno più sofisticato nella sala medica. Ne abbiamo uno portatile anche per le trasferte ed ogni volta che dobbiamo affrontare un viaggio con la squadra non si parte se a bordo del pullman non c'è il defibrillatore. E questo già da tempo e non ora perché è successa la tragedia. Abbiamo fatto revisionare i nostri apparecchi anche se non ce n'era bisogno ed abbiamo anche fatto partecipare il nostro personale ad un corso di formazione per acquisire le conoscenze sul corretto utilizzo delle stesse apparecchiature”.

Moneti aggiunge che “è giusto ci sia una presa di posizione forte della Lega Pro per impedire di giocare laddove non ci siano le necessarie condizioni di sicurezza”. “Del resto - conclude -, un vecchio detto ci insegna che è meglio prevenire che curare e siamo tutti consapevoli che prima di tutto c'è la vita ed il rispetto della salute, poi viene il calcio e tutto il resto”.

Anche per la Ternana è bene non giocare senza defibrillatore: la società ne possiede uno – Anche il direttore sportivo della Ternana Vittorio Cozzella si dichiara “pienamente d'accordo” con i vertici della Lega Pro che hanno annunciato l'intenzione di non far disputare le partite in caso di mancanza di defibrillatori a bordo campo.
La società rossoverde, prima in classifica nel girone A della prima divisione, ha comunque posto già ad inizio stagione come una priorità il rispetto della direttiva di avere un apparecchio e personale specializzato per ogni gara.

“In ogni partita disputata al Liberati - spiega Cozzella - c'è la presenza a bordo campo di un'ambulanza dotata inderogabilmente di un proprio defibrillatore e di personale specializzato per l'utilizzo. Ma in aggiunta a ciò, la societa' se ne è dotata di uno proprio pronto all'uso in caso di necessità: in un ambito del genere è meglio avere un qualcosa in più”.

Dopo essersi detto d'accordo con la posizione della Lega Pro, il direttore sportivo della Ternana sostiene che “occorra andare oltre”. “Secondo me manca un coordinamento generale - spiega - che possa dare indicazioni, per ogni campo, su quelle che sono le strutture a disposizione allo stadio e negli ospedali, in modo che nel caso succedano episodi come quello di Morosini non vi sia la minima improvvisazione”.

“L'auspicio - conclude Cozzella - è che i riflettori su questo aspetto rimangano accesi anche con l'affievolirsi del clamore suscitato dalla morte del giocatore del Livorno”.

Negli stadi umbri ce ne sono già più di 120 - Sono più di 120 i defibrillatori disponibili attualmente negli stadi umbri grazie a un progetto avviato nel 2006. “E' un progetto al quale abbiamo sempre creduto - sottolinea il presidente del Comitato regionale della Federcalcio, Luigi Repace - a dimostrazione che la Lega nazionale dilettanti non pensa solo ai 90 minuti della partita, ma mette tra le sue priorità anche i principi di solidarietà e di responsabilità che un dilettante deve portare avanti. Si tratta di un impegno di grande civiltà che ha un valore incommensurabile nella misura in cui dovesse salvare anche una sola vita”.

Secondo Repace, i defibrillatori sono “strumenti all'avanguardia, il cui utilizzo è estremamente semplice e che possono essere utilizzati da coloro che hanno sostenuto un corso presso una sede del 118, in modo che lo strumento possa essere correttamente impiegato in caso di urgenza”.

Boranga: ci vuole anche una diversa cultura sulla salute degli sportivi - Bene l'idea di avere i defibrillatori in campo ma per evitare casi come quello di Piermario Morosini serve “una cultura diversa in tema di salute degli sportivi”: a dirlo è Lamberto Boranga, ex portiere professionista con Perugia, Fiorentina, Cesena e Parma, e medico sportivo.

“Servono persone preparate ad affrontare le emergenze” dice all'ANSA Boranga che alla soglia dei 60 anni quest'anno è tornato in campo disputando due partite con una formazione dilettanti umbra. “Ho sentito dirigenti di società chiedermi - aggiunge - quanto costava un defibrillatore per poi spiegarmi che loro quei soldi preferivano usarli per pagare un giocatore. Questi poi sono apparecchi che devono stare in campo, non su un'ambulanza, pronti a essere utilizzati da persone competenti. Un'altra società, ad esempio, ce lo ha ma non lo sa usare”. Anche gli stessi atleti, specie se dilettanti, possono però contribuire in prima persona a prevenire questi pericoli. “Anzitutto sottoponendosi a una visita medica accurata - spiega Boranga - presso centri autorizzati e dotati di strumentazioni adeguate. Ma anche in questo caso mi sono sentito più volte chiedere informazioni su quanto costava piuttosto che su come veniva fatta”. C'è poi una vera e propria cultura della pratica sportiva da rispettare. “Per quanto mi riguarda - sottolinea Boranga - non ho mai esasperato gli allenamenti e altrettanto ho fatto con la mia vita quotidiana (sono uno che non beve e non fuma). Da 18 anni seguo queste regole e grazie al loro rispetto mi posso permettere di allenarmi ogni giorno con i portieri del Perugia e svolgere tante altre attività sportive”.

In Umbria un piano per l’uso diffuso dei defibrillatori, anche nei luoghi di lavoro e di studio – Ma l'Umbria intende essere all'avanguardia nell'impiego dei defibrillatori anche in ambito non sportivo. E' infatti in fase avanzata il progetto diffusione dei defibrillatori esterni (Dae) della Regione. L'obiettivo della Giunta regionale è di creare una rete capillare di diffusione territoriale di apparecchi semiautomatici, “manovrabili” anche da personale addestrato non medico e localizzati, oltre che nelle tradizionali sedi sanitarie, anche nei luoghi di lavoro, di studio e, in generale, pubblici. Per giungere a una riduzione in percentuale significativa delle morti per infarto al miocardio e dei danni, soprattutto di carattere neurologico, conseguenti.

L'obiettivo al quale punta la Regione è di realizzare nel territorio una rete di defibrillatori da rendere compatibili con i tempi necessari al primo intervento di soccorso. Il Piano prevede la attuazione di tre fasi: innanzitutto saranno dotati delle apparecchiature terapeutiche tutte le ambulanze del sistema “emergenza-urgenza”, quelle delle associazioni del volontariato, dei vigili del fuoco e delle forze dell'ordine. Nella seconda fase i defibrillatori semiautomatici saranno dislocati nelle sedi di tutti i soggetti a vario titolo interessate alla “emergenza”. A regime il sistema fornirà e prevederà l'uso di defibrillatori nei luoghi di lavoro, centri commerciali, stazioni ferroviarie e sedi di transito, istituti di studio, farmacie, centri di recupero, penitenziari e altro ancora. Le centrali operative del 118 avranno un ruolo chiave nella realizzazione della rete. Alle Asl invece il compito di formare il personale non medico.
 

Condividi