Danni da cinghiale, in alto Tevere è allarme rosso
“A pochi giorni dalla chiusura della caccia al cinghiale, quando cioè dovrebbe essere certa una consistente riduzione del numero dei capi per effetto del prelievo venatorio, sono sempre più frequenti le segnalazioni di danni da parte degli imprenditori agricoli.”
E’ quanto segnala la Confederazione italiana agricoltori dell’Alto Tevere nel denunciare il disagio di quanti, dopo aver subìto enormi danni negli ultimi anni ed aver ricevuto indennizzi irrisori, sono adesso esasperati e furibondi nel vedere i cinghiali aggirarsi indisturbati nelle loro aziende, specie in quelle situate nelle zone di San Leo Bastia, San Pietro a Monte e Barzotti- Montemaggiore nel comune di Città di Castello.
Oltre al senso di frustrazione derivante dalla distruzione delle coltivazioni in atto, infatti, la presenza così consistente di pericolosi selvatici genera negli agricoltori una comprensibile sfiducia sulle prospettive produttive delle loro attività; molti sono seriamente orientati a non effettuare le semine primaverili proprio per evitare di spendere somme anche il solo obiettivo di fornire cibo ai cinghiali.
Una situazione non più tollerabile secondo la Cia dell’Alto Tevere, vista anche la manifesta inadeguatezza degli interventi fin qui posti, affidati solo alle squadre di cinghialisti senza prevedere sanzioni per coloro che non attuano seriamente le azioni di contenimento.
Il problema è accentuato dall’abbandono delle aree demaniali, con diversi enti che si rimpallano le competenze, come accade a cavallo tra i comuni di Città di Castello e di Pietralunga nelle aree di Sanzino, Coacri Montemaggiore e nell’ex azienda faunistico-venatoria del Perrobbio, dove circa 1500 ettari di superficie sono lasciati all’abbandono da tre anni, nonostante le nostre continue sollecitazione agli organi competenti, divenendo un tranquillo luogo di sosta privilegiato dei cinghiali.
E’ necessario e urgente, perciò, il coordinamento da parte di un unico Ente che possa intervenire sia in aree aperte alla caccia che in quelle demaniali e adibite ad aziende faunistico-venatorie ed agrituristico-venatorie.
Intanto, per tentare di ridurre la presenza del cinghiale, la Cia dell’Alto Tevere chiede a Regione, Provincia e all’Atc “Perugia 1” che si intervenga subito con operazioni da affidare non solo ai cinghialisti ma ad altre categorie di cacciatori se non alle guardie provinciali o ad altri corpi di polizia.
Per rendere più incisiva tale richiesta la Cia dell’Alto Tevere ha avviato una specifica petizione che, nei prossimi giorni, sarà sottoposta per la sottoscrizione a tutti gli imprenditori agricoli ed ai residenti nelle aree interessate.
Il Presidente
Luca Zoi
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