di Stefano Ciafati*

Il voto di ieri al Senato è per certi versi sto­rico. A venti anni dalla prima richie­sta di Legam­biente di inse­ri­mento dei delitti ambien­tali nel codice penale — era­vamo nel lon­tano 1994, anno del primo Rap­porto Eco­ma­fia -, siamo dav­vero vicini al tra­guardo. Il voto in Aula ha can­cel­lato le frasi peg­giori inse­rite nel ddl in Com­mis­sione tanto care a Con­fin­du­stria, a par­tire dalla non puni­bi­lità per i reati col­posi in caso di boni­fica, e ha raf­for­zato il testo uscito dalla Camera con la pre­vi­sione di alcune aggra­vanti e del reato di omessa boni­fica o la modi­fica della defi­ni­zione di inqui­na­mento e disa­stro ambientale.

La pres­sione degli inqui­na­tori per annac­quare il prov­ve­di­mento è con­ti­nuata — senza esito for­tu­na­ta­mente — fino a due sera fa, quando si sono con­cluse le vota­zioni degli ultimi emendamenti.

Ieri è stato pra­ti­ca­mente un ple­bi­scito con una lar­ghis­sima mag­gio­ranza che ha visto votare com­patti — come fatto già a Mon­te­ci­to­rio — tutti i par­titi che sosten­gono il governo, il Movi­mento cin­que stelle, Sel e il gruppo misto. Ha votato con­tro gli eco­reati il «par­tito» che vuole che l’inquinamento resti un reato sostan­zial­mente impu­nito desti­nato alla pre­scri­zione, for­mato dai sena­tori di Forza Ita­lia e da quelli della Lega (i leghi­sti si sono aste­nuti ma al Senato l’astensione equi­vale al voto contrario).

L’accelerazione nella discus­sione di un prov­ve­di­mento che è stato fermo in Com­mis­sione in Senato per 10 lun­ghi mesi è stata pos­si­bile gra­zie alle cro­na­che giu­di­zia­rie degli ultimi due mesi e alle pres­sioni di quella parte mag­gio­ri­ta­ria del paese che non ne può più di disa­stri finiti nel nulla. Le recenti sen­tenze shock su Eter­nit, Bussi in Abruzzo e Mar­lane in Cala­bria, che hanno fatto finire nel nulla inda­gini e pro­cessi durati anni, hanno ricor­dato al Paese che senza delitti ambien­tali nel codice penale gli eco­cri­mini restano senza col­pe­voli.

La pres­sione sociale sui sena­tori negli ultimi due mesi ha fatto il resto. Legam­biente e Libera hanno costruito un car­tello di 25 asso­cia­zioni ambien­ta­li­ste, di cit­ta­dini, medici, stu­denti e impren­di­tori che hanno sot­to­scritto l’appello «In nome del popolo inqui­nato: delitti ambien­tali subito nel codice penale». Abbiamo fatto tutti insieme pres­sione sui sena­tori con stru­menti tra­di­zio­nali (i sit in) e nuovi (il mail bom­bing) e siamo riu­sciti a fer­mare i ripe­tuti ten­ta­tivi di annac­quare il ddl per le pres­sioni degli inquinatori.

Ora il Ddl sui delitti ambien­tali nel codice penale — che ha come primi fir­ma­tari i par­la­men­tari Ermete Rea­lacci (Pd), Sal­va­tore Micillo (M5S) e Serena Pel­le­grino (Sel) -, appena licen­ziato dal Senato, deve essere imme­dia­ta­mente votato alla Camera.

La pre­si­dente Laura Bol­drini, i pre­si­denti delle Com­mis­sioni Giu­sti­zia e Ambiente e i capi­gruppo di Mon­te­ci­to­rio devono calen­da­riz­zare imme­dia­ta­mente que­sto dise­gno di legge su cui si è ormai con­so­li­data una mag­gio­ranza schiac­ciante che va oltre ogni schie­ra­mento, per appro­varlo defi­ni­ti­va­mente senza fare alcuna modi­fi­che. Qual­siasi ipo­tesi miglio­ra­tiva del testo può essere even­tual­mente inse­rita in un dise­gno di legge paral­lelo, senza osta­co­lare e ritar­dare ulte­rior­mente l’approvazione defi­ni­tiva del testo licen­ziato ieri dal Senato.

Con una legge di que­sto tipo appro­vata negli anni ‘90 non avremmo assi­stito ai disa­stri impu­niti di Mar­ghera, Taranto, Gela, Priolo, Cro­tone, della Valle del Sacco e della Terra dei fuo­chi. Ora basta. Siamo all’ultimo chi­lo­me­tro di una mara­tona che è ini­ziata due decenni fa. La tutela dell’ambiente, della salute e della parte sana dell’economia non pos­sono aspet­tare nean­che un giorno in più.

* Vice pre­si­dente di Legambiente

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