Anche in Umbria la finta ripresa economica tanto decantata è già terminata. Sono già evidenti invece i segnali di una forte recessione.

Sono i numeri di tre recentissime ricerche che ci portano a fare questa amara ma realistica valutazione.

L’Osservatorio nazionale sul precariato dell’Inps, dimostra, dati alla mano, che a gennaio 2016 rispetto a gennaio 2015, le assunzioni a tempo indeterminato (a tutele crescenti) sono diminuite del 52,2% e che il complesso delle assunzioni, sempre rispetto allo stesso periodo, sono diminuite del 26,1%.
In questa classifica negativa che interessa tutte le regioni l’Umbria si colloca al 4° posto, superata solo da Valle d’Aosta, Abruzzo e Basilicata.
A gennaio le cessazioni superano le attivazioni, dando luogo ad un saldo negativo. Quindi sono stati distrutti piu’ posti di lavoro rispetto a quanti ne sono stati creati. Adesso è del tutto evidente, come era facilmente prevedibile, che l’unica leva su cui si sono mossi i dati occupazionali nel 2015 è stata quella degli incentivi che una volta venuti meno, o ridotti, riportano la situazione del mercato del lavoro alla situazione antecedente, se non addirittura peggiorandola.

L’Istat ha dimostrato che, purtroppo, siamo in piena deflazione. Il dato nazionale è -0,3%, quello umbro è quasi doppio, -0,5%: questo è un segnale pesantemente negativo perché indica un blocco degli investimenti e un aumento proporzionale del debito pubblico e privato. Esattamente il contrario della ”presunta” ripresa.

A gennaio 2016 continua ancora il boom dei voucher con lavoratori e lavoratrici senza diritti né tutele. In Umbria i buoni lavoro erano 55 mila nel gennaio 2014, 113 mila a gennaio 2015 e ben 157 mila a gennaio 2016.  Oltre 17 mila umbri vengono pagati con questa moderna forma di caporalato. E' evidente che occorre contrastare con durezza  questo fenomeno e non è certo la proposta del Ministro del Lavoro Poletti quando parla della cosiddetta "tracciabilità" che potrà invertire questa tendenza.

Questi numeri dimostrano in maniera ormai evidente da una parte il totale fallimento del Jobs Act e dall'altra l’esigenza ormai non più rinviabile di realizzare una politica economica alternativa, basata sul rispetto della persona, dei suoi diritti e, come ha detto benissimo anche Papa Francesco, sul valore imprescindibile della dignità.
 

Mario Bravi

 

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