Il 6 aprile 1941 gli eserciti dell’Asse invadono la Jugoslavia. Alla rapida vittoria fa seguito la spartizione dei territori annessi. Tra questi, l’Italia occupa la Slovenia sud-occidentale, che diviene la provincia di Lubiana. L’area viene posta sotto il comando del generale Mario Roatta e del suo sottoposto, e poi sostituto, il generale Mario Robotti. Si distinguono entrambi per la diramazione di circolari in cui si invita a usare il pugno di ferro contro la popolazione civile, autorizzando rappresaglie ed eccidi. 

Roatta è in particolare l’autore della famigerata “Circolare 3 C”: un volume di oltre duecento pagine nel cui ultimo capitolo si ordina la massima durezza nelle pratiche repressive. Il generale sostiene “il ripudio delle qualità negative compendiate nella frase bono italiano”, e l’utilizzo della formula non “dente per dente” ma “testa per dente”. La circolare infine prevede l’internamento di tutti gli uomini tra i sedici e i sessant’anni che vivono all’interno di zone in cui siano in corso operazioni antipartigiane o in aree in cui ci sono stati attacchi o sabotaggi ai danni degli occupanti. Roatta è un sostenitore cieco della fucilazione degli ostaggi, come annuncia direttamente a Mussolini nel maggio 1942.
Dal canto suo anche Robotti afferma a più riprese che “si ammazza troppo poco”, cercando di rispettare ciecamente il volere del duce secondo cui: “Deve cessare il luogo comune che dipinge gli italiani come sentimentali incapaci di essere duri quando serve”. 
Si calcola che 1.159 persone siano state uccise e 25.000 internate a seguito degli ordini emanati dai due generali e dalle autorità italiane dopo i rastrellamenti. 
Dopo la caduta del regime, Roatta resta capo di stato maggiore e coordina la repressione violenta delle manifestazioni antifasciste. In una circolare apposita scrive: “[...] Perciò ogni movimento deve essere inesorabilmente stroncato in origine [...] muovendo contro gruppi di individui che perturbino ordine o non si attengano prescrizioni autorità militare, si proceda in formazione di combattimento e si faccia fuoco a distanza, anche con mortai e artiglieria senza preavviso di sorta, come se si procedesse contro truppe nemiche”.
Nel giro di pochi giorni vengono uccise quasi 100 persone, ferite oltre 500 ed effettuati più di 2.000 arresti.
All’indomani dell’8 settembre 1943 Roatta fa parte del convoglio reale che abbandona la capitale. 
Processato nel dopoguerra, si dà alla latitanza in Spagna, dove Franco lo accoglie a braccia aperte. Prima condannato e poi assolto o amnistiato per vari crimini di guerra e per la mancata difesa di Roma, torna in Italia nel 1966. 
Invece Robotti, sfuggito all’arresto alla fine del conflitto, vive a Rapallo fino alla morte, sopraggiunta nel 1955.

Questo brano è tratto da Ventennio di sangue, il nostro almanacco sui crimini fascisti. 

Fonte: Cronache Ribelli

 

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