Secondo una recente ricerca dell’Istat, nel 2009 le separazioni in Italia sono state 85.945 e i divorzi 54.456, con un incremento rispettivamente del 2,1 e dello 0,2% rispetto all’anno precedente. Si tratta, soprattutto nel caso dei divorzi, di incrementi molto più contenuti rispetto a quelli registrati tra 2007 e 2008 (3,4% per le separazioni e 7,3% per i divorzi).

I due fenomeni sono tuttavia in costante crescita: se nel 1995, ogni 1.000 matrimoni si sono registrati 158 separazioni e 80 divorzi, nel 2009 si arriva a 297 separazioni e 181 divorzi. La durata media del matrimonio al momento dell’iscrizione a ruolo del procedimento è risultata pari a a 15 anni per le separazioni e a 18 anni per i divorzi.

L’età media alla separazione è di circa 45 anni per i mariti e 41 per le mogli; in caso di divorzio raggiunge rispettivamente 47 e 43 anni. Questi valori sono aumentati negli anni sia per una drastica diminuzione delle separazioni sotto i 30 anni – in gran parte effetto della posticipazione delle nozze verso età più mature – sia per un aumento delle separazioni con almeno uno sposo ultrasessantenne.

La tipologia di procedimento scelta in prevalenza dai coniugi è quella consensuale: nel 2009 si sono concluse consensualmente l’85,6% delle separazioni e il 72,1% dei divorzi. Il 66,4% delle separazioni e il 60,7% dei divorzi hanno riguardato coppie con figli avuti durante il matrimonio. Fino al 2005, ha prevalso l’affidamento esclusivo dei figli minori alla madre. Nel 2006 la Legge 54/2006 ha introdotto l’istituto dell’affido condiviso dei figli minori come modalità ordinaria e ha avuto conseguenze evidenti: nel 2009 l’86,2% delle separazioni di coppie con figli ha previsto l’affido condiviso contro il 12,2% dei casi in cui i figli sono stati affidati esclusivamente alla madre.

L’instabilità coniugale: un fenomeno in costante crescita
Nel 2009 le separazioni sono state 85.945 e i divorzi 54.456. Rispetto al 1995 le separazioni sono
aumentate di oltre il 64% ed i divorzi sono praticamente raddoppiati (+ 101%). Tali incrementi si
sono osservati in un contesto in cui i matrimoni diminuiscono1 e quindi sono imputabili ad un
effettivo aumento della propensione alla rottura dell’unione coniugale (Figura 1).
Per ottenere una misura efficace di questa propensione occorre rapportare le separazioni o i
divorzi registrati in un anno di calendario, in corrispondenza delle diverse durate di matrimonio,
all’ammontare iniziale dei matrimoni di ciascuna coorte2. A partire dalla metà degli anni ’90 questi
indicatori hanno fatto registrare una progressiva crescita della propensione a interrompere una
unione coniugale: nel 1995 si verificavano in media circa 158 separazioni e 80 divorzi per 1.000
matrimoni, nel 2009 questi arrivano rispettivamente a 297 separazioni e a 181 divorzi ogni 1.000
matrimoni.

Separazioni al minimo nel Sud
Per l’analisi della geografia e delle principali caratteristiche dell’instabilità coniugale è utile fare
riferimento alle separazioni legali che rappresentano in Italia l’evento più esplicativo del fenomeno
dello scioglimento delle unioni coniugali3 considerando che non tutte le separazioni legali si
convertono successivamente in divorzi. A titolo di esempio si consideri che su 100 separazioni
pronunciate in Italia nel 1998 poco più di 60 sono giunte al divorzio nel decennio successivo. Per i
divorzi concessi nel 2009 l’intervallo di tempo intercorso tra la separazione legale e la successiva
domanda di divorzio è stato pari o inferiore a cinque anni nel 69,4% dei casi.
Il fenomeno dell’instabilità coniugale presenta ancora oggi situazioni molto diverse sul territorio:
nel 2009 si va dal valore minimo di 198,6 separazioni per mille matrimoni che caratterizza il Sud al
massimo osservato nel Nord-ovest (374,9 separazioni per mille matrimoni). I cartogrammi
seguenti consentono di apprezzare l’evoluzione del fenomeno a livello regionale confrontando i
tassi di separazione totale del 2009 con quelli del 1995
Nel 1995 solo in Valle d’Aosta si registravano più di 300 separazioni per mille matrimoni mentre,
nel 2009, si collocano al di sopra di questa soglia quasi tutte le regioni del Nord (con l’eccezione
del Veneto), la Toscana (329,2), il Lazio (406,4) e, nel Sud, l’Abruzzo (314,5). Nel Centro-nord, nel
periodo considerato un incremento particolarmente consistente è stato registrato in Umbria (da 89,9 a 290,5 separazioni per 1.000 matrimoni).
Tra le regioni del Mezzogiorno, incrementi
particolarmente elevati si sono registrati in Molise (da 32 a 224,3 separazioni per 1.000 matrimoni)
e in Calabria (da 48,1 a 158,7,3).

Ci si separa di più tra i 40 e i 44 anni
Nel 2009 all’atto della separazione i mariti avevano mediamente 45 anni e le mogli 41.
Analizzando la distribuzione per età si nota come la classe più numerosa sia quella tra i 40 e i 44
anni per i mariti (18.189 separazioni, il 21,2% del totale) e per le mogli (18.206 pari al 21,2%). Solo
nove anni prima il maggior numero delle separazioni ricadeva nella classe 35-39 (Tabella 1).
Questo innalzamento dell’età alla separazione è il risultato sia della sempre maggiore propensione
allo scioglimento delle unioni di lunga durata sia di un processo di invecchiamento complessivo
della popolazione dei coniugati, dovuto alla posticipazione del matrimonio. La drastica diminuzione
delle separazioni sotto i 30 anni (sia per gli uomini che per le donne), ad esempio, è la naturale
conseguenza della riduzione dei matrimoni nella stessa fascia di età: meno di un matrimonio su
quattro vede attualmente entrambi gli sposi sotto i 30 anni4.

In forte aumento le separazioni con coniugi ultrasessantenni
Parallelamente, sono andate aumentando, sia in valori assoluti sia percentuali, le separazioni delle
classi di età più elevate, con almeno uno sposo ultrasessantenne. Dal 2000 al 2009 le separazioni
che riguardano uomini ultrasessantenni sono passate da 4.247 a 8.086 (dal 5,9% al 9,4%). Per le
donne ultrasessantenni, nello stesso periodo, si registra un valore più che raddoppiato delle
separazioni: dalle 2.555 separazioni del 2000 (pari al 3,6% del totale delle separazioni) alle 5.213
del 2009 (6,1%).

In media, ci si separa dopo 15 anni di matrimonio…
Nel 2009, la durata media del matrimonio al momento dell’iscrizione a ruolo del procedimento di
separazione è pari a 15 anni. Considerando per lo stesso anno i soli provvedimenti di divorzio, il
matrimonio dura mediamente 18 anni.
La crisi coniugale coinvolge sempre più frequentemente le unioni di lunga durata; rispetto al 1995
le separazioni sopraggiunte dal 25° anno di matrimonio in poi sono più che raddoppiate, mentre
quelle al di sotto dei cinque anni sono aumentate solo di 3 mila casi (Tabella 2). Questo fa sì che
in termini relativi sia aumentata la quota delle separazioni riferite ai matrimoni di lunga durata
(dall’11,3% al 16,2%) e diminuita quella delle unioni interrotte entro i 5 anni di matrimonio (dal
24,4% del 1995 al 18,5% del 2009).
100
…ma i matrimoni più recenti durano sempre meno
Per una corretta interpretazione di questi dati si deve considerare che le separazioni registrate in
un anno di calendario hanno alle spalle diverse durate di matrimonio e sono quindi il risultato del
comportamento di coppie che si sono sposate in anni diversi (coorti di matrimoni), di
conseguenza, vanno messe in relazione anche al totale iniziale dei matrimoni di ciascuna coorte.
Per capire come cambia la propensione a sciogliere le unioni in relazione alla durata del
matrimonio occorre spostare l’ottica di analisi dall’anno di rottura a quello di inizio dell’unione,
considerando la quota di matrimoni sopravviventi alle diverse durate per alcune coorti di
matrimonio.
Dopo 10 anni di matrimonio sopravvivevano 963,8 nozze su mille celebrate nel 1972 e 877,5 su
mille celebrate nel 2000; in altri termini le unioni interrotte da una separazione sono più che
triplicate passando dal 36,2 per mille della coorte di matrimonio del 1972 al 122,5 per mille
osservato per la coorte del 2000.
Si osserva inoltre una decisa tendenza all’anticipazione delle separazioni man mano che si
considerano le coorti di matrimonio più recenti. Ad esempio, alla durata di 5 anni, sopravvivono
942,6 matrimoni su mille celebrati nel 2000; per scendere a un simile livello di matrimoni
sopravviventi - procedendo a ritroso nelle varie coorti – la durata da considerare è di 7 anni per la
coorte del 1990 e di 16 anni per la coorte del 1972.
 

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