Cortigiana-poetessa “data” al re accusata di stregoneria assolta ma emarginata
di Elio Clero Bertoldi
PERUGIA - Questa tela, opera di Jacopo Robusti detto il Tintoretto (1518-1594), veneziano, immortala la poetessa e "cortigiana honesta" Veronica Franco (1546-1591).
"Cortigiane honeste" venivano definite nella Repubblica di San Marco le meretrici che erano riportate su registri pubblici e sui quali venivano fissati nome, recapito, identità del protettore (la mezzana di Veronica risulta fosse sua madre) e le tariffe dei servizi prestati.
In genere queste cortigiane erano anche colte ed in grado di affrontare discussioni e ragionamenti culturali persino raffinati. Un po’ come le etère dell’antica Grecia.
Veronica, che era figlia di "cittadino originario" sia pure non nobile, aveva studiato, spiccava per queste doti e frequentava gli ambienti altolocati della città lagunare.
Dai documenti si evince che all'inizio della sua carriera cedeva le sue grazie per due scudi a notte. Ma nel periodo di maggior splendore nobili e ricchi mercanti dovevano sborsare 15 scudi per un bacio e 50 scudi per un “servizio completo”.
Veronica riceveva la clientela, in genere, nel suo palazzo nel sestiere di Santa Maria Formosa. Era stata sposata, giovanissima, ad un medico, tale Paolo Panizzi, che non solo alzava il gomito e coltivava il vizio del gioco, ma pestava pure la consorte. La quale, un bel giorno, si ribellò alle angherie del coniuge, se ne andò di casa ed ottenne la separazione.
Fu la madre, Paola Fracassa, ad avviarla alla prostituzione (anche lei, prima e dopo il matrimonio, rimasta vedova da giovane, si era data al mestiere).
Divenne, la Franco, così famosa - tra le oltre duecento cortigiane oneste di Venezia del suo tempo - che i governanti la offrirono ad Enrico di Valois, incoronato re di Francia, come Enrico III pochi mesi più tardi e di passaggio in laguna, per ingraziarselo e stabilire una alleanza col regnante. Il quale se ne partì - sembra molto soddisfatto - con un ritratto della cortigiana e con un paio di poesie che la stessa Veronica gli aveva dedicato.
Anche Michel de Montaigne, in visita a Venezia (nel 1580), frequentò il palazzo di Veronica. Trattando forse con lei non solo di letteratura.
La Franco proprio quell'anno, denunciata dall'istitutore di uno dei suoi figli, tal Ridolfo Vannitelli, dovette comparire con pesantissime accuse (pratiche di stregoneria e mancata osservazione del digiuno del venerdì dalla carne), davanti al Sant'Uffizio.
Fu assolta (forse per l'intervento di importanti e facoltosi personaggi di cui la signora, colta e disinibita, conosceva virtù e vizi, non solo per la sua - narrano - brillante autodifesa), ma l'aristocrazia veneziana da quel momento la emarginò.
Si spense, per febbri maligne, a soli 45 anni, nel 1591. Fu Benedetto Croce, nel Novecento, a riconoscere le qualità letterarie della Franco.
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