La comunità si sta sgretolando, ogni individuo è sempre più chiuso in sé stesso in un mondo circoscritto dai propri interessi. La coesione sociale è un’espressione vuota di contenuti dal significato retorico. 

Le istanze come i partiti di massa, il sindacato, gli oratori; che facevano da collante ad un tessuto sociale complesso e contraddittorio, cercando di accorciare le distanze sociale e di attenuare le diseguaglianze; scomparsi o, nel migliore dei casi, ridotte a testimonianze autoreferenziali. Vediamo così città fantasma, dove il centro è sempre più un’acropoli e le periferie polveriere esplosive di contraddizioni: emarginazione, abbandono, povertà e disperazione.

È in questa realtà che i bisogni che caratterizzano la condizione delle classi sociali subalterne vengono individualizzati, perché è assente un progetto politico di alternativa di società, la politica, infatti, è ridotta a gestione dell’ordinario, ad occupare il potere, non ha più il sogno della rivoluzione. Le cause vengono da lontano e le responsabilità sono di molti e molteplici ed in molti hanno raccontato questa storia, ma ora serve saper leggere la società contemporanea, saperla interpretare, costruire un nuovo progetto politico.

La crisi economica spinge alla povertà, alle diseguaglianze. La pandemia aveva portato ad un superamento delle politiche di austerità perseguite in questi ultimi decenni da tuti i Paese dell’UE, per abbracciare un’economia espansiva di tipo keynesiano, ma tutto sembra presagire, dalle premesse di questa manovra finanziaria del governo di centro destra, che si ritorni ad una ideologia economicista dove il paradigma è il taglio della spesa pubblica per perseguire l’istituzionalizzato “pareggio di bilancio”. 

La sinistra in questi ultimi decenni è stata subalterna a queste politiche economiche che hanno portato solo diseguaglianze ed ingiustizie.

Oggi l’emergenza sociale è sotto gli occhi di tutti, ma si preferisce intervenire riducendo pesantemente il “reddito di cittadinanza”, indispensabile per otre cinque milioni di cittadini italiani, piuttosto che colpire gli extra profitti delle multinazionali. La precarietà sul lavoro tocca livelli intollerabili, indigna lo sfruttamento selvaggio di lavoratori sottopagati le cui tariffe orarie fanno rivivere le condizioni disumane dell’800, l’inflazione erode pesantemente i già poveri salari, la disoccupazione giovanile raggiunge livelli altissimi (al sud raggiunge il 50%) costringendo i nostri giovani a cercare sicurezza fuori dai confini nazionali (in Umbria sono il 60%). 

A questo aggiungo la guerra in Europa ed il dramma ambientale, dove la tragedia di Ischia è solo un emblema. 

Non possiamo restare a guardare, non possiamo limitarci a delle critiche.

In Italia l’unica forza politica che combatte con coerenza questo stato di cose è il M5S di Giuseppe Conte, l’unico leader a parlare di “rivoluzione”, di cambiamento radicale, che si oppone alla revoca del reddito di cittadinanza così selvaggiamente proposto, che rivendica una redistribuzione equa della ricchezza, che propone la riduzione dell’orario di lavoro per combattere la disoccupazione, che lotta contro la precarietà e  chiede il salario minimo per eliminare lo sfruttamento sul lavoro, che dice no alla guerra ed invoca un’azione diplomatica e non l’invio di armi in Ucraina, che denuncia i danni ambientali causati da un capitalismo rapace e disumano.

Tutto questo dobbiamo sostenere, per tutto questo dobbiamo lottare. 

Dopo anni di tentativi senza risultati sembra che qualcosa si muova, il nascente coordinamento 2050 ne è una testimonianza. Non è l’ennesimo tentativo di costruire un partito, l’obiettivo è quello di contribuire al dibattito per far uscire dal torpore i soggetti sociali della trasformazione: i poveri, i subalterni, gli ultimi. Una massa critica che riesca a liberarsi dall’egemonia culturale del capitale finanziario, che sappia vedere i pericoli di un populismo che rappresenta solo gli interessi delle classi dominanti parlando dei bisogni essenziali delle classi popolari, facendo ricadere le responsabilità ad altri soggetti ancora più deboli e sofferenti: gli immigrati.

Oggi è necessario un confronto con il M5S, per arginare una deriva antisociale che sembra inarrestabile. 

Il 13 dicembre è stato indetto dalla CGIL e dalla UIL uno sciopero generale per contrastare la finanziaria che il governo sta per approvare, credo che molti lavoratori non ne sono a conoscenza e quelli che lo sono dubitino sull’efficacia dello stesso e pensino più ai soldi in meno in busta paga che alla lotta che gli viene chiesta di fare. 

E questa è un’altra ragione per dare vita a questo coordinamento.

Attilio Gambacorta per Umbrialeft

 

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