Dietro ognuna delle 10.401 firme che in appena 10 giorni – a metà maggio - sono state raccolte in Umbria nell’ambito della iniziativa Confcommercio per dire “Basta!” al carico fiscale eccessivo, per chiedere la riduzione della spesa pubblica e soprattutto politiche per lo sviluppo e per il rilancio dei consumi, c’è il volto e il peso della crisi.

Per tutti gli imprenditori un peso divenuto schiacciante, insostenibile, e per molti addirittura una minaccia di imminente chiusura: quando le cose vanno “meno male” hanno avuto una forte contrazione dei fatturati, riescono con difficoltà a far fronte all’onere economico di tanti adempimenti e sono stati costretti a rinunciare a qualche dipendente; quando le cose vanno male, pensano di non arrivare a fine anno. Ma anche per i cittadini l’attuale situazione è un fardello che rende arduo far quadrare i bilanci familiari e che genera totale insofferenza verso sprechi, privilegi, abusi.
Le firme consegnate alla Confcommercio nazionale, poi al Governo.


Le firme - collocate in una pesante scatola blu – sono state consegnate dal presidente della Confcommercio della provincia di Perugia Giorgio Mencaroni al presidente nazionale della Confcommercio Carlo Sangalli, in occasione della riunione del Consiglio Confederale, che si è tenuta a Roma.
La Confcommercio nazionale stabilirà tempi e modalità di consegna al Governo, unitamente al documento nel quale sono riassunti non solo i motivi della protesta, ma anche le 10 proposte di interventi prioritari che Confcommercio Umbria chiede alle istituzioni, sia nazionali che locali. Il resoconto dell’iniziativa e le richieste di Confcommercio saranno infatti inviate anche all’attenzione della Regione, dei parlamentari e dell’Anci.
Imprese del terziario esasperate, pronte a mobilitarsi.

“Vogliamo che al Governo e alle istituzioni regionali arrivi forte e chiara la testimonianza di un malcontento e di un disagio così diffusi e generalizzati che non possono essere ignorati”, sottolinea il presidente Mencaroni.
“Con la nostra iniziativa – prosegue - abbiamo voluto esprimere in maniera simbolica ma chiara quanto sia alto il livello di esasperazione, e talvolta di disperazione, che accomuna imprenditori e famiglie. Per 10 giorni abbiamo mobilitato tutte le nostre strutture visitando le attività in modo capillare e allestendo gazebo nelle piazze e nei mercati: le adesioni raggiunte sono andate oltre ogni ottimistica previsione. Voglio esprimere il grazie più sentito della Confcommercio per la partecipazione di tante imprese e di tanti umbri, che aspettano, che pretendono, risposte concrete. Abbiamo riscontato tanto scoramento ma anche tanta, tanta rabbia tra le nostre categorie, stufe di essere praticamente le uniche ad avere subito le liberalizzazioni, mentre per tante altri comparti il Governo ha fatto marcia indietro; stanche di politiche del lavoro che si preoccupano solo della flessibilità in uscita e non di quella di entrata; di essere oggetto di controlli a senso unico e di campagne di “demonizzazione” che tengono lontana l’attenzione dai veri grandi evasori, dai veri grandi sprechi. Noi siamo per la trasparenza, noi stiamo con gli onesti, tant’è che su questo abbiamo fatto anche una campagna di comunicazione, ma non vogliamo che per responsabilità di alcuni si criminalizzi un’intera categoria. La “massa critica” che in pochi giorni siamo riusciti a mettere insieme, d’altro canto, è anche un segnale: se le istituzioni non rispondono, e non lo fanno in modo convincente, le imprese hanno la forza, i numeri e la voglia per essere promotrici di strumenti di democrazia diretta, come ad esempio le iniziative di legge popolari”.

Credito, caro-affitti, carico fiscale, sicurezza i problemi più gravi.
“Al di là delle previsioni degli economisti, dalla voce diretta delle imprese abbiamo avuto la prova che questo 2012 sarà un anno difficilissimo, il peggiore della crisi – aggiunge il presidente di Confcommercio Umbria Aldo Amoni – e tanti rischiano di non farcela. La difficoltà maggiore che le imprese lamentano è nell’accesso al credito: la volontà di reagire c’è, nonostante tutto, ma non c’è da parte delle banche la disponibilità ad alimentarla, anzi a moltissimi imprenditori sono stati chiesti rientri improvvisi a cui non sanno come fare fronte.

Un altro spauracchio è l’Imu, non solo come onere diretto ma per le conseguenze che avrà sugli affitti dei locali, già elevatissimi. In generale il carico di tasse e tariffe rappresenta una mannaia sui bilanci aziendali. In molte aree, e non solo del centro storico di Perugia, si aggiunge anche l’emergenza sicurezza, che genera ulteriore preoccupazione. Ormai – conclude Amoni – le imprese non hanno più ‘riserve’, hanno investito tutto quello che avevano per tirare avanti. Le oltre 10.000 firme raccolte sono la voce accorata di chi alla crisi sta pagando un prezzo troppo salato, senza ricevere alcun concreto segnale per alimentare la speranza e la voglia di fare impresa, continuando a produrre ricchezza per il territorio”.

 

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