Confagricoltura Umbria ed EPS Umbria (Ente Produttori Selvaggina) auspicano la piena approvazione dell’Assemblea legislativa regionale degli emendamenti, già condivisi con il mondo agricolo e approvati dalla Prima Commissione, per la chiusura dei fondi delle aziende private di caccia. “Questi sono infatti una minima parte della superficie silvo-pastorale: appena il 5% del territorio regionale (solo la metà vocato al tartufo) sui quali i concessionari pagano la tassa di concessione oltre che subire costi per la gestione faunistica” afferma il presidente di Confagricoltura Umbria, Fabio Rossi.

Pertanto, nell’auspicare quindi che si ottenga così il pieno riconoscimento del diritto di proprietà e di godimento del bene, per Confagricoltura ed EPS le nuove misure non determineranno quel processo di chiusura del territorio regionale con limitazioni alla libera cerca da parte dei tartufai umbri come sostiene invece il Coordinamento delle associazioni tartufai (Cat) dell’Umbria.

In particolare, risulta molto importante l’emendamento che introduce l’articolo 108 bis nel Testo unico dell’agricoltura afferma: “Nelle aziende faunistico venatorie, aziende agrituristiche venatorie e nei centri privati di riproduzione di fauna selvatica, la ricerca (del tartufo, ndr) può svolgersi solo previo consenso del legale rappresentante del soggetto gestore che stabilisce le modalità di accesso al fondo”. Il consenso per accedere al fondo è oltremodo importante ai fini della sicurezza in quanto nelle aziende faunistiche si pratica attività di caccia; pertanto, la fruibilità sarà subordinata ai momenti di inattività venatoria.

Confagricoltura ed Eps intervengono così a difesa dell’impresa agricola e sul diritto di utilizzare la risorsa del tartufo per la sostenibilità aziendale in difficili momenti come quelli attuali. Il tartufo quindi, come prodotto identitario e anche per la valorizzazione del territorio, si tutela pure in questa maniera: “Le aziende agricole, come strumento di presidio e gestione del territorio, consentono – dichiara Rossi – la valorizzazione diretta da parte dei proprietari dei prodotti del bosco e sottobosco (tartufi, funghi) come fonte legittima di reddito e di sostenibilità ambientale”. “Valorizzare le aree interne, a vocazione naturalistica, con colture come la tartuficoltura, viste anche le difficoltà di coltivazioni tradizionali, significa portare un valore aggiunto” conclude Rossi.

 

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