Oggi, l’Amministrazione Comunale di Torgiano e la Proloco di Brufa ricordano il Filosofo, Poeta, Pacifista e Antifascista Aldo Capitini a 50 anni dalla morte.

La manifestazione si svolge a Brufa. Inizia alle ore 15,30 e dopo una “camminata verso l’antico Borgo” sarà scoperta una targa in Sua memoria.

La figura di Capitini è complessa e, a mio avviso, unica. Aveva l'abitudine di definirsi un "religioso laico". Egli accomunava la religione alla morale in quanto essa critica la realtà e la spinge al cambiamento in positivo. Quella di Capitini era un'opposizione religiosa al fascismo. Il sentimento religioso, inoltre, nasce nei momenti di difficoltà e sofferenza, in particolare nel rapporto individuale con la morte L'idea di laicità nasceva dal distacco di Capitini dalla Chiesa Cattolica complice del regime: egli sosteneva che con il concordato del 1929 la Chiesa avesse legittimato il potere di Mussolini, dimenticando le violenze squadriste e, in tal modo, lo sostenesse garantendo la sua moralità di fronte alla maggior parte della popolazione che riponeva fiducia nell'istituzione religiosa. Capitini è però molto distante dalla religione istituzionalizzata. Dio, come Ente, non esiste per Capitini. Per evitare ogni equivoco e marcare la distanza della sua concezione religiosa da quella corrente, Capitini preferirà parlare di compresenza piuttosto che di Dio; per la stessa ragione, per indicare la vita religiosa così intesa non parla di fede, ma riprende da Michelstadter il termine persuasione.

Capitini si dichiara post-cristiano e non cattolico, ma ama e si ispira alle figure religiose. Ogni figura con una profonda credenza, anche laica, è per lui un "religioso". Egli nega con decisione la divinità di Gesù Cristo, convinzione senza la quale non si può essere cristiani. Contesta, come Tolstoj, tutti gli aspetti leggendari e non dimostrabili dei Vangeli, compresa la Resurrezione. Ciò che apprezza sono le beatitudini, il modello spirituale di un agire verso gli ultimi. Gesù ha insegnato dove può giungere una coscienza religiosa, è stato più di un uomo: "fu anche lui, come tutti, un essere con certi limiti; ma d'altra parte fu in lui, come in ogni altro essere, la qualità della coscienza che va oltre i limiti, che è in lui come in un mendicante" scrive negli Elementi. L'imitazione di Cristo secondo Capitini non è altro che realizzazione della propria realtà umana. Si potrebbe ugualmente parlare di una imitazione del Buddha, Francesco d’Assisi, di Gandhi di Tolstoj e molti altri.[11]

Col termine persuasione, ripreso da Carlo Michelstaedter e da Gandhi, Capitini indicava la fede, sia in senso laico sia religioso, la profonda credenza in determinati valori ed assunti, e tramite essa, la capacità di persuadere gli altri della bontà del proprio ideale.

L'apertura è l'opposto della chiusura conservatrice ed autoritaria del fascismo, e l'elevazione dell'anima verso l'alto e verso Dio.

Un concetto chiave nella filosofia capitiniana era la compresenza di tutti gli esseri, dei morti e dei viventi, legati tra loro ad un livello trascendente, uniti e compartecipi nella creazione di valori.

Nella vita sociale e politica la compresenza si traduce in omnicrazia, o governo di tutti, un processo in cui la popolazione tutta prende parte attiva alle decisioni e alla gestione della cosa pubblica.

Non può mancare il concetto di nonviolenza, un ideale nobile, sinonimo di amore, coerenza di mezzi e fini, la forza in grado di sconfiggere il fascismo, che non è solo un regime ma un modo di essere violento e autoritario. Capitini promuove assieme a Guido Calogero un movimento culturale che negli anni successivi cercherà di trasformare in un progetto politico atto a realizzare le idee di libertà individuale e di uguaglianza sociale contenute negli "Elementi". Nasce così nel 1937 il movimento liberalsocialista, in un anno segnato dall'assassinio dei Fratelli Rosselli, dalla morte di Antonio Gramsci e da una forte ondata di violenza repressiva contro l'opposizione antifascista. Alle attività del movimento collaborano, tra gli altri, Malfa Giorgio Amendola e Pietro Ingrao. Quest’ultimo, figura storica ed “eretica” del comunismo italiano, riprenderà il concetto di nonviolenza, apportando una radicale discontinuità nella cultura comunista italiana, rilanciando, comunque, il tema della pace e del disarmo già fortemente presenti nel famoso “memoriale di Jalta”, testamento politico di Palmiro Togliatti. Cultura che fu poi fatta propria anche da Rifondazione Comunista per dare una risposta politica alla violenza dei tristi fatti del G8 di Genova.

Ma il liberalsocialismo di Capitini e di Guido Calogero si sviluppa in modo autonomo da quello di Carlo Rosselli. Si forma infatti in un periodo posteriore, quando il regime fascista è vicino al collasso, nell'ambiente dei giovani crociani che hanno studiato ed insegnato alla Normale di Pisa, mentre il pensiero di Rosselli, che lo precede temporalmente, essendosi forgiato nel fuoco della lotta antifascista, in Italia e in Europa, già a partire dagli anni venti, si iscrive in modo diretto nella tradizione socialista. Capitini per liberalismo intende il libero sviluppo personale, la libera ricerca spirituale e produzione di valori. Il socialismo è invece nei suoi intendimenti la realizzazione nel lavoro, l'assistenza fraterna dell'umanità lavoratrice soggetto corale della storia. Anche se «il socialismo liberale di Rosselli è una delle eresie del socialismo, mentre il liberalsocialismo è un'eresia del liberismo» (M. Delle Piane), si può affermare tuttavia che entrambi condividessero la critica dei totalitarismi sia di destra che di sinistra, una visione laica della politica e l'obiettivo di una profonda riforma morale e sociale dell'Italia distrutta dalla guerra.

Il 24 settembre 1961 Capitini organizza la marcia per la pace e per la fratellanza dei popoli, un corteo nonviolento che si snoda per le strade che da Perugia portano verso Assisi, una marcia tuttora proposta in media ogni due/tre anni dalle associazioni e dai movimenti per la pace. In questa occasione viene per la prima volta utilizzata la bandiera della Pace, simbolo dell'opposizione nonviolenta a tutte le guerre. Capitini descrive l'esperienza della marcia nel libro Opposizione e liberazione: «Aver mostrato che il pacifismo, che la nonviolenza, non sono inerte e passiva accettazione dei mali esistenti, ma sono attivi e in lotta, con un proprio metodo che non lascia un momento di sosta nelle solidarietà che suscita e nelle non collaborazioni, nelle proteste, nelle denunce aperte, è un grande risultato della Marcia». Aderiscono molte personalità, tra cui lo scrittore Italo Calvino. L'impegno di Capitini per la pace internazionale (con particolare attenzione al pericolo atomico) lo coinvolse sempre più in una collaborazione con Norberto Bobbio, il quale raccoglierà tali riflessioni nell'opera “Il problema della guerra e le vie della pace”.

Negli ultimi anni della sua vita Capitini fonda e dirige un periodico intitolato Il potere di tutti, sviluppando i principi di quella che lui definì "omnicrazia", la gestione diffusa e delocalizzata del potere da lui contrapposta al centralismo dei partiti. In questi anni Capitini promuove anche il movimento non violento per la pace e il mensile “Azione nonviolenta” l'organo di stampa del movimento, che attualmente viene pubblicato a Verona.

Il 19 ottobre 1968 Aldo Capitini muore circondato da amici e allievi, dopo aver subìto un intervento chirurgico che consuma le sue ultime energie. Il 21 ottobre il leader socialista Pietro Nenni scrive una nota sul suo diario: «È morto il prof. Aldo Capitini. Era una eccezionale figura di studioso. Fautore della nonviolenza, era disponibile per ogni causa di libertà e di giustizia. (...) Mi dice Pietro Longo che a Perugia era isolato e considerato stravagante. C'è sempre una punta di stravaganza ad andare contro corrente, e Aldo Capitini era andato contro corrente all'epoca del fascismo e nuovamente nell'epoca post-fascista. Forse troppo per una sola vita umana, ma bello».

Complimenti, quindi, all’ Amministrazione Comunale di Torgiano che rende omaggio ad un grande personaggio storico il cui pensiero, a distanza di 50 anni, è ancora attuale e moderno ed al quale ognuno di noi dovrebbe ispirarsi per creare le fondamenta di una società libera e rispettosa di qualsiasi diversità.

Non ci sarà mai pace se si considera il prossimo un problema, se ghettizziamo intere popolazioni, se non comprendiamo il diritto alla vita di ciascun uomo.

Questo, secondo me, è il concetto di omnicrazia che Aldo Capitini ci ha voluto trasmettere.

Attilio Gambacorta

Associazione culturale Umbrialeft

 

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