Come rendere Smart l'Altotevere
L'importanza di una Green Economy Altotiberina in grado di affrontare la crisi economica e valorizzare le produzioni d'eccellenza. Intervista a Enrico Carloni, Assessore alle Politiche economiche, Aree verdi, Semplificazione amministrativa del Comune di Città di Castello. a cura di Cecilia Bruschi
Il discorso della Green Economy, di una trasformazione del sistema economico verso un'elevata resilienza e capacità di futuro, che ruolo può giocare per il territorio del Comune di Città di Castello e più in generale per l'Altotevere?
Innanzitutto credo sia necessario ragionare sul concetto di Green Economy, che oggi è divenuto sempre più uno slogan da ripetere e manca spesso di un contenuto forte. Poiché la terra è un ecosistema chiuso non è pensabile che un consumo continuo delle risorse che si trovano al suo interno possa prolungarsi all'infinito e tutto ciò rende questo sistema di sfruttamento un modello senza dubbio contraddittorio. A questo punto bisogna pensare ad un modello alternativo basato sullo sviluppo sostenibile ma che sia anche capace di tener conto della crisi economica in atto. La domanda che mi porrei a questo punto è se la Green Economy sia da considerare un lusso per pochi oggigiorno e se non sia più conveniente spostarsi piuttosto verso un nuovo paradigma economico e sociale.
Parlando specificatamente del territorio Altotiberino riconvertire il tabacco verso pratiche agricole alternative, in un momento in cui gli altri comparti manifatturieri faticano ad andare avanti, non rischia di rappresentare un salto nel buio? Ritengo che la soluzione necessaria in questo momento per il nostro territorio sia rappresentata da un passaggio graduale verso un paradigma nuovo che valorizzi quegli elementi della tradizione spesso trascurati nel tempo. Perciò sarebbe bene parlare di sviluppo integrato che tragga il suo elemento di forza dal connubio artigianato-arte-qualità della vita.
Quindi quali sarebbero secondo lei i settori sui quali investire energie e in che maniera?
Punterei senza dubbio sull'agricoltura, la zootecnia e l'artigianato incentivando le produzioni di qualità che sono in grado di rappresentare bene i valori e le tradizioni di un territorio anche all'estero. A questo punto diventa essenziale attivare un sistema per cui le aziende riescano ad incorporare questo elemento della tradizione nel prodotto da mettere in commercio. Nel settore tessile, per esempio, sarebbe importante recuperare la qualità dei materiali e la storia della Tela Umbra e introdurre questi elementi anche nel settore tessile meccanizzato, in modo da renderli così un fattore di traino e un punto di eccellenza.
Per quanto riguarda la lavorazione del legno sarebbe auspicabile creare un consorzio di eccellenza che sia sostenuto da un marchio di qualità (che peraltro già esiste a livello regionale) che garantisca la tracciabilità del prodotto e della lavorazione. Credo, infatti, che il limite di questo marchio umbro sia il fatto che agisce su un territorio molto ampio, mentre le aziende altotiberine necessitano di valorizzare la loro specificità che riguarda la storia e la cultura di un territorio posizionato a cavallo fra due regioni. Un dialogo attivo con la Regione toscana e la città di Sansepolcro in questo senso aiuterebbe le nostre produzioni a godere di un connubio storico che le caratterizza da secoli e che le può rendere molto competitive nel mercato. La chiave sta proprio nell'approfittare del momento di crisi per cambiare direzione e tentare di migliorare le attività e le produzioni. Ora che Ikea sbarca in Umbria perché non diventarne noi stessi i fornitori con dei nostri prodotti più facilmente esportabili?
Prendendo "La Mostra del tartufo Bianco" come esempio, come si coniuga secondo lei la tutela delle tradizioni e della storia del territorio con la necessità d'innovazione e trasformazione?
È necessaria una forte capacità di tenere più cose legate insieme e fare dell'eccellenza un traino per l'intera economia locale. La città deve essere così in grado di diventare essa stessa un brand di qualità, grazie proprio alla particolarità dei prodotti che offre in ogni settore.
Le città di Narni e Terni si propongono come "One Smart City" e anche Perugia e Assisi stanno lavorando su una proposta di questo tipo. Lei vede una possibilità che nasca una proposta paragonabile nell'Alta Umbria?
Penso che non sia sempre facile stabilire quali risorse rinnovabili possano essere più adatte per l'impiego nei singoli territori. A mio avviso, per esempio, l'uso smisurato di pannelli fotovoltaici non si adatta alle esigenze del territorio altotiberino e non va quindi promosso esclusivamente perché sostenuto dagli incentivi pubblici. Da questo punto di vista l'energia eolica rappresenta una buona soluzione vista la conformazione del nostro territorio. Inoltre rispetto a tutte le tecnologie rinnovabili, che alla fine del loro ciclo di vita offrono diversi problemi per lo smaltimento delle singole componenti, le pale eoliche presentano un impatto zero sull'ambiente dato che il ferro di cui sono formate può essere completamente riciclato non lasciando nessun altro residuo da smaltire.
Per semplificare questi processi credo che siano necessarie delle politiche nazionali che impongano al territorio delle scelte in campo ambientale. Il bando europeo per le Smart Cities è in realtà un grande contenitore all'interno del quale è necessario ottimizzare le risorse. Esso prevede un sistema di cofinanziamenti che coinvolge anche le imprese private che non sempre si presta ai progetti dell'amministrazione comunale, come per esempio il settore della mobilità o della riconversione agricola per la biomassa e il biogas.
Quali potrebbero essere dunque secondo lei i campi d'azione prioritari che possono anche incontrare un interesse da parte dei privati?
A mio parere in generale i lavori per il risparmio di energia, attraverso l'installazione di pannelli fotovoltaici e l'utilizzo di materiali per l'efficientamento energetico e funzionale degli impianti d'illuminazione sono i più adatti ad essere cofinanziati dalle imprese private, perché riscontrano un buon interesse anche da parte di questi ultimi.
Con tutti i limiti di ristrettezza dei fondi e di spazi d'azione, quale potrebbe essere il ruolo del governo locale per promuovere una Città di Castello, o più in generale un'Alta Umbria, "Smart"?
Perché una città possa essere definita "Smart" essa deve essere in grado di ottimizzare le risorse energetiche ed economiche del territorio in cui si colloca. Per questo le scelte amministrative devono puntare alla riduzione degli sprechi, attraverso per esempio una mobilità alternativa e intelligente o una regolamentazione edilizia efficiente, ma anche a favorire lo sviluppo di un sistema di imprese che chiude il ciclo di vita dei materiali differenziati. La difficoltà sta più che altro nel coinvolgere i cittadini in questo processo sensibilizzando l'opinione pubblica sull'importanza delle pratiche quotidiane sostenibili.
Esiste secondo lei una ricetta per far si che lo sviluppo economico del territorio vada di pari passo con il miglioramento della qualità della vita?
Proprio perché anche nel produrre esiste un'elevata qualità della vita questo è possibile. C'è il valore del vivere in una comunità, per esempio, e il piacere di riuscire a godere appieno delle risorse di un territorio trasformandole in beni preziosi. Questo include anche la qualità del tempo che s'impiega nell'attuazione delle pratiche agricole e artigianali, visto anche che il nostro territorio non necessita di grandi numeri nella quantità produttiva quanto piuttosto di salvaguardare un intero sistema di valori che ne preservi le virtù. Per questo trovo che sia importante che il territorio altotiberino non perda la sua vocazione manifatturiera compiendo l'errore di puntare esclusivamente sulla crescita delle attività commerciali. Le risorse ci sono già, basta essere capaci di riscoprirle e impiegarle sapientemente.
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