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La riforma “epocale” del sistema previdenziale è stata effettuata nel 1995 dal Governo “tecnico” Dini (poi rivista e peggiorata da Maroni nel 1997 e 2004 e da Prodi nel 2007).

Tale “controriforma” ha profondamente cambiato l’intero sistema pensionistico italiano, in particolare quello pubblico: apre la strada alla privatizzazione della previdenza favorendo la nascita della pensione integrativa privata per la quale la legge detta orientamenti generali. Nascono, infatti, i primi fondi pensione “chiusi” ma restano del tutto inapplicati altri punti della legge 335/95, soprattutto l'effettiva distinzione nei conti Inps tra interventi di previdenza ed assistenza e l'individuazione dei "lavori usuranti". Ma, soprattutto, elimina quel principio solidaristico tra generazioni che ha permesso una pensione e, quindi, una vecchiaia dignitosa ai lavoratori.

Nascono, quindi, i tre nuovi sistemi di calcolo pensionistico:

 

SISTEMA DI CALCOLO RETRIBUTIVO

È il sistema di calcolo legato alle retribuzioni degli ultimi anni di attività lavorativa (10 anni per i lavoratori dipendenti). E’ ancora valido per coloro che al 31 dicembre 1995 avevano almeno 18 anni di contribuzione.

 

IL SISTEMA CONTRIBUTIVO

Si applica ai lavoratori privi di anzianità contributiva al 1° gennaio 1996. Tale sistema di calcolo si basa su tutti i contributi versati durante l’intera vita assicurativa rivalutati in base all’andamento del prodotto interno lordo (PIL).

 

IL SISTEMA MISTO

Si applica ai lavoratori con meno di 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995. In questo caso la pensione viene calcolata in parte secondo il sistema retributivo, per l’anzianità maturata fino al 31 dicembre 1995, in parte con il sistema contributivo, per l’anzianità maturata dal 1° gennaio 1996. Se però si possiede un’anzianità contributiva pari o superiore a 15 anni, di cui almeno 5 successivi al 1995, è possibile utilizzare l’opzione per avere la pensione calcolata esclusivamente con il sistema contributivo.

 

In definitiva:

 

Ä  chi andrà in pensione con il sistema retributivo percepirà circa l'80/85% dell'ultimo stipendio.

Ä  chi andrà in pensione con il sistema contributivo percepirà circa il 40/45% dell'ultimo stipendio.

Ä  chi andrà in pensione con il sistema misto la pensione sarà più bassa, meno sarà l’anzianità maturata fino al 31 dicembre 1995 (approssimativamente bisogna sottrarre l’1,5% dal retributivo per ogni anno in meno ai 18 maturati al 1995).

 

Requisiti attuali per la pensione del personale scolastico

 

PENSIONI ANZIANITA’

uomini e donne

anno

requisiti

requisiti

 

2011

quota 96

60 anni + 36 di contributi

61 anni + 35 di contributi

 

2012

quota 96

60 anni + 36 di contributi

61 anni + 35 di contributi

 

2013

quota 97

61 anni + 36 di contributi

62 anni + 35 di contributi

 

2014

quota 97

61 anni + 36 di contributi

62 anni + 35 di contributi

 

 

PENSIONI DI VECCHIAIA

 

DONNE

UOMINI

anno

requisiti

requisiti

2010

61 + 20

65 + 20

2011

61 + 20

65 + 20

Dal 2012 in poi

65 + 20

65 + 20

Nota:  per le pensioni di vecchiaia sono sufficienti

  • 15 anni di anzianità contributiva (anni 14, mesi 6 e giorni 1)

per il personale di ruolo in servizio al 31-12-92.

20 anni di anzianità retributiva (anni 19, mesi 6 e giorni 1) per il restante personale

  • per le pensioni di vecchiaia con il calcolo interamente contributivo

sono sufficienti 5 anni

 

PENSIONI PER 40 ANNI

uomini e donne



requisiti

 

40 anni di servizio              a prescindere dall’età anagrafica

 

 

Le donne avranno la possibilità di andare in pensione, anche dopo il 2008, con i requisiti previsti dalla normativa attualmente in vigore (35 + 57), ma la pensione sarà interamente calcolata con il sistema contributivo (ciò comporterà una riduzione sulla pensione del 25/30%).

 

Dal TFS al TFR: una beffa per i lavoratori pubblici, voluta da Tremonti con l'assenso di tutti i sindacati “concertativi”

 

La legge n° 122 del 2010 dispone che dal 1° Gennaio 2011 tutti i lavoratori pubblici il trattamento di fine servizio (la buonuscita) si effettuerà “.......secondo le regole dell'articolo 2120 del codice civile....”. In sintesi, come chiarito dall’I.N.P.D.A.P. nella recente circolare n. 17 dell’8.10.2010, per le cessazioni dal servizio che si verificheranno dal 2011 in poi per chi è oggi in regime T.F.S. la liquidazione sarà costituita da due quote: una prima quota secondo le vecchie regole della buonuscita per il servizio reso fino al 31.12.2010, una seconda quota, dal 01/01/2011 fino alla pensione, secondo le regole del TFR.

 

Questo “passaggio” inserito nella finanziaria estiva di Tremonti, che nessun sindacato concertativo ha denunciato (e poi vedremo anche il perché), serve, ancora una volta, a “risparmiare” con un conseguente ed evidente danno economico sulla pelle dei lavoratori pubblici.

Ma, oltre il danno, c'è anche la beffa!!

Come si calcolerà la Buonuscita dal 1° Gennaio 2011?

L’importo della prestazione è calcolato in due quote:

·         Il calcolo della prima quota, relativa all'anzianità maturata al 31 dicembre 2010, rimane invariato rispetto a quello del TFS. Ma la domanda sorge spontanea: questa quota sarà rivalutata al momento della pensione oppure sarà semplicemente “congelata”? Chiaramente non si hanno notizie in merito.......

·         Il calcolo della seconda quota, relativa all'anzianità maturata dal 1 Gennaio 2011, si effettuerà attraverso l'applicazione dell'aliquota del  6,91% alla retribuzione contributiva utile a fini del TFS per ciascun anno di servizio con la rivalutazione ai sensi dell'art. 2120 comma 4 del codice civile.

Ciò significa che l a seconda parte del TFS non sarà più calcolata come il TFR (cioè il 6,91% del 100% dello stipendio annuale con la rivalutazione fissa dell'1,5 più il 75% dell'inflazione) bensì con questa nuova “formula”: 6,91 sull'80% dello stipendio (quella che loro chiamano retribuzione contributiva utile a fini del TFS) con la rivalutazione annuale prevista per il TFR.

 

Cerchiamo di capire quanto perderanno i lavoratori da questo ulteriore taglio

 

Il TFS o indennità di buonuscita era la somma che veniva corrisposta alla cessazione del servizio: il suo ammontare era determinato dai 13/12 dell’80% dell’ultima retribuzione utile (costituita dallo stipendio e dall'I.I.S.) moltiplicato per il numero degli anni valutabili (inclusi i periodi riscattati):

 

TFS = 13/12 * 80% (Ult. stip. + i.i.s.) * anni valutabili

 

Quindi il TFS dipendeva dall'ultimo stipendio e dalle sue variazioni contrattuali che, a loro volta, sono (erano!!) legate alla progressione di anzianità di servizio.

 

Il trattamento di fine rapporto (TFR), invece, è costituito da:

·         Una quota annua di accantonamento : pari al 6,91% dello stipendio lordo annuale ( La retribuzione utile comprende: - la retribuzione lorda tabellare - eventuale assegno ad personam - l'intera indennità integrativa speciale - la tredicesima)

·         rivalutazione delle quote accantonate.   Al 31 dicembre di ogni anno, oltre a calcolare la quota da accantonare per l'anno stesso, il ministero deve rivalutare il fondo complessivo accantonato negli anni precedenti. Il tasso di rivalutazione da applicare e' composto da due voci, una fissa (1,5%) ed una variabile (75% dell' aumento del costo della vita calcolato dall'ISTAT).

Cioè:

TFR = 6,91% della retribuzione utile annua + (1,5% fisso + 75% indice ISTAT) accantonamenti e rivalutazioni precedenti

Il TFR è, quindi, strettamente legato alle retribuzioni effettivamente percepite negli anni passati e all’indice ISTAT (che tutti sappiamo essere molto inferiore dell’inflazione reale).

Il TFS, inoltre, non era salario differito (come il TFR), bensì salario previdenziale istituito per legge, godendo di un trattamento fiscale più favorevole (solo il 40% del TFS era tassato) rispetto al TFR .

 

Proviamo a fare degli esempi concreti:

 

Calcoliamo la buonuscita di 3 lavoratori/trici della scuola che sono andati in pensione nel 2010 (con 40 anni di contributi e con il massimo gradone) e poi confrontiamola con quello che avrebbero percepito se negli ultimi 5 anni al posto del TFS ci fosse stato il regime TFR:

 

  • Docente laureato Scuole Superiori:

Buonuscita  percepita nel 2010

TFS percepito nel 2005

Quota del 6,91% accantonata    dal 2006 al 2010

Totale accantonato + rivalutazione (1,5% + 75% indice Istat)

Buonuscita percepita nel 2010 (TFS + TFR)

Differenza tra

regime TFS e regime TFS + 5 anni TFR

€ 95.079,00

€ 75.695,00

€ 11.700,00

€ 12.038,00

€ 87.733,00

- € 7.346,00

 

 

 

  • Docente Scuole Elementari:

Buonuscita  percepita nel 2010

TFS percepito nel 2005

Quota del 6,91% accantonata    dal 2006 al 2010

Totale accantonato + rivalutazione (1,5% + 75% indice Istat)

Buonuscita percepita nel 2010 (TFS + TFR

Differenza tra

regime TFS e regime TFS + 5 anni TFR

€ 81.732,00

€ 65.068,00

€ 10.058,00

€ 10.893,00

€ 75.961,00

- € 5.771,00

 

  • Collaboratore Scolastico:

Buonuscita  percepita nel 2010

TFS percepito nel 2005

Quota del 6,91% accantonata    dal 2006 al 2010

Totale accantonato + rivalutazione (1,5% + 75% indice Istat)

Buonuscita percepita nel 2010 (TFS + TFR)

Differenza tra

regime TFS e regime TFS + 5 anni TFR

€ 56.110,00

€ 44.998,00

€ 6.935,00

€ 7.208,00

€ 5.2206,00

- € 3.904,00

 

Non facciamoci ingannare:

NO al trasferimento del nostro TFR ai Fondi pensione

 

Abbiamo prima accennato al fatto che Tremonti ha inserito nella Finanziaria estiva il passaggio dal regime TFS al regime TFR senza che nessun sindacato “rappresentativo” dicesse qualcosa, magari con un volantino informativo, così come hanno fatto sul blocco dei gradoni e sul blocco del contratto. 

 

Ma l'arcano, per noi, è stato subito svelato: tutto è passato inosservato perché hanno visto in questa legge un'opportunità per rilanciare quello che si era rivelato come un vero e proprio fallimento: il fondo pensione Espero.

La conferma arriva da uno scambio epistolare tra il segretario della Flc-Cgil con l'Inpdap; due lettere che chiariscono definitivamente, se ancora ce ne fosse bisogno, il progetto governativo e quello dei sindacati confederali: “….. La scrivente Organizzazione sindacale ritiene che l'interpretazione fornita da codesto Istituto travalichi le stesse intenzioni dell'estensore dell'art. 10 che, è bene ricordarlo, si inserisce in un contesto, quello della legge 122/2010, già brutalmente punitivo nei confronti dei lavoratori pubblici e al loro interno delle lavoratrici e dei precari.

E' altresì evidente che una siffatta interpretazione che mette insieme gli elementi negativi del TFS e del TFR, renderebbe estremamente conveniente, per lavoratrici e lavoratori della scuola e dell'AFAM, l'adesione al Fondo complementare Espero.

La nostra Organizzazione sindacale ritiene che l'adesione alla previdenza complementare continuerebbe comunque ad essere una importante opportunità soprattutto per le giovani generazioni e che debba continuare ad essere realmente libera e non costretta, seppure indirettamente, da un deterioramento delle condizioni della previdenza generale pubblica.....”.

(lettera inviata dalla Flc-Cgil all'Inpdap il 21/10/2010).

 

Le disposizioni applicative delle norme contenute nell'art. 12 del decreto legge n.78/2010, convertito nella legge n.122/2010 che l'Istituto ha diramato con la circ. 17 del 8/10/2010 sono conformi sia alla lettera che all'intenzione del legislatore. Ad ulteriore conferma l'interpretazione e gli indirizzi applicativi assunti sono stati autorevolmente vagliati, confermati e condivisi dai Ministeri vigilanti................... Da ultimo condivido il convincimento suo e dell'Organizzazione sindacale che Lei rappresenta a proposito dell'opportunità dell'adesione alla previdenza complementare la cui convenienza, tuttavia, non è né accentuata nè, per converso, ridimensionata dalle disposizioni in esame.....”.

(risposta dell'Inpdap al segretario della Flc-Cgil il 28/10/2010).

 

Evviva la lealtà, tutti insieme uniti a sponsorizzare il  “Fondo Espero”,

“una opportunità per le future generazioni”!!!

 

L'unico disaccordo stava nel fatto che l'accelerazione data da Tremonti aveva trovato impreparati

gli stessi Sindacati Confederali: non hanno avuto il tempo necessario per fare le assemblee nelle scuole per (ri)publicizzare il Fondo Espero (o, forse, non era il momento adatto vista la tragica situazione in cui si trovano i fondi pensione!!) e dimostrare che, sempre di più, si “ preoccupano della situazione di sofferenza che stanno vivendo i lavoratori della scuola ” (sic!!).

Non è un caso, infatti, che il 1° Dicembre 2010 si è giunti ad un accordo con l'ARAN per prorogare al 2015 la possibilità di opzione dal TFS al TFR “ferma restando “la penalizzazione per le liquidazioni prevista dalla legge n° 122/2010” anche per i fondi pregressi: i sindacalisti si trasformeranno quindi in venditori di prodotti finanziari e avranno ulteriori 5 anni di tempo per convincere i lavoratori della scuola che, “ visti i tagli alle pensioni e alle buonuscite (ma avranno il coraggio di dire che loro sono d'accordo??), sarebbe il caso di passare alla previdenza complementare”.

 

La Flc-Cgil comunica, infatti, sul suo sito che : “.....La proroga di questa disposizione , richiesta da tutte le organizzazioni sindacali, consente ai lavoratori di valutare con maggiore attenzione e tempo a disposizione l’opportunità o meno di aderire alla previdenza complementare, senza l’assillo della scadenza del 31 dicembre 2010. Anche se ci siamo liberati di questa scadenza, è bene ricordare che comunque dal 1° gennaio andranno in vigore le nuove norme estremamente penalizzanti per le liquidazioni dei lavoratori pubblici e che più si ritarda l’adesione al fondo pensione, più diminuisce la possibilità di contenere i danni.....”

 

VERGOGNA !! Avete, come sempre, attuato la solita falsa opposizione ad una norma non perchè siete contrari nel merito (anzi!!) ma perchè volevate più tempo a disposizione per

rubare ai lavoratori della scuola l'unica cosa sicura che è rimasta: la buonuscita!!!

 

E bene ricordare che prima di questa “imposizione” (non ci stancheremo mai di ribadire, voluta da Tremonti e da Cgil, Cisl, Uil, Snals e Gilda) chi voleva aderire al fondo Espero doveva passare volontariamente dal TFS al TFR. Oggi questo problema non si pone più: il passaggio è imposto per legge quindi i “venditori” si precipiteranno nelle scuole non per spiegare il passaggio dalla “loro” scuola dell'autonomia alla scuola miseria (sempre più senza soldi, con locali fatiscenti, contratti bloccati, ecc..) ma per cercare di piazzare un “prodotto” finanziario che darà il colpo di grazia a quei lavoratori che, temendo (legittimamente) di non poter ottenere una pensione adeguata, si fideranno dei “sindacalisti finanziari” per vedersi “derubare” quel poco che rimane della loro buonuscita.

 

Iniziamo intanto a dire che con inflazione sotto il 6%, la rivalutazione complessiva del TFR supera l'inflazione (per esempio, con un tasso di inflazione al 3% il TFR viene rivalutato del 2,25% (equivalente al 75% dell’inflazione) + l’1,5% fisso, quindi del 3,75%).

 

In questo senso è molto significativo questo passaggio dell'articolo del Prof. Beppe Scienza pubblicato a pag. 18 dell'inserto Affari & Finanza de la Repubblica del 01/02/2010:

“L’investimento che meglio difende dall’inflazione non è quotato in Borsa, non si sottoscrive alle Poste né viene offerto dai promotori finanziari. È nominativo, non trasferibile e può durare fino all’età della pensione. Si tratta infatti del tanto discusso TFR. Basti dire che il suo potere d’acquisto, al netto delle imposte, si conserva persino con 30 anni d’inflazione al 7%, equivalenti a un aumento complessivo del costo della vita superiore al 650%. Nessun altro investimento è così difensivo, per cui non appare furba la soluzione d’incassare il TFR alla fine di ogni anno. Ma titoli come il TFR purtroppo non sono esistono: uno può al massimo tenerselo stretto, se non vi ha già improvvidamente rinunciato, vittima di cattivi consigli interessati (vedi fondi pensione!!)”.

 

Il vero inganno, il vero imbroglio, la vera falsità che viene diffusa dai vari economisti di regime è la base del discorso con cui si vuole convincere la gente a aderire alla previdenza integrativa: “le pensioni saranno basse e quindi non sufficienti, per integrarle bisogna trasferire il TFR ai fondi pensione”. Questa è una falsità bella e buona! Può anche darsi che le pensioni saranno basse (ma chi dobbiamo ringraziare per questo??) ma è falso che per avere una rendita aggiuntiva bisogna trasferire il TFR ai fondi pensione o a altri prodotti assicurativi: dare i propri soldi ai fondi pensione vuole dire correre due rischi che con il TFR non si corrono: il primo rischio - e si è visto bene nel 2008 - è che un crack di mercati finanziari faccia scendere di valore quello che uno ha messo da parte; qui non si tratta di fallimenti, i fondi pensione non falliscono, anche i fondi comuni non falliscono, però possono perdere il 90% senza fallire. L'altro rischio che c'è è che riparta l'inflazione. Quello che è sicuro è che, di fronte a entrambi questi due rischi, un crack dei mercati finanziari e il ripartire dell'inflazione, che magari possono anche capitare entrambi insieme, perché a volte le brutte notizie arrivano tutte insieme, chi si tiene il TFR è tranquillo, perché il valore del TFR non dipende dai mercati finanziari e, se viene l'inflazione, il TFR segue in maniera eccellente l'inflazione.

 

Gli ultimi dati evidenziano, infatti, un calo del 6,3% dei rendimenti dei fondi negoziali (istituiti da accordi tra aziende e sindacati) nel 2008 che scendono di un ulteriore 1% nei primi tre mesi del 2009: in particolare la diminuzione è del 24,5% (2008) e del 5% (primo trimestre 2009) per il comparto azionario; del 9,4% e 1,7% per il bilanciato; del 3,9% e 0,9% del misto mentre c’è un rialzo dell’1,6% e dello 0,6% per l’obbligazionario puro.

Chi, invece, non ha “mollato” il suo TFR non ha perso neppure un euro e la sua liquidazione aumenta di giorno in giorno. Non è un caso, infatti, che contro di esso si muove una alleanza incestuosa: politici di governo e di opposizione, sindacati e confindustriali, alleati a banchieri, assicuratori e gestori, tutti più o meno con conflitti d’interesse.

 

Ricordiamo a tutti i colleghi che il Fondo Espero è gestito da Cgil, Cisl, Uil, Snals e Ministero dell'Istruzione: oltre alla “concertazione” si sta per realizzare la “cogestione” di quote di salario tra organizzazioni sindacali e padronali .

 

I COBAS della scuola hanno già iniziato una campagna di informazione e mobilitazione perché la maggioranza dei lavoratori rifiuti il trasferimento del TFR ai Fondi Pensione.

 

Ma questa non sarà l’unica battaglia che porteremo avanti:

 

● chiediamo il ripristino del sistema retributivo per tutti e la garanzia di una pensione per tutti/e i/le lavoratori/trici;

 

● chiediamo il ripristino del TFS (liquidazione);

 

● rivogliamo un sistema pensionistico pubblico universale e solidale che garantisca a tutte/i una vecchiaia dignitosa. Negli anni ’80 eravamo considerati uno dei paesi al mondo con il sistema previdenziale più avanzato e solidale. Non è più così! Chi aderisce a qualsiasi ente previdenziale e non solo ai fondi-pensione deve sapere, sin dall’inizio, quale sarà lo sviluppo in progress dei propri versamenti. Sapere anno per anno quanto si è versato e a cosa si ha diritto economicamente è il punto di partenza irrinunciabile per pianificare in modo consapevole il proprio futuro pensionistico. In tanti paesi (civili) il lavoratore riceve periodicamente l’estratto contributivo con la proiezione virtuale di quanto ha maturato di pensione a quel momento in base a quanto ha pagato. Da noi non è possibile. Evidentemente lo si vuole tenere nascosto per evitare una “sollevazione sociale” (dichiarazione, poi smentita, del presidente dell’Inps al “Corriere della Sera” del 6 ottobre scorso). Sarebbe interessante sapere perché le OO.SS. cosiddette maggiormente rappresentative non perseguono questo semplice obiettivo di trasparenza!?

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Nell’ultima pagina del vademecum informiamo sulla “triste condizione” di alcuni personaggi pubblici che godono del cumulo della loro SUDATA pensione con indennità varie, consulenze, stipendi ed indennità parlamentari, stipendi da Ministri, etc..

Vedete in particolare il fustigatore di "fannulloni" nel Pubblico Impiego Renato Brunetta il quale (nato a Venezia il 26 maggio del 1950) è andato in pensione dall'Università a 59 ANNI, lo scorso 31 dicembre 2009, con circa 37/38 anni di contributi ma con lavoro?!? effettivo all'Università non superiore ai 25/26? anni.

Questo personaggio sarebbe il CAMPIONE della LOTTA agli sprechi degli italiani e soprattutto dei lavoratori pubblici, uno dei più grandi massacratori delle NOSTRE pensioni, e cumula beatamente la sua pensione di circa 3.000 Euro mensili NETTI (dice lui...), ottenuta con moltissimi anni di contributi figurativi (poiché si trovava in aspettativa come parlamentare e quindi non lavorava?!? all'Università), con tutte le altre prebende di cui gode.


A noi comuni mortali (lavoratori, cassintegrati, pensionati) tutto ciò non è consentito!!!!
Sempre più VERGOGNA!!!!

 

COBAS - Comitati di Base della Scuola

I CUMULI SONO VIETATI

Ma solo per NOI!!!

Andrea Monorchio

in pensione dal 1/07/2002

di € 19.051,51 mensili

(ex Ragioniere generale dello Stato);

attualmente consulente Ministero Economia

 

Publio Fiori

Da 16 anni gode di pensione INPDAP di € 14.590,26 mensili esentasse come vittima del terrorismo; nel 2004 risultava il secondo parlamentare più ricco con un reddito di 1.441.865 euro

 

Giorgio Guazzaloca

in pensione dal 1/07/2009

di € 20.661,29 mensili lordi (ricongiunzione pagata € 4.144,71)

(ex sindaco di Bologna);

attualmente consigliere comunale e membro dell’Antitrust.

 

Renato Brunetta

in pensione dal 31/12/2009

di € 4.351,07 mensili

(ex professore universitario);

attualmente ministro per la P.A.  e l'Innovazione

 

Giuliano Amato

in pensione dal 1/01/1998

di € 22.151,10 mensili lordi

(ex professore universitario);

incarico attuale: tra cui presidente Enciclopedia Treccani; incarico Deutsche Bank, ecc.

 

Giuliano Cazzola

in pensione dal 1/04/2007

di € 11.445,04 mensili

(ex dirigente pubblico, ex sindacalista CGIL);

attualmente parlamentare e prolifico saggista in materia previdenziale.

 

Sergio d’Antoni

in pensione dal 1/04/2001

di € 8.595,74 mensili lordi

(ex professore universitario ed ex segretario generale CISL);

attualmente parlamentare PD

 

Mario Draghi

in pensione dal 1/04/2005

di € 14.843,56 mensili

(ex dirigente pubblico);

Incarico attuale: Governatore Banca d’Italia




 

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