di Roberto Morea

Transform! italia e transfom! europe hanno promosso una ricerca sulle condizioni di vita e di lavoro di diverse tipologie di lavoratrici e lavoratori in Francia, Italia e Germania. Lo abbiamo chiamato “Coalition of Labour” la coalizione del Lavoro. Da troppi anni, infatti, assistiamo a quello che si è venuto producendo con l’affermarsi del modello neoliberista, cioè una doppia negazione del lavoro, una politica che vuole da un lato, impedire la presenza di qualsiasi rappresentanza del mondo e degli interessi dei lavoratori e delle lavoratrici, e dall’altro lato sul piano sociale, in cui viene oscurata e negata ogni forma di contrattazione e si spinge per una sempre maggiore disarticolazione di ogni forma di lavoro che impedisce ogni aggregazione e quindi una ricostruzione della propria identità e ruolo sociale.

Uno spaccato di una condizione sociale che abbraccia occupati, disoccupati e precari parimenti distribuite tra uomini e donne. Il progetto è articolato quindi su due piani 

Il primo è diretto a dar voce a lavoratrici e lavoratori attraverso piccole interviste che consentano loro di esprimere quale percezione abbiano della loro condizione di vita e lavorativa verso chi attribuiscono responsabilità e come e con chi pensano sia possibile migliorare il proprio stato.

Non una inchiesta su larga scala, ma solo uno spaccato esemplificativo che possa illustrare la condizione e la percezione della propria condizione di lavoratori e lavoratrici nel nostro continente. Un racconto di sé e delle proprie aspettative che indichi le condizioni soggettive e lo stato d’animo di chi vive del proprio lavoro dipendente o precario.

Quindi non una ricerca quantitativa, ma fatta di interviste mirate e condotte da giovani ricercatori e ricercatrici con indirizzo sociologico, che hanno avuto il compito di raccogliere le testimonianze e darle una lettura partendo da alcune domande che abbiamo definito insieme proprio per fare uscire allo scoperto la dimensione soggettiva e sociale.

Il secondo piano del progetto è dedicato alla definizione giuridica che l’Unione Europea ha realizzato o non affrontato. Rinunciata alla costruzione di una “Europa sociale” e tradita la sua promessa di “uguaglianza nel progresso delle condizioni di vita e di lavoro”, l’Unione Europea ha ridotto le sue ambizioni al livello di una “base sociale” (Peds), una rete di protezione minima destinata per salvare i naufraghi dall’annegamento della “precarizzazione del mercato del lavoro” che promuove.

Come è noto, la precarietà del lavoro in Europa oggi è multiforme. L’utilizzo (e l’abuso) dei rapporti di lavoro subordinato (in Italia), la diffusione dei cosiddetti contratti a zero ore (in Gran Bretagna), l’esplosione dei contratti a tempo determinato a breve termine (in Francia e Spagna), hanno colpiti principalmente i giovani, ai quali è stato impedito di ottenere condizioni di vita e di lavoro soddisfacenti, o almeno sufficienti. D’altra parte, gli interventi legislativi di manomissione del quadro tradizionale delle garanzie a livello nazionale (si pensi alla disciplina del licenziamento), sotto la pressione delle politiche di austerità imposte nell’ambito della governance economica europea, hanno messo in discussione, ed esposto ai pericoli della precarizzazione, anche il nucleo forte dei lavoratori subordinati, quelli con contratto a tempo indeterminato.

L’ultima frontiera della precarietà è quella della gig economy; le piattaforme digitali, infatti, consentono di suddividere il lavoro in micro task offerti a una folla di potenziali lavoratori, che vengono svolti, di volta in volta, da coloro che sono disponibili.

In alcuni paesi europei (Francia, Gran Bretagna, Italia e Spagna) abbiamo assistito, negli ultimi anni, alla ripresa di uno sforzo di ideazione di progetti da parte di gruppi di studiosi (spesso vicini al sindacato) con l’obiettivo di sintetizzare in una proposta organica (in alcuni casi, una vera e propria legge articolata) le riforme o le risposte normative che appaiono necessarie per contrastare, e si spera ribaltare, quel progetto di multiforme precarietà dei rapporti di lavoro, e di forte degrado degli standard di tutela, che ha caratterizzato gli ultimi trenta anni, spinti dalle ideologie del neoliberismo.

Questo lavoro ci sembra oggi più che mai necessario per affrontare la trasformazione del lavoro e della digitalizzazione dei processi produttivi.

Il nostro impegno è quello di riuscire a portare nel parlamento europeo questo lavoro e contribuire a dar voce al mondo del lavoro così spesso emarginato e impoverito.

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