CITTA' DI CASTELLO - Imprenditori, associazioni e cittadini alla giornata di apertura degli Stati generali dell’economia di Città di Castello che si sono aperti oggi nella sala del consiglio co-munale: “Questa iniziativa” ha detto il coordinatore Fabrizio Boldrini in apertura dei lavori “rappresenta il tentativo di dare una risposta alla crisi globale che stiamo viven-do, entrando nello specifico della realtà locale e superando il limite dell’appoggio fi-nanziario puro e semplice come viatico per fronteggiare la difficoltà. Questa crisi ha intaccato anche punti di riferimento e modelli prima inossidabili, proveremo a pensar-ne altri a partire dagli strumenti pubblici al servizio delle imprese, per invertire tenden-za negativa, fino ad arrivare alle prospettive del terziario nella cultura e del turismo. Oggi apriamo una discussione con la relazione del professor Bruno Bracalente sul sistema produttivo locale da cui partiremo per questo viaggio lungo un mese dentro il vivo dei problemi”.

Relazione sindaco Bacchetta. “La crisi che stiamo vivendo è strutturale e non può essere banalizzata perché incide nel tessuto vivo della nostra economia e, quando parliamo di spread o di debito pubblico, spesso ci dimentichiamo che dietro ci sono le persone ed i loro problemi” ha dichiarato il sindaco Luciano Bacchetta nella sua relazione “L’Amministrazione per questo ha ritenuto che fosse suo compito affrontare questi nodi, non come l’intenzione di scioglierli ma di individuare possibile vie d’uscita e di non ripiegarci in noi stessi. Attraverso una analisi compiuta del quadro locale dobbiamo dare delle risposte. Il processo industriale di Città di Castello ha fatto del territorio un motore dell’economia regionale: dobbiamo recuperare quella spinta e evitare che la crisi si trasformi in recessione.

Gli enti locali hanno la possibilità di orientare alcuni fattori di sviluppo, tra cui l’impianto urbanistico e le azioni positive di sostegno al lavoro e alle imprese. Da questo punto di vista è necessario dare nuovi strumenti anche al mondo delle professioni e del terziario, attingendo alle opportunità dei fondi europei e della programmazione comunitaria. Dobbiamo utilizzare in modo diverso le immense risorse che abbiamo a disposizione, ad esempio il nostro patrimonio artistico. Prima avevamo altre risorse, oggi lo sviluppo di qualità e la ripresa di spinge a mettere a sistema le potenzialità legate alla nostra storia, un valore aggiunto non interscambiabile. Infine rimane aperta la grande partita dell’agricoltura e del tabacco, su cui le politiche dell’Unione hanno inciso in termini di multifunzionalità, riconversione e diversa sostenibilità economica.
Che cosa comporta la crisi per l’Alta Valle del Tevere? Davanti ad un saldo numerica-mente positivo delle imprese - ha aggiunto il sindaco anticipando qualche elemento della relazione tecnica - ci sono criticità sul fronte dell’occupazione e dei volumi pro-duttivi. Negli ultimi anni è venuto meno il rapporto proficuo tra mondo economico e credito, uno degli attori che ha maggior influenza sugli andamenti economici di medio periodo, determinando l’esito di molti processi aziendali.

Città di Castello non gode di rendite derivanti dal pubblico, questa autonomia ne ha fatto una realtà particolare anche in un ottica di bilancio sociale. Non dobbiamo rinunciare a questa virtuosità ma allo stesso tempo chiederci come e dove creare occupazione stabile vera e non precaria, essendo il nostro un contesto molto esposto sul fronte del mercato. Da una parte è fondamentale sottolineare che la struttura imprenditoriale ha lottato, sofferto ma anche tenuto, grazie al fatto che i nostri operatori hanno gettato il cuore oltre l’ostacolo, costruendo una rete di export, i cui proventi hanno sostenuto gli investimenti. Ma questo è avvenuto in un clima di isolamento, anche a causa delle istituzioni che non hanno letto a sufficienza questa dinamica ma che sono pronte ad una programmazione in linea con le esigenze delle aziende e dello sviluppo sociale. Una nuova fase, oltre la recessione. I segnali di ripresa non ci trovino impreparati, ognuno continuando a svolgere il proprio mestiere e quindi a svolgere il proprio compito. Un’istituzione non deve diventare imprenditore ma può svolgere azione di stimolo e di coordinamento rispetto alcune tematiche che per essere risolte richiedono un enorme sforzo collettivo. Nuovi scenari si affacciano ovunque: chi avrebbe pensato dieci anni fa che un’infrastruttura strategica e di interesse nazionale come la E78 sarebbe stata costruita con il concorso dei privati? Dovremmo familiarizzare con forme inedite di progetti esistenziali ed aspettative lavorative: su questo si è innestata la recente riforma della rete scolastica e un mondo del lavoro a forte presenza di cittadini stranieri.

Una fase di è conclusa e gli strumenti che dobbiamo utilizzare sono nuovi rispetto al passato, sapendo che la sfida che ci attende è difficile impegnativa ma sono convinto che abbiamo in noi le capacità e la forza di ricostruire Città di Castello come un centro di sviluppo economico importante della comunità regionale. Da questo punto di vista diventa fondamentale il rapporto con le istituzioni pubbliche sovracomunali, definendoci come città non vassalla ma di cerniera, di mezzo e da questo punto di vista la Regione deve costituire un momento di confronto, perché rappresentiamo una realtà con caratteristiche proprie. Se venisse meno l’apporto produttivo di questa parte dell’Umbria le difficoltà aumenterebbero. Questa grande sfida che tutti dobbiamo affrontare è affascinante perché può farci uscire profondamente cambiati. L’Amministrazione comunale darà risposte e trarrà conclusioni. Turismo e Cultura, Prg come strumento dinamico - tra qualche giorno ufficializzeremo la conclusione del piano di insediamento produttivo di Coldipozzo - promozione e sostegno alle politiche attive del lavoro e dello sviluppo. Sono certo che Città di Castello ha in sé le risorse per vincere questa sfida”.

Relazione Bracalente. “Città di Castello rispetto ai sistemi locali umbri e limitrofi ha una sua specificità” ha detto in apertura Bruno Bracalente “Si è trovata davanti ad una crisi selettiva per settori, colpendo la manifatturiera, e per caratteristiche, colpen-do le zone più esposte al mercato. I territorio relativamente indenni sono quelli meno forti. Oltre a Città di Castello, i territori a maggiori impatto sono stati Bastia, Umbertide, Assisi, quelli dove era più presente l’industria, al centro della crisi. Sono stati persi 2500 addetti dal 2007 e 2009 su i circa 4000 nella regione, quasi la metà. Gli effetti della crisi si sono concentrati sull’Alta Umbria, fino a Gualdo Tadino. Città di Castello e il suo distretto ha perso nei settori di specializzazione dal otto al dieci per cento dell’occupazione; poi più recentemente, 2009-2010 con il rimbalzo della crisi precedenti, in termini di imprese, il patrimonio di Città di Castello è rimasto intatto, soprattutto per quanto riguarda la fascia dimensionale robusta, da 20 a 50 addetti. Allora a Città di Castello c’è una tenuta insieme all’impresa delle costruzioni che perde ma meno. A Perugia, Terni, Gualdo Tadino perdite a due cifre ma a Città di Castello 650 posti di lavoro, in parte compensati dal terziario (servizi turistici e commercio). Quali sono stati i riflessi sul mercato del lavoro, aumento di tre punti di tasso di disoccupazione, uno dei più alti, ma per effetto di una forte offerta di lavoro da parte della popolazione, perché non si rassegna ad essere disoccupata, qui la percezione è che il lavoro c’è. L’aumento del saggio a questo punto di vista ha un suo aspetto positivo.

Tuttavia a Città di Castello da molto prima della crisi si sono manifestati fenomeni recessivi, a partire dagli anni Novanta, insieme alla parziale ma insufficiente sostituzione di occupazione da manifattura a terziario. Su questo scenario si è inserita la crisi, accentuando tutti i fattori. Città di Castello sistema produttivo locale a forte vocazione industriale, tutt’altro che sistema in via deindustrializzazione, punte più alte dell’industria regionale, quando si parla di densità di industria, Città di Castello e Umbertide sono punte con dodici o quattordici addetti ogni cento contro i setti medi dell’Umbria e dell’Italia, o i sei di Terni. Sono presenti i settori che competono nel mercato istituzionale, l’agricoltura del tabacco non certo i settori più o meno protetti. Questa è l’anomalia positiva: ogni 100 residenti venti a settori che competono, contro i 10 umbri. Questo è un vantaggio perché un forte motore manifatturiero resto un perno per riprendere la crescita nonostante ora abbiamo stagnazione e recessione perché il mercato interno è asfittico. L’economia si basa sull’export. Non ci può essere sviluppo del terziario moderno se dietro non c’è un buon sistema industriale, che non si inventa dall’oggi al domani come, ad esempio, un centro commerciale. Poi ci sono connotati strutturali meno positivi: Città di Castello renda un sistema a bassa terziarizzazione moderna, quello a più alto valore aggiunto che serve alla competitività dell’industria, c’è un deficit di 800 addetti, comprendendo anche le libere professioni, Città di Castello a bassa terziarizzazione in generale, in tutte le componenti di mercato, compreso il commercio, trasporti, turismo, servizi personali, oltre che servizi alle imprese. L’intensità dei servizi di mercato è molto minore non solo rispetto a Perugia. Dal punto di vista strutturale, il profilo di Città di Castello è troppo simile ai sistemi puramente manifatturieri (calzature delle Marche per esempio) e troppo lontano da quelli urbani delle medie e medie piccole città dell’Italia centrale (Marche Nord fino a Iesi forte presenza industriale ma sperimentazione verso il moderno manifatturiero terziario con servizi alle imprese). Per convergere verso le realtà più evolute, con uno slogan si deve dire che deve essere più città e meno sistema manufatturiero puro, funzioni rubane rafforzate in tutte le loro componenti, dalle attività commerciali a quelle ricettive e turistiche e culturali. L’obiettivo non è tanto conservare l’esistente ma è soprattutto porre le condizioni per il nuovo sviluppo futuro che è fatto di industria ed economia urbana moderna. Nell’economia di oggi e del futuro, i paesi saranno competitive se saranno competitive non solo le loro imprese ma anche le loro città: la programmazione comunitaria 2014-2020 ha al centro proprio la città. Le politiche con cui si favorisce questa evoluzione su cui pesa naturalmente la capacità delle imprese di adattarsi alle nuove condizioni competitive.

Ma quando si tratta di politiche della città il pubblico è importante con politiche per la città nel suo complesso. Sarà necessario utilizzare tutti gli strumenti che ha e le opportunità dei programmi europei perché è nell’economia urbana che ha i maggiori spazi di sviluppo e le maggiori possibilità di occupazione per il futuro, dove possono trovare sbocco le professionalità qualificate, i giovani umbri laureati o diplomati, perché deve raggiungere i livelli di terziarizzazione che competono ad una città che è capoluogo di uno dei più importanti distretti industriali della regione. Città di Castello nell’economia della cultura ha delle carte da giocare e dalla più tradizionale delle infrastrutture, da quelle stradali, perché la Due Mari, quando sarà realizzata, trasformerà Città di Castello in uno degli snodi più importanti dell’Italia Centrale, dove si incrociano quella orizzontale e quella trasversale. Non sono molte le città dell’ordine di grandezza di Città di Castello nell’Italia Mediana ad avere questa condizione. Nella Regione-Snodo, definizione cardine del Piano strategico territoriale dell’Umbria, Città di Castello è il centro del centro e un’opportunità per ridefinire il ruolo del territorio su un ambito vasto. Io non sono un sostenitore della via stradale allo sviluppo ma per Città di Castello farò un’eccezione: le infrastrutture, e78 e piastra logistica, saranno discriminanti”.
 

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