CI CHIUDONO PER RISPARMIARE SULLA PELLE DELLE DONNE.
di Mario Di Vito
MARCHE. Uno storico centro di aiuto informazione e assistenza: 238 aborti nel 2020, 198 nel 2021, 194 nel 2022. Un sesto del totale e un quarto di quelli eseguiti con il metodo Karman. Intervista a Tiziana Colucci, presidente del Centro Aied delle Marche
Dopo quarantadue anni, la Regione Marche guidata da Fratelli d’Italia ha deciso di interrompere la convenzione che la legava all’Aied di Ascoli Piceno, presieduta da Tiziana Antonucci, per le interruzioni di gravidanza in ospedale. «Un gesto che conferma la linea del governo, così la legge 194 non è più un diritto, ma una legge a ostacoli», dice Marica Cataldi del Pd, mentre annuncia battaglia in consiglio regionale.
Fatto sta che da febbraio le cose cambieranno e la storica Associazione Italiana per l’Educazione Demografica verrà messa alla porta: un servizio essenziale smetterà di essere erogato, con tante incognite per il futuro. Gli ultimi dati, diffusi la scorsa primavera e relativi al 2020, dicono che nelle Marche sette ginecologi ospedalieri su dieci sono obiettori di coscienza.
Presidente Antonucci, cosa vi hanno detto dalla Regione?
Ci hanno scritto ringraziandoci per la puntualità e la professionalità sin qui offerta e ci hanno congedati. All’improvviso. Senza prima aver preparato alcun tipo di percorso per il futuro. Questo mi lascia sia perplessa sia preoccupata. Non so bene cosa dovrò dire alle donne che ogni giorno si rivolgono all’Aied. Abbiamo queste ultime tre settimane di gennaio e poi arrivederci e grazie.
Quanto incide l’Aied sul totale delle interruzioni di gravidanza nelle Marche?
Nel 2020, con il Covid e gli ospedali chiusi, abbiamo effettuato 238 aborti. Poi 198 nel 2021 e 194 nel 2022. Circa un sesto del totale, che sale a un quarto se parliamo di metodo Karman (l’aspirazione, ndr).
La Regione ha motivato questo addio parlando di tagli alla spesa.
Dicono di avere un buon numero di medici obiettori e che devono utilizzarli: l’azienda ospedaliera ha necessità di risparmiare. Noi da tempo spingiamo per l’aborto farmacologico e siamo fieri del fatto che all’ospedale di Ascoli si possa fare. Soltanto che, adesso, comincio ad avere il timore che la situazione possa peggiorare: la maggioranza delle donne vuole utilizzare il metodo Karman, sul quale come Aied facciamo numeri molto alti, anche perché si può fare in anestesia locale, è più agile ed evita un ricovero che può anche essere lungo. Da febbraio è molto probabile che i tempi per effettuare l’interruzione si dilateranno e che i percorsi diventeranno sempre più complicati. Peraltro non ci sarà più tutto l’iter di assistenza e di consulenza che facciamo abitualmente e che è importantissimo al di là del fatto puramente medico. Bisogna anche ricordare che le Marche non hanno mai recepito la circolare del ministero della Sanità sulla pillola abortiva nei consultori.
Com’è la situazione generale delle interruzioni di gravidanza nelle Marche?
Purtroppo è critica. Sono all’Aied dal 1977 e già allora davamo assistenza alle donne attraverso il Cisa (il Centro d’informazione sulla sterilizzazione e sull’aborto, ndr), poi con l’entrata in vigore della legge 194 siamo riusciti a stipulare questa convenzione con l’ospedale di Ascoli. Era il 1981. Ai tempi i medici erano tutti obiettori. Adesso qui vengono anche dal resto della regione e dai territori vicini: dall’Abruzzo e anche dal Lazio, soprattutto dalla zona di Amatrice. Siamo diventati un punto di riferimento per molte donne, di fatto. Ci sono ospedali completamente inadempienti sul fronte delle interruzioni di gravidanza, e la Regione, che dovrebbe monitorare l’applicazione della legge, non fa niente. È una cosa molto grave alla quale noi cerchiamo di rimediare facendo la nostra parte. Non in opposizione agli ospedali, sia chiaro, ma per garantire la possibilità di esercitare un diritto.
E ora l’Aied che farà?
Restiamo in attesa di sentire dalla Regione quali saranno i nuovi percorsi. Onestamente non vedo alcun motivo per farci fuori così, dalla sera alla mattina. Potevamo continuare a collaborare tranquillamente come abbiamo sempre fatto. Noi, in ogni caso, non smetteremo di difendere i diritti delle donne: siamo sempre aperti e sempre reperibili, in molte ci dicono che siamo gli unici ad aver risposto alle loro chiamate. Questo è importantissimo, perché noi prendiamo in carico ogni situazione nella sua totalità, dando assistenza di vario genere. Affrontiamo tante situazioni che altrimenti verrebbero dimenticate e il nostro lavoro non è incentivare o disincentivare l’aborto, che è regolato dalla legge, ma lavorare perché ogni donna faccia la scelta che veramente vuole. Se vogliamo ridurre le recidive e il numero degli aborti, cosa che magari alcuni politici auspicherebbero, la prima cosa è dare risposte. Chi è contrario all’aborto deve essere a favore dell’assistenza.
Pubblicato da Il Manifesto
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