Chi ha paura del “genere”?
Intervento di Lorena Pesaresi (PD Umbria) “Essere gay è davvero una brutta malattia”? NO ma la percezione diffusa in Italia è ancora questa, lo dimostra il fatto che l’omosessualità è una delle discriminazioni più laceranti e più lesive del diritto di libertà e di uguaglianza sancito dall’art. 3 della Costituzione italiana: “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge senza distinzione di sesso, razza, religione, di condizioni personali e sociali…”.
Un principio dimenticato? Di certo un nodo irrisolto nel nostro Paese, siamo una delle più moderne democrazie al mondo ma che non ha ancora una legge contro l’omofobia e per il riconoscimento delle unioni civili a differenza ormai di quasi tutti gli Stati membri d’Europa. Quanto accaduto nella scuola alberghiero di Assisi per mano del professore che insulta e picchia uno studente, oltre al gravissimo gesto di violenza fisica, è un modo ossessivo di certi comportamenti omofobi che non mi meraviglia perché quanto accaduto non è un caso isolato ma uno dei tanti vissuti giornalmente in Italia. Comportamenti gravissimi e inaccettabili specie quando si manifestano all’interno della scuola, luogo “privilegiato” dell’educazione-insegnamento dei nostri figli, al rispetto dell’altro/dell’altra, al rispetto delle diversità contro ogni violenza fisica e psicologica.
E se mi è consentito, quanto sta accadendo è comunque il risultato di un approccio fazioso degno del peggior radicalismo reazionario presente talvolta anche nelle nostre migliori istituzioni, nonostante vada riconosciuto allo Stato il merito di aver varato un’importante legge volta al superamento degli stereotipi di genere che sono alla radice del problema. Infatti l’articolo 16 del Decreto 104/2013 convertito con Legge 8 novembre 2013, n. 128, chiamato “Ripartire dalla scuola“ riguardante la formazione dei docenti, chiede espressamente “l’incremento delle competenze relative all’educazione all’affettività e al rispetto delle diversità e delle Pari Opportunità di genere e al superamento degli stereotipi di genere, in attuazione di quanto previsto dall’articolo 5 del decreto 2013 n.119 (meglio nota come legge sul femminicidio). C’è da chiedersi e vorrei chiederlo in particolare al Sottosegretario Davide Faraone che segue il caso di Assisi, che fine hanno fatto le risorse finanziarie oltre 10 milioni di euro e il programma di formazione per i docenti voluti dall’ex Ministro Carrozza? La strumentalizzazione e la disinformazione nell’opinione pubblica ha superato ogni confine e sta arretrando il pensiero e le coscienze individuali sull’identità di genere e, di conseguenza, la crescita culturale di questo Paese.
Credo che la chiave di volta sia proprio questa: investire di più e meglio nella cultura valoriale del ruolo della scuola e dell’identità genitoriale oggi, se si vuole superare una sorta di malafede crescente nel non essere d’accordo sulla lotta agli stereotipi di genere, sul non rispetto delle diversità, sulle Pari Opportunità di genere, sull’educazione all’affettività per evitare che si stabiliscano relazioni affettive ed amorose patologiche, all’insegna della prevaricazione o della sottomissione, presupposti che facilitano la violenza e la sua accettazione. In questo senso ritengo utile richiamare anche il Forum Nazionale delle Associazioni dei Genitori della Scuola (Fonags) ad una più attenta riflessione volta a superare una sua visione talvolta integralista della cultura di genere e sull’orientamento omosessuale che vede come un “obiettivo occulto quello di introdurre nella scuola una precoce educazione sessuale fondata sulla teoria del gender e una deriva verso il pensiero unico”.
Penso invece che la scuola debba fare un salto di qualità coinvolgendo anche le famiglie per stabilire un “patto” di civile convivenza tra i diversi orientamenti personali e sessuali. Solo così potremo un giorno far sì che chi si sente oggi un “diverso” possa sentirsi libero domani, possa vivere una vita normale e non sentirsi un “isolato” come se avesse una “pena” da scontare. Joan Wallach Scott , una storica a me cara (72 anni) in un colloquio su “Gender e Donne” apparso sul Sole 24 ore”- ha dichiarato: “..la biologia non determina che cosa significa essere uomo e donna: il loro comportamento, il loro lavoro e il loro modo di vivere possono cambiare nel tempo…”…facciamone tesoro per il bene-essere di tutti.
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