TERNI - Lo stato di crisi in cui versa l’area industriale ternano-narnese, come evidenziato anche dai dati emersi nell’ultimo rapporto Ires Cgil, presentati da pochi giorni, delinea un quadro in cui, in Umbria, le realtà che hanno pagato lo scotto più alto in termini di sviluppo e occupazione sono Terni e Narni.

Una situazione dalla quale sembra davvero difficile uscire.

«La crisi – afferma il segretario generale della Cgil Terni, Attilio Romanelli – che nel nostro territorio non è praticamente mai finita, deve essere affrontata con la consapevolezza che la necessità principale è quella di avere interventi coordinati che impegnino istituzioni, associazioni datoriali e organizzazioni dei lavoratori. La creazione di lavoro deve costituire l’obiettivo fondamentale».

«Come Cgil – prosegue – in questi lunghi anni abbiamo proposto, in tempi diversi, interventi che agissero sul tessuto industriale, con la volontà di rilanciare un nuovo sistema produttivo compatibile con l’ambiente e capace di valorizzare al meglio gli uomini e le donne residenti nell’area ternana. Il Piano del lavoro prima e la richiesta del riconoscimento dello stato di crisi, con l’applicazione delle misure straordinarie, sono entrambe proposte nate con l’intenzione di sostenere i necessari processi di modernizzazione dell’intero comparto industriale ternano. «In questo contesto riteniamo fondamentale l’impegno delle istituzioni preposte alle attività formative,  sia per consentire un reale legame tra l’offerta e la domanda di lavoro, sia per programmare le attività scolastiche in modo da costruire generazioni attente alla specializzazione e alla conoscenza critica, evitando che l’ignoranza e la povertà colpiscano in modo irreversibile una comunità come quella ternana».

«Fondamentale – conclude – resta però il problema degli investimenti. Per questo chiediamo il ripristino di una corretta utilizzazione del credito, con attenzione particolare al ruolo di promozione che possono svolgere in una stretta correlazione le agenzie regionali e la Fondazione Carit, con la costituzione di un fondo rotativo per sostenere ricerca e nuove imprese seguendo esempi virtuosi come quelli della Fondazione San Paolo a Torino».

 

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