L'unitarietà e l'identità dell'Umbria, protagonista dell'Italia mediana, si difendono attraverso il mantenimento delle due province, di Perugia e Terni, e quindi con un “riequilibrio territoriale” che consenta di rispettare i criteri sul riordino degli enti fissati dal Governo nella spending review. Ma i tempi per avviare questo percorso sono strettissimi, non oltre il mese di ottobre, per questo serve che la classe dirigente dell'Umbria metta da parte localismi e rendite di posizione e parli con una voce sola nell'interesse di tutta la comunità regionale.

Con questa posizione chiara e netta, la Cgil di Terni e la Cgil dell'Umbria scuotono il dibattito sul riordino istituzionale, “attualmente non all'altezza dell'importanza della posta in palio”, secondo il sindacato. In una conferenza stampa tenuta questa mattina presso la Camera del Lavoro di Terni, il segretario generale della Cgil di Terni, Attilio Romanelli, la segretaria regionale Lucia Rossi e il segretario generale della Cgil dell'Umbria Mario Bravi, hanno voluto esplicitare, “senza tatticismi e giri di parole”, la posizione del primo sindacato umbro sulla questione del destino della provincia ternana.

“Noi crediamo che in una fase di crisi economica e sociale profonda come quella attuale – ha detto in apertura Attilio Romanelli – non sia irrilevante quanto avviene sul piano degli assetti istituzionali. In discussione, infatti non ci sono le posizioni di consiglieri o presidenti, ma competenze e servizi strategici, su ambiente, formazione e politiche attive del lavoro”. Ecco perché il riequilibrio per la Cgil diventa una strada obbligata. “La nostra organizzazione – ha detto Mario Bravi - lo chiede dal 2001, perché siamo consapevoli del fatto che l'unitarietà dell'Umbria si fonda sull'esistenza di due province, con Perugia capoluogo regionale e Terni provinciale”.

Ma i tempi di intervento, come si diceva, sono strettissimi. “La scadenza fissata dal Governo è per fine ottobre – ha ricordato Lucia Rossi – per questo abbiamo chiesto, insieme a Cisl e Uil, un incontro a Cal, Anci e Regione, per avviare subito il ragionamento”.

La soluzione più logica, secondo la Cgil, è quella di ricalcare, per l'assetto istituzionale, la strada già delineata nella riforma sanitaria (due Asl, con Foligno e Spoleto insieme a Terni). Ma il sindacato si dice aperto anche ad altre soluzioni, purché siano credibili e non campate in aria (come l'ipotesi di includere Città della Pieve nella provincia di Terni). “Il punto decisivo – hanno spiegato ancora Romanelli, Bravi e Rossi – è che l'Umbria deve continuare ad essere basata su due province, ma l'attuale livello di discussione che c'è nella nostra regione non è all'altezza della sfida che dobbiamo affrontare”. Troppi silenzi, troppe prese di posizione in difesa dell'esistente, dice la Cgil, che rischiano di compromettere il percorso, con l'effetto di cancellare non solo l'ente Provincia, ma tutti quei servizi e quelle strutture ad esso collegati, con danni gravissimi anche da un punto di vista occupazionale.
Dunque, dalla Camera del Lavoro e dalla Cgil regionale parte un richiamo forte alle istituzioni, ai partiti e alle forze sociali dell'Umbria: “Fare fronte comune per tutelare l'identità e l'unitarietà della regione, anche nella prospettiva dell'Italia di Mezzo, salvaguardando le due province”.

 

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