Pubblichiamo il testo e le firme dell'aggregazione programmatica di Lavoro Società per una CGIL unita e plurale, che ieri si è formalmente ricostituita in AGN della CGIL. La lettera ai sensi dello Statuto è stata consegnata al Presidente dell'AGN.
 

Al Presidente dell’Assemblea Nazionale CGIL
Dichiarazione di costituzione dell’aggregazione programmatica “Lavoro Società”

Caro Presidente,

Il XIX° Congresso ha segnato un ulteriore avanzamento sulla nostra proposta di tenere lo sguardo alto, e di affermare l’autonomia della CGIL come sindacato generale e non corporativo; un sindacato confederale, pluralista, democratico, di classe, che declina al plurale le diversità e le valorizza e riconosce come ricchezza per mettere, in una prospettiva unitaria, il lavoro e la dignità di chi lavora al centro della vita politica del paese e per costruire un futuro migliore. 
Con la presente le compagne e i compagni dell’Assemblea Nazionale e degli organismi dirigenti nazionali della confederazione formalizzano la rinnovata costituzione, nell’ambito della maggioranza congressuale e nelle forme e modalità previste dal nostro Statuto e dai nostri regolamenti, dell’aggregazione programmatica “Lavoro Società-Per una CGIL unita e plurale”. 
Avviamo un percorso di aperto confronto, di ricerca e dialogo per costruire un’aggregazione ampia e rappresentativa della Sinistra Sindacale Confederale. 
Abbiamo sostenuto il documento “Il Lavoro crea il Futuro” e ci siamo riconosciuti nelle proposte e nel progetto strategico contenuti nel documento conclusivo del congresso nazionale. 
Dopo la storica fine delle correnti di partito, non riproponibili in nessuna forma, diamo continuità al pluralismo sindacale rappresentato in decenni dalle aggregazioni plurali di sinistra sindacale, una risorsa non minoritaria o di testimonianza e non chiusa in un recinto. 
Un collettivo di pensiero critico, di proposta e di impegno, con senso di responsabilità e di appartenenza, non per distinguerci ma per contribuire al rinnovamento dell’organizzazione, alla sua crescita e all’insediamento nei luoghi di lavoro e nella società a ogni livello.  
La CGIL è un bene comune da difendere e innovare in un rapporto costruttivo e di trasmissione di esperienze, saperi e valori tra le generazioni, ancorata alle sue radici storiche classiste e di soggetto politico autonomo di rappresentanza sociale e generale. 
Crediamo che il pluralismo programmatico, delle idee e di pensiero, sia il collante che rafforza nel libero confronto la natura confederale, plurale e democratica della nostra organizzazione, e allo stesso tempo sia un antidoto alle pratiche accentratrici, distorcenti e dannose per l’organizzazione. Perché la CGIL non è proprietà individuale di questo o quel dirigente, ma delle iscritte e degli iscritti.
La CGIL per noi è la casa dei valori e dei principi che si trovano nella nostra Costituzione antifascista: un presidio di democrazia che affonda le sue radici nella migliore storia del movimento operaio internazionale e della sinistra politica. La battaglia sui valori, sulla difesa delle istituzioni e della Costituzione va riaffermata e dovremo tenere alta la guardia sulla questione morale, che è questione politica. 
Sappiamo la differenza storica e attuale tra destra e sinistra, e ci auguriamo che la politica progressista e di sinistra ritrovi identità e ricominci a farsi riconoscere facendo scelte di merito nette, chiare, non equidistanti, a fianco della CGIL e del mondo del lavoro.
La storia ci insegna che il sindacato confederale ha ottenuto le più significative conquiste sociali e contrattuali nelle fasi d massima unità d’azione e di proposta. 
Siamo per l’unità sindacale, per riunificare il mondo del lavoro di ieri e di oggi, per rappresentarlo nelle sue articolazioni. Per vincere la sfida strategia occorre spostare i rapporti di forza tra capitale e lavoro, sfruttatori e sfruttati, impresa e sindacato.
La storia del movimento sindacale è ricca e contraddittoria, si alternano momenti di unità e di profonde divisioni, di competizione, di subalternità al quadro politico.
Permangono tra le confederazioni differenze storiche e identitarie, a partire dal ruolo e dalla funzione del sindacato confederale. Opzioni strategiche non conciliabili, in particolare con la CISL, come constatato in questi anni di scioperi e mobilitazioni non unitarie contro le scelte e le leggi fatte dai vari governi.
L’unità va costruita nei luoghi di lavoro, dentro ai processi reali e la materialità della condizione lavorativa, e su valori condivisi. Va perseguita con il consenso e il coinvolgimento delle iscritte e degli iscritti, delle delegate e dei delegati elette/i nelle rappresentanze sindacali unitarie come espressione del libero voto di tutti i lavoratori. 

Il paese ha bisogno della CGIL
La CGIL del XXI° secolo ha bisogno più che mai - coerentemente con le ragioni ideali, politiche e sociali che ne hanno determinato la storia ultracentenaria e il ruolo di protagonista nella nascita e nel rafforzamento della Repubblica nata dalla Resistenza - di una sinistra sindacale confederale che non sia semplicemente la custode della memoria, ma che riaffermi la validità dell’economia politica e della lotta di classe come strumenti teorici per l’azione, l’abolizione dello sfruttamento degli esseri umani tra loro come utopia del possibile,  il socialismo  come modello economico, sociale e politico, l’unità di classe senza alcuna distinzione di genere, di etnia o religione, come essenza della confederalità, come prospettiva dell’intero movimento sindacale. La CGIL rimane il sindacato generale, laico e plurale, autonomo dai governi e dai partiti, forte di una autonomia di giudizio, di pensiero, di proposta e di azione.  
Il nostro primo impegno è affermare la Pace, perché l’Italia è in guerra contro la maggioranza del suo popolo e contro la Costituzione che ripudia ogni conflitto armato. 
La guerra non restaura diritti e democrazia, ridefinisce poteri. La follia va fermata, per questo bisogna dire basta all’invio delle armi e al riarmo. 
E non rassegnarsi alla guerra e avviare una trattativa che porti alla tregua subito e alla Pace possibile, condivisa e duratura, mentre la politica e le istituzioni europee, belliciste e supine alla NATO e agli USA, assistono colpevolmente al precipizio delle relazioni tra le grandi potenze, passate ormai alla guerra aperta con gravi rischi per la Pace mondiale.
Siamo in un momento storico difficile e di grandi cambiamenti
Il quadro politico internazionale ed europeo è destabilizzato e non prevedibile. 
In Italia per la prima volta dalla nascita della Repubblica, abbiamo un governo di destra che esprime una Presidente del Consiglio che, insieme alla seconda carica dello Stato, non ha mai ripudiato il ventennio fascista e che militano in un partito che rivendica l’eredità con il disciolto partito fascista; un governo classista, razzista e oscurantista, che ha assunto in pieno la politica liberista dei governi precedenti, e ha dichiarato guerra agli umili e agli indifesi, al mondo del lavoro, alle ONG, ai diritti sociali e civili e che meriterebbe uno sciopero generale solo per la sua violenza, la sua disumanità verso i deboli, i poveri e i migranti.
La questione democratica, la difesa degli assetti istituzionali, dell’unità e della coesione del paese devono essere poste e affrontate insieme alle tante emergenze. 
C’è un disprezzo del potere gerarchico verso la democrazia parlamentare e rappresentativa che si evidenzia con la proposta di autonomia differenziata accompagnata da quel presidenzialismo accentratore di potere autoritario che è obiettivo da sempre della destra politica di ieri e di oggi. Si vuole la secessione dei ricchi, isolare ancor di più il Sud del paese e rompere la coesione sociale. Un programma eversivo e pericoloso che la CGIL, come in passato, dovrà contrastare con fermezza. 
La crisi economica, sociale, occupazionale e sanitaria del paese si aggrava intersecando la grave crisi climatica, ambientale e idrica. 
Si allarga la distanza tra il paese reale e le istituzioni, tra la politica e il sentire di una parte sempre più consistente di popolo. Una frattura sociale non di oggi; arriva da lontano con la condivisione di una sinistra di governo a vocazione maggioritaria che ha perso identità e riferimenti sociali storici, sostenitrice di una politica neoliberista ideologicamente piegata al mercato, di attacco ai diritti universali e alle conquiste storiche del sindacato. 
A partire dall’abolizione di un pilastro di difesa della dignità di chi lavora e della democrazia nei luoghi di lavoro: l’articolo 18.
L’arretramento culturale, l’individualismo e la deriva politica stanno segnando il vivere civile del paese. Siamo un paese diseguale, in una democrazia dimezzata e non rappresentativa del paese reale. La crescita evocata non è di per sé un valore se non viene commisurata alle condizioni del lavoro, ai diritti universali, all’eguaglianza di ceto e di genere, al benessere collettivo, alla sostenibilità ambientale e sociale. La denatalità, l’aumento della popolazione anziana e il basso tasso di occupazione stanno rendendo non più sostenibile l’attuale sistema sociale. Occorre una nuova, giusta e progressiva politica fiscale. Occorre cambiare il paradigma e il sistema di accumulazione e di accentramento delle ricchezze, il ritorno dello Stato e delle politiche pubbliche nel lavoro, in economia e nel sociale. 
Serve la radicalità della proposta, cioè con la capacità di andare alla radice del problema per estirparlo in uno scontro generale non di breve durata, dentro una crisi strutturale di sistema dalla quale si esce da destra o da sinistra. 
Le grandi conquiste, i cambiamenti sociali e politici sono stati il frutto di una mobilitazione, di una lotta coraggiosa e tenace del mondo del lavoro, di una minoranza del paese che ha saputo creare consenso di massa ed esprimere egemonia culturale nel popolo italiano. 
Oggi vanno costruite le condizioni per un’ampia e consapevole partecipazione alle nostre mobilitazioni e iniziative di lotta, sino allo sciopero generale, al fine di conquistare quanto indicato nei nostri documenti e nelle piattaforme unitarie. Si riparta dal riscatto sociale, dal dare parola a quel popolo da anni senza voce e rappresentanza politica. 
La nostra mobilitazione generale nel paese deve intrecciarsi con l’azione contrattuale nazionale, territoriale e sociale mettendo al centro il diritto al lavoro e la sua qualità, l’aumento del salario e non surrogati di esso e la riduzione e il controllo degli orari di lavoro, nonché la condizione lavorativa. Il diritto alla salute e all’istruzione pubblica, a una previdenza pubblica rinnovata, uno stato sociale innovato rispetto all’invecchiamento della popolazione, un sistema pensionistico che garantisca in futuro pensioni da lavoro dignitose e rivalutazioni in quelle in essere.  
Dovremmo rimettere al centro idee forza come “lavorare meno per lavorare tutti”, per ridistribuire il lavoro e affermare la qualità della vita, e “Pagare tutti per pagare meno, per far pagare i ricchi e diminuire la pressione fiscale sul lavoro dipendente, per sconfiggere l’evasione’ e recuperare risorse per lo stato sociale e i beni pubblici.  
Riaffermare ed esercitare il valore del conflitto come strumento della democrazia e leva del cambiamento. La stessa Costituzione, repubblicana e antifascista, è ribellione, opposizione al potere, coscienza collettiva, lotta per il cambiamento. Il patrimonio di valori e di principi che racchiude rimane la nostra bussola. 
La distanza tra quanto diciamo e scriviamo e quello che realizziamo ci impone una riflessione ed è segno della necessità di rafforzare la nostra confederalità, l’insediamento nei luoghi di lavoro, nella società e nel paese reale. Riaffermare concretamente la centralità della contrattazione e della partecipazione.  
Si deve spostare il baricentro dell’organizzazione dall’alto verso il basso, esercitare la democrazia, ridare centralità alle delegate e ai delegati, alle assemblee di base come luoghi di partecipazione, discussione, decisione consapevole e collettività. 
Le nostre piazze sono legate da un filo rosso fatto dei valori, dei principi e della cultura che si trovano nella nostra moderna e attuale Costituzione antifascista, vilipesa e non rispettata, che abbiamo il dovere di difendere e applicare. Siamo il sindacato democratico di rappresentanza generale, la casa della solidarietà e dell’eguaglianza, delle lavoratrici e dei lavoratori, delle pensionate e dei pensionati, sempre ancorata a quella visione e a quell’interesse generale che vive nel nostro quadrato rosso. In questo nostro percorso aggregativo il periodico “Sinistra Sindacale” sarà sempre più strumento di confronto e di riflessione collettiva a disposizione del mondo CGIL e di coloro che vogliono arricchirlo con i loro contributi.
Ti chiediamo di dare cortesemente comunicazione e inviare la nostra dichiarazione ai componenti dell’Assemblea generale e all’organizzazione nel suo complesso.
I componenti dell’Assemblea Nazionale CGIL e degli organismi nazionali della Confederazione

Giacinto Botti                                        
Tania Benvenuti                                       
Federico Antonelli                                   
Angioletta Lamonica                                 
Cristian Ravanetti                                    
Susan Moser                                            
Vincenzo Greco                                       
Claudia Nigro                                           
Andrea Montagni                                    
Francesca Nurra                                      
Raffaele Miglietta                                    
Angela Giannelli                                      
Mauro Moriconi                                     
Enrico Ciligot

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