Il 2012 si conferma l’anno nero dell’occupazione in Italia. Se si sommano i lavoratori posizionati nella cosiddetta ‘area del disagio’, cioè precari o part time involontari, a quelli della cosiddetta ‘area della sofferenza occupazionale’, vale a dire disoccupati, scoraggiati immediatamente disponibili a lavorare e persone in cassa integrazione, si può stimare una cifra impressionante di persone in drammatica difficoltà con il lavoro.
Negli ultimi tre mesi del 2012 si sono persi molti posti di lavoro, con un numero di occupati a dicembre prossimo a quello di sette anni prima con una disoccupazione, cresciuta su valori estremamente elevati e una disoccupazione giovanile che continua a pesare come un macigno. Ma i dati sostanziali sono ancora più drammatici di quelli formali, e riguardano anche la precarietà, l’inattività e la costante diminuzione delle ore di lavoro che involontariamente le persone sono costrette ad accettare.

Gli scoraggiati, dopo un periodo di calo, sono tornati ad aumentare e la contrazione del volume di lavoro è assai più marcata, per effetto della riduzione degli orari e per il ricorso alla cassa integrazione, di quanto dica la già alta diminuzione del numero di occupati. Il lavoro a tempo parziale, involontario e con un numero molto basso di ore, interessa infatti un numero sempre crescente di lavoratori. Il tasso di inattività, un fenomeno molto più diffuso nel nostro paese rispetto al resto dell’Europa, al cui interno si trova una parte rilevante di esclusi dal mondo del lavoro non formalmente riconosciuti come disoccupati, si attesta al 36.4%, ma anche in Umbria è in costante aumento, in linea con la tendenza nazionale.

 

Il lavoro precario in Umbria si attesta ad un livello molto elevato considerando che i dati, forniti da diversi enti, indicano in 116.000 i lavoratori e lavoratrici coinvolti, che sommati agli oltre 13.000 in cassa integrazione a 0 ore e ai tanti che lavorano senza percepire da diversi mesi (4/5) alcuna retribuzione, rappresentano una parte importante dell’occupazione umbra in grande difficoltà. Nel 2012 i dati riferiti alle Comunicazioni Obbligatorie (apertura delle procedure in seguito al venir meno del rapporto di lavoro) confermano la progressiva sostituzione di lavoro stabile con lavoro flessibile: l’80% circa delle nuove assunzioni è temporanea e riguarda più di un contratto (il numero medio di contratti infatti è pari a 1.25 per persona).

 

Il protrarsi di una situazione di questo genere rappresenta ormai ben più di un gravissimo problema economico e sociale, ma diventa un vera e propria questione democratica, la cui soluzione dovrebbe essere la priorità per tutti, anche in considerazione del fatto che i dati di gennaio relativi alla cassa integrazione e al Pil 2013 non annunciano niente di buono per l’anno in corso. Colpa certamente del protrarsi della crisi, ma anche - e in modo evidente - delle scelte sbagliate e dell’inadeguatezza di chi ha governato nelle ultime stagioni politiche e ha negato ed aggravato la crisi con le politiche di austerità senza sviluppo.

 

Ecco perché la Cgil ritiene il lavoro la via strategica per uscire dalla crisi e ha presentato il ‘Piano del lavoro’. Una proposta credibile, praticabile e aperta al confronto. Creare nuovo lavoro e difendere quello già esistente è, infatti, l’unica premessa oggi credibile di ogni proposta di uscita dalla crisi.
Questi temi scarsamente presenti nella campagna elettorale rappresentano l’unica strada per uscire dalla crisi, per questa ragione la CGIL insisterà e pretenderà risposte sul “Piano del lavoro” dell’Umbria a partire da subito.

 

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