Centri di Permanenza per il Rimpatrio. Un dramma silenzioso e strisciante.
di Ilaria Cucchi
Nei Centri di Permanenza per il Rimpatrio, i cosiddetti CPR, le persone vengono stordite e "tenute buone" da un uso smodato di psicofarmaci.
Il dramma che si sta consumando in tanti CPR italiani è, come al solito, silenzioso e strisciante, nonostante la morte per overdose di Vakhtang Enukidze a Gradisca d’Isonzo il 18 gennaio 2020 per edema polmonare e cerebrale causato da un cocktail di farmaci e stupefacenti.
A questo si aggiunge un altro terribile decesso, solo pochi mesi dopo, il 20 luglio 2020, dove Orgest Turia, 28enne albanese, ci ha lasciato per overdose di metadone.
A fare luce su tutto questo è il magazine Altraeconomia che ringrazio per aver portato alla luce un tema per me tanto importante.
Sedare, stordire, mentre si è nel limbo in attesa del rimpatrio, è questo l'obiettivo dell'uso così accanito degli piscofarmaci che molto spesso non vengono prescritti da nessun medico, ma vengono usati come "arma" per ridurre le lamentele, il consumo di cibo e la difesa dei propri diritti.
Un esempio?
Il Cpr di Milano, tra ottobre 2021 e febbraio 2022, ha avuto una spesa in psicofarmaci superiore al 60% del totale della spesa in farmaci, di cui oltre la metà ha riguardato il Rivotril (196 scatole): farmaco antiepilettico che ha un forte effetto sedante e che può essere prescritto attraverso il consenso del paziente o attraverso visita psichiatrica, peccato che nello stesso periodo quelle visite siano state un totale di 8.
Il Governo Meloni vuole continuare a puntare sui CPR, nell'ultima legge di bilancio sono previsti oltre 42 milioni di euro per il loro ampliamento.
Sono fatti, non opinioni, questo sistema va cambiato.
Fonte: Facebook
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