Cemento e crisi per la Colacem di Gubbio (di Donatella Porzi)
“Quali azioni la Giunta regionale intende intraprendere per la tutela dei livelli occupazionali e per far fronte alla grave crisi occupazionale e alla chiusura dell’impianto Colacem di Ghigiano (Gubbio), ”. È quanto chiede all’Esecutivo di Palazzo Donini la consigliera del Partito democratico, Donatella Porzi attraverso una interrogazione. Nell’atto ispettivo vengono chieste anche “le azioni che la Regione intende intraprendere per sostenere il tessuto economico e sociale dell’Alto Chiascio e per favorire la ripresa immediata della produzione dello stabilimento Colacem in questione”.
“Lo scorso 22 febbraio – ricorda Porzi - il Gruppo Colacem ha annunciato il fermo produzione e la conseguente chiusura momentanea dell’impianto di Ghigiano di Gubbio. Lo stop alla produzione di cemento è dovuto principalmente all’impennata dei prezzi della quotazione della Co2 emessa che è passata dagli 8,3 euro del 2018 ai quasi 100 euro del febbraio 2022. La guerra in atto tra Russia ed Ucraina – osserva la consigliera Dem - ha ulteriormente aggravato la già pesante situazione relativa al costo dell’energia e al costo del combustibile necessario ad alimentare il forno dello stabilimento”.
“Da agosto a dicembre 2021 – spiega Porzi - il sito ha subito un altro fermo dovuto sempre agli alti costi dell’energia e del combustibile, oltre alla necessità di procedere con una manutenzione programmata. Si tratta di una struttura produttiva dove lavorano 100 dipendenti diretti, mentre altri rappresentano un indotto non irrilevante (imprese esterne, trasportatori, ecc.). Tutti i lavoratori sarebbero a rischio con il conseguente impoverimento del tessuto economico ed industriale dell’intero Alto Chiascio”.
Porzi non manca di rilevare come sia “in atto una grave crisi del settore cementifero nazionale alle prese con costi energetici che superano i ricavi ottenuti dalla vendita dei prodotti e una concorrenza di prodotto estero, extra UE, che usa energia a costi minori e non deve acquistare quote di Co2 per produrre. Sia l’azienda che i dipendenti – rimarca - hanno sollecitato più volte le Istituzioni regionali e gli Enti locali a farsi carico della crisi, che rappresenta il 28 per cento del Pil del territorio dell’Eugubino. Colacem – aggiunge - è presente in Italia con sei stabilimenti a ciclo completo, due impianti per la produzione di predosati, quattro terminal, tre depositi e vari uffici di area”.
“Nel maggio 2021 – continua Porzi -, a fronte di una richiesta dell’azienda di utilizzo di Combustibili Solidi Secondari (CSS-C), la Regione aveva indicato la procedura di Via (valutazione di impatto ambientale) per concedere l’autorizzazione necessaria. Nel frattempo è entrata in vigore (31 luglio 2021) la normativa che apporta ulteriori modifiche in tema di Via, Vas, bonifiche ed energie rinnovabili, ritorna nuovamente sul tema dell’End of Waste, sul conferimento a impianti intermedi di smaltimento e apporta modifiche al campo delle esclusioni dalla disciplina sui rifiuti. Inoltre, con un apposito articolo esclude dall’obbligo di VIA la sostituzione di combustibili fossili con il CSS-C. La Corte Superiore di Giustizia Europea si è già chiaramente espressa sull’utilizzo di altre fonti per produrre energia. Esiste uno studio importante del ‘Comitato di Vigilanza e Controllo’, costituito nel 2013, come previsto dal Decreto Ministeriale ‘22/2013’, proprio sull'uso dei CSS e – conclude - nel nuovo decreto legge 77/2021 vengono inserite nell'elenco delle opere strategiche anche nuovi impianti per la produzione di energia da residui e rifiuti”.
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