di Giulio Cavalli

Il 10 dicembre 1948 venne firmata la Dichiarazione universale dei diritti umani. Oltre settant'anni per studiarla e sembra che nessuno abbia fatto i compiti. Così la casa per "la famiglia umana" è una villetta bifamiliare, triste e grigia e mal illuminata che sta nel vicolo cieco nella periferia dei nostri tormenti

C’è un libro bellissimo, in giro per il mondo, che non si prende la briga di leggere nessuno. È, secondo me, il libro con le parole più pesate che mi sia mai capitato in mano, uno di quelli in cui anche le virgole hanno la tornitura di chi ci ha messo tempo, mestiere e passione.

Ha un inizio fulminante, di quelli che entrano subito nel senso della storia, senza troppi giri: “Considerato che il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti, uguali ed inalienabili, costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo”. Famiglia umana. Inizia così. E famiglia umana è un manifesto culturale, politico, letterario. Tutto insieme. “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza”: ragione e coscienza. Ecco l’accordo. Ragione e coscienza.

E poi c’è la sicurezza, anche qui, la sicurezza che riempie tutti i giornali, i dibattiti, le distorsioni. Ascoltate bene: “Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona.” Ed è una rivoluzione, perché la sicurezza va solo con con la libertà e il diritto alla vita come compagne. Non è mica la sicurezza che se ne sta sola e guardinga con la bava alla bocca che va di moda di questi tempi; questa è una sicurezza sempre allegra, in mezzo alla gente, che gira il mondo, che sorride alla vita. È simpatica, questa sicurezza raccontata così, è una con cui farci un viaggio o andarci a teatro, per dire.

Poi: “Ogni individuo ha diritto di lasciare qualsiasi paese, incluso il proprio, e di ritornare nel proprio paese”. Soprattutto, si legge, “ha il diritto di cercare e di godere in altri paesi asilo dalle persecuzioni”. E insieme alle persone anche le loro storie devono muoversi. Davvero. C’è il diritto di “ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere”. Le storie che devono correre in giro per il mondo senza riguardo per le frontiere sono una favola.

Parola della Dichiarazione universale per i diritti umani, firmata a Parigi il 10 dicembre del 1948, oltre settant’anni fa. Settant’anni per studiarla e sembra che non abbia fatto i compiti nessuno. Così la casa per la famiglia umana, nonostante le dichiarazioni universali è una villetta bifamiliare, triste e grigia e mal illuminata che sta nel vicolo cieco nella periferia dei nostri tormenti. Sul citofono ci sono due nomi, in stampatello, scoloriti ai bordi: casa nostra e casa loro.

Fonte: Left

Condividi