Le modifiche che il governo ha indicato nel decreto sul federalismo fiscale sono fumo agli occhi che lasciano inalterata la sostanza iniqua del provvedimento.
La cedolare secca si divide in due, il 20% per il canale concordato (in cui l’affitto è più basso in media del 20% rispetto al libero mercato) e il 23% per il canale libero ma le incongruenze del meccanismo rimangono tutte: si penalizza in maniera molto drastica il canale concordato e si danno vantaggi immotivati ai proprietari ricchi e che praticano gli affitti più alti del libero mercato. I conti parlano chiaro, più di qualsiasi chiacchiera: ipotizzando un medesimo alloggio da cui si riceve un affitto di 700 euro al mese (8400 euro l’anno), un proprietario con un reddito di 30 mila euro, se sta a canale libero ha il risibile risparmio di 77 euro l’anno e se sta a canale concordato ci rimette 308 euro l’anno; se invece ha un reddito di 50.000 euro, con il canale libero risparmia rispetto ad oggi 781 euro l’anno e solo 251 con quello concordato (il vantaggio fiscale tra i due canali si riduce di 530 euro); se ha un reddito di 100.000 euro, il suo risparmio fiscale diviene di 1.138 euro nel canale libero e di 505 euro in quello concordato (qui la differenza si riduce ulteriormente di 633 euro). In pratica, è come prima: il piccolo proprietario con redditi bassi e che affitta a canale concordato ci rimette e il grande proprietario, con redditi alti, ne ricava un ulteriore sostanzioso guadagno; gli affitti saranno destinati a crescere perché la convenienza a stare nel canale concordato si riduce.
Infine, c’è la beffa: si dice che il differenziale del 3% tra canale libero e concordato andrà a sostenere un fondo, massimo di 400 milioni, per sgravi agli inquilini, con particolare riguardo a coloro con figli a carico. A parte il fatto che, mentre la cedolare secca parte subito, l’istituzione di questo fondo viene rimandata a un decreto ulteriore del governo, 400 milioni diviso 3 milioni e mezzo di famiglie in affitto da privati, fa la astronomica cifra di 9,50 euro al mese !
L’unica cosa seria sarebbe introdurre la possibilità di detrarre l’affitto, o almeno una sua parte, dalla denuncia dei redditi, coniugando equità sociale e lotta all’evasione fiscale con il conflitto di interessi. Ma nel decreto del governo, non c’è nulla di simile.
Ma non si può dire che anche gli inquilini non abbiano avuto il loro “pacco” dono dal governo: nel decreto mille proroghe non è stato reiterata la proroga dell’esecuzione degli sfratti e con la legge di bilancio il fondo per il sostegno all’affitto per le famiglie con redditi bassi e incidenza dell’affitto sul reddito lordo superiore al 24% è stato tagliato dell’85%. Le oltre 300.000 famiglie che ricevevano il contributo non lo avranno più. Aumenterà ancora di più la voragine degli sfratti per morosità che ormai sono circa il 90% delle sentenze emesse.
Incentivi fiscali a favore della proprietà, compresa la cedolare secca, hanno senso solo se vincolati a una riduzione degli affitti; poter detrarre l’affitto che si paga dalla denuncia dei redditi è l’unica misura seria che, assieme alla tracciabilità dei canoni, può permettere di combattere l’enorme evasione fiscale nel settore. Sono queste le richieste di modifica del provvedimento che avanziamo ai gruppi presenti nella commissione bicamerale.

Roma, 20.01.2011

 

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