L’attività estrattiva in Umbria, che da sempre, ha coniugato le esigenze dello sviluppo  a quelle della  salvaguardia dell’ambiente e del paesaggio grazie anche ad programmazione regionale attenta al corretto utilizzo del suolo, nell’ultimo anno in seguito alla crisi, ha registrato una contrazione della produzione pari a -46 per cento: è quanto emerge dall’informativa sull’attività di cava illustrata alla Giunta regionale dall’assessore all’Ambiente, Silvano Rometti, e trasmessa al Consiglio regionale.   

  Dalla relazione si evidenzia che al 31 dicembre 2012, il numero di autorizzazioni di cava vigenti in Umbria è pari a 95, di cui 67 nella provincia di Perugia e 28 in quella di Terni, mentre i  Comuni con attività di cava autorizzate sono  39. Sempre nell’anno 2012 le informazioni assunte attraverso le perizie giurate  rilevano che alle 95 autorizzazioni vigenti corrispondono soltanto 70 cave in esercizio, di cui 51 nella provincia di Perugia e 19 in quella di Terni, mentre le autorizzazioni restanti si riferiscono a 25 cave in fase di recupero ambientale e coltivazione conclusa(9) e quindi in chiusura, o sospese per diversi motivi (9) o non ancora iniziate o in produzione. I Comuni con la più alta percentuale produzione di materiali di cava sono Narni, Perugia, Spoleto, Todi, Nocera Umbra, Foligno, Castel Viscardo, marsciano, Trevi, Gualdo tadino per un volume totale di 2.528.742 metri cubi.  I dati a disposizione relativi agli anni che vanno dal 2000 al 2012 evidenziano che, dopo una fase di incremento della produzione nelle annualità 2000-2005 con 5.000.000 metri cubi per l’annualità 2000-2001 a circa 6.400.000 metri cubi  nel 2005, dal 2005 al 2007 la produzione si è stabilizzata su un volume totale di circa 6.400.000 metri cubi, per poi subire una forte contrazione stimabile in un 30 per cento ed attestarsi al 2010 in circa 4.500.000 metri cubi. Valori che nel 2011 hanno subito un lieve calo di circa il 3-4 per cento e che nel 2012 hanno subito un ulteriore forte calo di quasi il 20 per cento.

  “In pratica -  spiega l’assessore Rometti illustrando la relazione -  a parte il settore arenarie e calcareniti che dopo il picco di produzione del 2010, dovuto al ritorno in produzione di una sola cava dopo anni di fermo, è tornata ai valori del 2006, si nota in assoluto una flessione media del 45 per cento in termini di produzione”.

  Il settore più colpito risulta essere quello del basalto (-73 per cento), seguito dal settore calcari (-45per cento), quindi argille (-43per cento) ed infine da ghiaie e sabbie (-30per cento). Un   caso limite è rappresentato proprio dal settore argille per usi industriali che, a fronte di ingenti investimenti per l’ammodernamento o la realizzazione di nuovi sistemi di produzione, attualmente risulta in estrema sofferenza per la mancanza di domanda, mentre gli altri inerti ad usi industriali, tra cui anche i basalti, risentono della chiusura delle aziende di cui sono fornitrici  come ad esempio il settore della carta o della riduzione della richiesta di materiale tipo ballast ferroviario per il basalto, pvc per il filler, calce per le acciaierie.

  Per quanto riguarda il volume residuo di materiali a dicembre 2012 risulta pari a circa 51.000.000 metri cubi con una prevalenza di ghiaia e sabbie, argille, arenarie, calcari, basalti.  Quindi, tenuto conto della produzione attuale si può evincere che l’approvvigionamento di materiale di cava è assicurato per un periodo minimo di 9 anni per il settore delle argille, per il quale tuttavia risultano ancora in fase autorizzativa ovvero in fase di riconoscimento di accertamento di giacimento tre grandi attività ubicate a Narni, Marsciano e Bevagna nonché altre due attività di limitata produzione e quindi il volume residuo, ancorché tenga conto di una produzione annua ad oggi limitata per gli effetti della crisi recessiva, a breve sarà assicurato per un periodo sicuramente superiore ai dieci anni. Per il settore basalti la produzione è assicurata per un periodo di 39 anni, ma tale valutazione risente della profonda crisi che ha portato ad una riduzione della produzione di circa il 75 per cento. Per le altre tipologie si va dai 9 anni del settore altre, agli 11 e 12 anni rispettivamente di ghiaie e sabbie e calcari che in termini di volumetrie sono senza dubbio i settori più importanti.

  Relativamente al contributo per la tutela dell’ambiente previsto dalla legge regionale n.”2/2000”, le somme riscosse per l’annualità 2011 sono pari a 2.100.000 e quelle relative all’annualità 2012 di circa 1.650.000.

  Dalle comunicazioni delle Province si evince che il numero medio di controlli per attività nel panorama umbro è elevato, superiore a 2 (pari a 2,8 e 2,3 rispettivamente per le annualità 2011 e 2012). Ciò significa che, mediamente, un’attività estrattiva viene visitata almeno 2 volte all’anno.

  Sempre dalle Province arriva il dato che sono 36  i Comuni, 25 nella Provincia di Perugia ed 11 in quella di Terni, che hanno ricevuto domande di accertamento di giacimento, corrispondente a 105 domande, delle quali 84 nella Provincia di Perugia e 21 in quella di Terni. Alla data del 1 giugno 2013 risultano concluse 53 procedure, altre 35 sono in corso di istruttoria, di cui 2 presso la regione e 9 presso le province, le restanti 20 sono affidate ai comuni.

  Concludendo l’assessore Rometti ha evidenziato che l’informativa ha fatto emergere alcune problematiche, prima tra tutte il fatto che l’attività estrattiva ha subito un forte contraccolpo dovuto alla crisi globale, che si è tradotto in una forte flessione produttiva: “Il settore che ha subito maggior flessione è quello connesso direttamente con l’edilizia (costruzioni, infrastrutture), e quindi sia i materiali che subiscono trattamenti primari, cioè le ghiaie, sabbie, calcari per inerti, sia quelli che subiscono trasformazione o comunque lavorazione. I settori a notevole valore aggiunto e non direttamente connessi al settore civile-edile, quali ad esempio la calce ed i micronizzati, sentono comunque gli effettivi recessivi della crisi globale. La capacità produttiva di prodotto finito nel periodo trascorso ha subito un incremento, anche con importanti migliorie produttive volte a generare economie di scala. Tra le altre si ricorda la realizzazione o l’ammodernamento di imponenti forni per laterizi o la realizzazione di sistemi di recupero termico ovvero di sostituzione di vettore energetico con fonti rinnovabili per il settore calce”.

  “La crisi -  ha detto Rometti - ha portato ad una sostanziale riduzione della produzione, e ciò conduce inevitabilmente ad una modifica della durata delle autorizzazioni e dei giacimenti. Difatti i giacimenti sono stati dimensionati per un intervallo temporale massimo di 20 anni, con riferimento alla storia produttiva del sito ovvero alla capacità produttiva degli impianti. Oggi il fattore limitante non è la capacità produttiva, quanto la mancanza di mercato”.

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