Fosse anche solo per il dibattito che sta sollevando nel mondo dei cattolici, il film di Nanni Moretti sarebbe valso la sua pena. Sin dal giorno della proiezione alla stampa, “Habemus Papam” ha infatti raccolto giudizi tutt’altro che concordi tra i fedeli. I vaticanisti si guardavano tra loro incerti, domandandosi come la curia avrebbe risposto a un film non accusabile di vilipendio, ma comunque estraneo alla produzine culturale vaticana. I dubbi, le incertezze, sono frutto di molte anomalie intrinseche allo stesso lavoro di Moretti. In fondo “Habemus Papam” è il primo film ateo su un personaggio religioso. Dove il tema non è la religione, ma la lontananza tra il compito pubblico di un Papa e l’emotivtà privata di un uomo. Belle e illuminanti, in questa chiave, le osservazioni del benedettino Elmer Salmann che affida a Marco Burini de “Il Foglio” la sua visione del film di fronte a un piatto di carbonara.

Il giudizio finale dello studioso credente è non solo articolato e profondo, ma anche decisamente bonario, riconoscendo a Moretti una pluralità di piani di lettura assai generosa (dialettica tra pubblico e privato, realtà e finzione, fede e perdimento, uomo e donna). Si inalbera invece, prendendo spunto da una battuta facile di Moretti ospite di Fabio Fazio («mi si giudichi dopo aver visto il film»...) il direttore de “l’Avvenire” Marco Tarquinio, in linea con una certa indignazione vaticana per la denigrazione della figura papale. «ll Papa non si tocca, è il vicario di Cristo, la Roccia su cui è fondata la Chiesa», aveva scitto sulle stesse pagine il vaticanista Salvatore Izzo, invitando però tutti a non alzare polveroni sulla questione. Basta boicottare un po’ il botteghino e il gioco poteva chiudersi lì, scriveva. Ma a Tarquinio la pena non basta e, di fronte ai suoi lettori che invece si interrogano animatamente su Moretti sì Moretti no, risponde acido che in fondo si tratta solo di «una storia di celluloide».

Più articolati, appunto, i lettori, che si chiedono perché i laici abbiano sempre «una visione orizzontale del cattolicesimo», come scrive Raffaele Vacca. Più duro Luigi Proietti che parla di «cinica pantomima dal linguaggio ibrido», mentre smorza decisamente i toni Sisto Malli scrivendo che no, «non c’è offesa né dileggio...anzi trattasi di uhn racconto a modo suo intimamente religioso». Mentre a F.B. è di conforto la lettura che del film ha dato la giornalista dell’Avvenire Marina Corradi che, per prima ha parlato di «un Papa umano, ma senza fede».

Nell’arena è intervenuto ieri anche lo scrittore cattolico Vittorio Messori: «ho visto il film, mi è parso rispettoso, non mi sono sentito offeso». E ricorda che nella società dello show la miglior «stroncatura» è il «silenzio». Per la Commissione Cei di valutazione dei film, infine, «sulla crisi di identità che attanaglia il neo eletto pontefice, il regista getta uno sguardo di comprensione ampia e generosa», anche se il film nel suo insieme è «complesso e segnato da superficialità».
Roberta Ronconi

Fonte: Liberazione on line

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