CAPODANNO RAI E TURISMO, I CONTI NON TORNANO

di Fabrizio Marcucci

«La Regione ha tra i suoi scopi istituzionali la promozione turistica dell’Umbria». Nella convenzione che Rai, Comune di Terni e Regione Umbria hanno stipulato lo scorso anno per la realizzazione in città dello spettacolo televisivo L’anno che verrà, andato in onda la sera del 31 dicembre 2021, era questa la prima di una lunga serie di premesse. E giusto un mese prima che l’evento venisse messo in onda in diretta dai capannoni dell’Ast, il 30 novembre 2021, rispondendo durante il question time a un’interrogazione della consigliera Francesca Peppucci sugli «intendimenti della Giunta regionale per promuovere i flussi turistici», l’assessora regionale al Turismo, Paola Agabiti, rispose tra le altre cose: «La Regione sosterrà la trasmissione L’anno che verrà in onda da Terni la notte di Capodanno, quando saranno trasmessi spot per la promozione del territorio regionale. Un ulteriore strumento messo in campo per sostenere la ripartenza di questo settore strategico per l’Umbria». Peppucci, che all’epoca faceva ancora parte della Lega anche se di lì a poco ne sarebbe uscita sbattendo la porta, si dichiarò «soddisfatta per la risposta».
Al di là di questi dati di fatto, furono innumerevoli le prese di posizione che spiegavano come quella di ospitare l’evento in Umbria fosse una operazione di marketing territoriale in grande stile. E chiunque osava azzardare critiche veniva zittito con quell’argomentazione. La Regione a guida Tesei era così convinta della cosa da aver raddoppiato, facendo valere il diritto di prelazione previsto nella convenzione firmata l’anno scorso. Così quest’anno L’anno che verrà sarà ospitato ancora in Umbria, stavolta nella cornice di Perugia. «Occasione unica di valorizzazione dell’intero territorio regionale», è stato ribadito dalla Regione quando c’è stata l’ufficializzazione.

I costi e i dati

Ma quanto costa all’Umbria questo evento? E qual è la ricaduta reale in termini di turismo? La Regione ha versato lo scorso anno 500 mila euro alla Rai, e lo stesso farà quest’anno. In tutto fa un milione di euro. Alla cifra si aggiungono le spese sostenute dai Comuni. Solo fino a oggi a Palazzo dei Priori sono state firmate delibere dirigenziali per oltre 59 mila euro: 40 mila per il servizio di presidio degli accessi all’area in cui si svolgerà lo spettacolo, 16.500 per il servizio di vigilanza armata, e altri 3 mila ascrivibili anch’essi al servizio sicurezza. La convenzione prevede anche che il Comune si faccia carico del pagamento dei diritti Siae e di assicurare camere d’albergo per un totale di 1.000 giorni, oltre che della messa a disposizione di due pullman, tre van, un pulmino e tre berline da cinque posti nel periodo dal 26 dicembre al 2 gennaio. Spetta al Comune anche la messa a disposizione dei camerini, come si è saputo in occasione delle polemiche sulla Sala dei Notari, che in un primo momento si era pensato di trasformare in spogliatoi. E a tutto ciò vanno aggiunti servizi che la convenzione non prevede ma che sono necessari per lo svolgimento di un evento del genere, come il presumibile pagamento di servizio straordinario a un certo numero di vigili urbani, ad esempio. A conti fatti, al milione di euro erogato dalla Regione, si dovranno aggiungere altri 3-400 mila euro di soldi pubblici, spesi più o meno in parti eguali dai Comuni di Terni e di Perugia tra l’anno scorso e quest’anno.
E la ricaduta in termini di turismo, che era la vera mission dell’operazione? I dati si possono desumere dall’Osservatorio della Regione. Escludendo il 2020 e il 2021, funestati in vario modo dal Covid, l’unico confronto che abbia un senso fare è quello con il 2019. Nei primi nove mesi del 2022 sono arrivate in Umbria meno persone rispetto allo stesso periodo di quell’ultimo anno pre covid. Il calo è stato del 7 per cento. È aumentato il numero di pernottamenti in regione, ma solo dello 0,9 per cento. Il comprensorio ternano ha beneficiato più di altri territori di questo lieve innalzamento: qui il numero di giorni di presenza ha sfiorato il 5 per cento in più. Il problema è che il peso degli afflussi turistici in questa area è stabile al di sotto del 6 per cento del totale regionale, quindi pressoché trascurabile. La Regione ha insomma deciso di raddoppiare l’investimento fatto lo scorso anno, pur in presenza di dati non propriamente esaltanti in termini di ritorno d’immagine e di afflusso turistico. Perché?
L’impressione è che si cerchi il colpo a effetto, e soprattutto che lo si faccia in chiave interna più che di attrazione turistica, cioè in negazione delle stesse premesse. Pare insomma che l’operazione della trasmissione L’anno che verrà sia fatta più a beneficio di un pezzo di elettorato umbro – che si punta a stupire con effetti ritenuti speciali, cioè la diretta Rai – che non in direzione di un’efficace e mirata promozione del territorio fatta verso l’esterno. Il fatto stesso che si replichi lo sforzo organizzativo e finanziario di cui si sono già potuti testare gli scarsi effetti reali dello scorso anno, desta più di una perplessità sulla bontà della programmazione delle attività e degli investimenti in un settore che sarebbe uno dei capisaldi dell’esecutivo.

L’esperienza della Basilicata

A tutto questo va aggiunto che c’erano già a disposizione i dati della Basilicata, regione che ha fatto da location per la trasmissione Rai di Capodanno dal 2015 al 2019. Qui le presenze turistiche sono aumentate in quegli anni da 2,3 a 2,7 milioni, ma c’è da tenere conto dell’effetto traino che ha avuto la designazione di Matera come capitale della cultura nel 2019. Se infatti si scorporano i dati dell’intera regione per provincia, si rileva che il comprensorio della città dei Sassi ha visto aumentare le presenze turistiche in quegli anni, mentre la provincia di Potenza le ha viste diminuire. E ciò è successo, nonostante gli ultimi due capodanni lucani siano stati trasmessi in diretta proprio da Potenza.

Chi programma cosa? E come?

Allora: chi programma cosa in Umbria? E sulla base di quali dati? In altre parole: con quali criteri vengono spesi i soldi pubblici? Questa peraltro è una regione che per le sue stesse dimensioni e vocazione potrebbe/dovrebbe puntare su un turismo di tipo più molecolare: quello dei cammini, delle ciclovie, dei percorsi d’arte e religiosi, dell’enogastronomia di qualità legata ai frutti del territorio. Col programmone televisivo si puntano invece a superare tutta la serie di articolazioni, progettazioni e infrastrutture che necessiterebbe un approccio del genere. Da un lato per fare leva su un turismo di massa – che, oltre a non arrivare, si concilierebbe male con lo stesso Dna dell’Umbria – e dall’altro per abbagliare l’elettorato evitando la fatica di un lavoro più profondo. Infine, forse, addirittura perché si è convinti che la strada giusta sia quella. Nonostante i dati dimostrino il contrario.

Foto da publicdomainpictures.net
Pubblicato su: www.cronacheumbre.it

 

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