L’Umbria ha bisogno di una scossa. Il quadro sotto un profilo economico, occupazionale e sociale è drammatico e delinea chiaramente un declino di questa regione. Ne è convinto Vasco Cajarelli, segretario regionale della Cgil, che dopo l’importante manifestazione di sabato 7 ottobre a Perugia chiede un ulteriore passo in avanti: lo sciopero generale dell’Umbria.

Cajarelli, ma davvero pensa che in questa fase uno sciopero generale possa aiutare?

Se non ora quando? La politica degli esuberi delle grandi aziende non solo sta portando ad una ulteriore riduzione del lavoro nella nostra regione, ma tende a sostituire il lavoro buono, quello che ha dei diritti, è tutelato e garantito, con un lavoro più povero, precario e ricattabile. Questo processo in Umbria è ancora più evidente che a livello nazionale. E al di là delle responsabilità del passato sui problemi strutturali della nostra regione, oggi è responsabile chi non affronta questa emergenza in modo adeguato.

Cioè come?

Serve un intervento straordinario, con un Piano del Lavoro, che incida sulla quantità (per ricreare posti, soprattutto per i giovani), ma anche sulla qualità, incentivando il lavoro buono e combattendo invece quello precario che negli ultimi anni è cresciuto a dismisura, grazie alle politiche sbagliate dei governi (vedi Jobs Act) e a una cultura diffusa del "lavoro purché sia”.

E le imprese? Che responsabilità hanno?

Enormi. Ho visto che Confindustria Umbria organizzerà un convegno sul “Modello Olivetti”, ma non basta fare convegni se poi nella pratica si va nella direzione opposta. Il modello che si va affermando in Umbria è infatti quello dei lavoratori senza sindacati e quindi senza diritti. Il numero di imprese non sindacalizzate è drammaticamente alto. Sta passando l’idea che la normalità sia il rapporto diretto, senza intermediazione dei corpi sociali, ma così è chiaro a tutti chi vince, sempre. E poi c’è un’altra grande responsabilità delle imprese in Umbria: non investono in innovazione tecnologica e di prodotto ed è bassissimo l’utilizzo dei giovani laureati. Questo modello è perdente in partenza.

Ma non pensa che anche il sindacato debba cambiare?

Io penso che il sindacato in questi anni sia stato vicino alle persone più bisognose. Ma ha giocato in difesa e questo non basta più. È necessario anche per noi osare di più. Ecco perché chiedo una scossa. Non bastano i presidi, non bastano le singole vertenze, ci vuole una mobilitazione vera e generale. Di compatibilità si muore, il politicamente corretto oggi non serve. Il sindacato deve ripartire dai bisogni e rifondarsi nel rapporto diretto con le persone che di più soffrono la crisi, per invertire il declino economico e sociale di questa regione.

Pensa che Cisl e Uil sarebbero disponibili a uno sciopero generale?

Non lo so, ma vorrei far notare che andando avanti così non c’è qualcuno che si salva. Invece, se partiamo dai problemi veri l’analisi è condivisa e per questo non possiamo continuare a mediare tra noi al ribasso. Con il coraggio e l’umiltà necessaria andiamo nei posti di lavoro, ascoltiamo la nostra base, saranno gli stessi lavoratori, ne sono certo, a spingerci verso una mobilitazione unitaria forte, in grado di dare davvero quella scossa necessaria all’Umbria.

 

 

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