PERUGIA – “Con Vigor Bovolenta se ne è andata una parte importante della pallavolo”: così Andrea Sartoretti, direttore sportivo della Energy Resources San Giustino, ricorda il compagno di squadra morto sabato. “Penso che se ne va anche - ha detto ancora Sartoretti - una parte di tutti noi che abbiamo giocato con lui e ne abbiamo apprezzato non solo le doti tecniche, ma soprattutto quelle umane di ragazzo impagabile e sempre pronto a mettersi a disposizione”.

Sartoretti ha giocato insieme a Bovolenta non solo nella nazionale azzurra, ma ha condiviso con lui anche i primi anni di carriera in A1, con la maglia di Ravenna, dal 1991 al '96. Bovolenta aveva tra l'altro vestito la maglia della Rpa Luigi Bacchi Perugia dal 2008 al 2010.

Venendo ad un altro atleta che ha perso la vita sul campo di gioco, va considerata la lunga confessione di Sabrina Curi all’Ansa.

Sabrina ha del papà ricordi sfocati, più neri che bianchi visto il distacco forzato: il gesso di una gamba rotta, una passeggiata sul campo di pallone. Lo stesso che se lo portò via quel tragico pomeriggio del 30 ottobre 1977.

Sabrina Curi aveva solo tre anni quando Renato, suo padre, giovane centrocampista del Perugia morì stroncato da un arresto cardiaco mentre giocava contro la Juve, e ha rivissuto nel dramma di Vigor Bovolenta, il campione della pallavolo morto in campo sabato sera, il suo.

Quasi 35 anni trascorsi senza la figura paterna, stesso destino toccato ai quattro bimbi che Bovolenta ha lasciato. “Nella sfortuna io ho avuto una vita felice - racconta all'ANSA - il dolore c'è e non va mai via, però quell'evento noi non lo abbiamo vissuto come una tragedia”. Tutto merito di mamma Clelia e dei nonni “che sono stati sempre accanto a noi”.

Sabrina e suo fratello Renato (stesso nome del padre, nato esattamente nove mesi dalla morte del calciatore) non si sono chiusi nel dolore, non hanno tagliato i ponti con il resto del mondo. E questa, secondo la giovane donna, è la chiave per non farsi travolgere e annientare dall'evento. “La mancanza la senti, ma papà era come se fosse vivo - continua Sabrina - sarà che era famoso, tutti parlavano di lui, fatto sta che a distanza di tanti anni il suo nome continua a essere presente. Posso dire che non è facile confrontarsi con una figura così, che non c'e' fisicamente, ma che vive per quello che aveva fatto e per la tragedia che gli è toccata in sorte. Senti l'orgoglio e cerchi di fare meglio”.

Il calcio, nonostante tutto, è rimasto una grande passione, almeno di Sabrina: “Io lavoro a Monza, ma appena posso scendo per seguire il Perugia. Allo stadio vado sempre volentieri, perché sono tifosa, ma anche per quel senso di gratitudine nei confronti di quella squadra che non ha mai dimenticato mio padre. E ogni volta è bello onorarlo”.

Anzi il pallone è un filo rosso che continua a scorrere nella vita della figlia del giocatore morto: gli ex compagni di squadra da Pierluigi Frosio a Franco Vannini a Aldo Agroppi sono tutti rimasti vicini alla famiglia Curi. “Con i figli siamo amici - sorride Sabrina - abbiamo fatto una squadra...”.

Della disgrazia di Bovolenta ha parlato subito con mamma Clelia (“lei vive nel ricordo di papà”). Pensare ai quattro bimbi rimasti orfani non può' non fare male, ma dal dolore bisogna reagire: questo consiglia Sabrina alla giovane vedova. “Da noi dopo la morte di papà non si è mai respirato un clima cupo - racconta - abbiamo festeggiato sempre i compleanni, il Natale, come una vera famiglia. Io non ho mai visto mia mamma piangere: adesso capisco quanto è stata importante la serenità che mia mamma ci ha trasmesso in casa, i figli non hanno colpe di certe disgrazie. I bambini hanno bisogno di un'aria serena. Vivere tutta la vita senza un padre è dura, a me è mancata una figura di riferimento maschile, mi sono mancate le sue carezze. Ho avuto i nonni, lo zio, ma non è la stessa cosa. Il dolore è forte, c'è e ci sarà sempre ma bisogna viverlo senza buttarsi giù. A me ha aiuta la fede, so che papà mi sta vicino e poi sono convinta che le persone morte non vogliono vederci tristi”.

Un dolore trasformato in forza: “Mi piacerebbe parlare con quei bambini rimasti senza papa, la mia vita senza può essere utile”.
 

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