In Umbria il problema dello smaltimento dei rifiuti si trascina da tempo, tra mancate decisioni da parte della vecchia classe dirigente regionale e ampliamenti delle discariche esistenti che si sono ripetuti negli anni. Come riporta la relazione generale del Piano regionale di gestione integrata dei rifiuti, il mantenimento dell’attuale sistema di trattamento meccanico biologico con utilizzo importante delle discariche per la gestione dei flussi derivanti, comporta il non rispetto degli obiettivi sia di recupero di materia, sia di collocamento in discarica dei rifiuti residuali.

La normativa europea impone di gettare in discarica meno del 10 per cento dei rifiuti entro il 2035, mentre al momento l’Umbria è al 33 per cento. Anche ipotizzando che la raccolta differenziata aumenti dal 71% al 75% entro il 2035, il problema di come smaltire i rifiuti indifferenziati residui, i cosiddetti RUR, è di assoluta importanza. Il sistema reggendosi sullo smaltimento finale in discarica dei flussi prodotti dai pretrattamenti necessita nell’arco temporale di piano di uno spazio complessivo di discarica di circa 2.200.000 mc.

Lo scenario inerziale quindi, oltre a non rispettare gli obiettivi normativi, non è sostenibile dal punto di vista ambientale a causa dell’enorme necessità di territorio per la realizzazione e gestione delle discariche. Inoltre l’assenza di tali spazi renderebbe necessario il trasferimento dei flussi verso impianti fuori regione con eventuali incrementi dei costi di smaltimento e trasporto, oltre che elevati impatti ambientali.

Anche permettendo il raggiungimento massimo di riciclo e recupero degli scarti, risulta inevitabile una quota di rifiuti non riutilizzabili, che ad oggi sarebbe a carico delle discariche. Le alternative, unitamente al costante efficientamento della differenziazione dei rifiuti e del recupero dello scarto, dunque, si restringono a due: Ampliare ulteriormente le discariche esistenti, con impatti ambientali ed economici importanti, o la realizzazione di un impianto di termovalorizzazione, ad emissioni ridotte, che si differenzia totalmente dai vecchi impianti di incenerimento.

Guardando gli esempi delle regioni del centro-nord, come Emilia Romagna e Lombardia, che hanno raggiunto gli obiettivi europei in anticipo, si può notare come queste, accanto ad un forte incentivo della raccolta differenziata e al riuso, abbiano un certo livello di incenerimento dei rifiuti residui, conferendo in discarica una bassa quota degli stessi. Considerando la produzione annua di rifiuti indifferenziati residui in Umbria prevista nel 2035, con una raccolta differenziata al 75%, è stimata in 132.000 tonnellate, sembrerebbe preferibile ipotizzare la realizzazione di un impianto di termovalorizzazione che, oltre al mero smaltimento, garantirebbe una quota di produzione energetica. Ma in ogni caso andrebbero fatti preliminarmente anche tutti gli studi necessari anche per l’individuazione dell’area più adatta a partire dagli aspetti logistici e demografici.

Stando al Piano, la capacità dell’impianto sarà limitata a 160 mila tonnellate all’anno, con un affidamento che «non dovrà garantire al gestore quantitativi minimi di rifiuti da trattare»; in una prima fase si parlava invece di circa 130 mila tonnellate.

L’impianto Nell’inceneritore finirebbero solo rifiuti «di provenienza regionale», compresi quelli speciali. In particolare si parla, secondo le stime, di 120 mila tonnellate di indifferenziata nel 2028 e, complici le riduzioni attese, di 100 mila entro il 2035; a queste si aggiungono altre 31 mila tonnellate relative agli scarti della raccolta differenziata, 8 mila di fanghi di depurazione, 19 mila di rifiuti speciali e 2 mila di rifiuti ospedalieri non pericolosi.

Come Azione quindi non abbiamo posizionamenti ideologici pregiudizievoli, ma valuteremo attentamente gli aspetti e le caratteristiche tecniche, la sostenibilità di un eventuale impianto nonché l’analisi costi/benefici dell’opera. Resta ovviamente fermo il fatto che è ineludibile il costante impegno alla riduzione della produzione di rifiuti pro capite e a favorire soluzioni in favore del riuso e dell’economia circolare.

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