Di Fabio Sebastiani

Saranno “Articolo 18” e “Flexicurity”, i prossimi due terreni di scontro tra sindacati e Governo. Sulla norma dello Statuto dei lavoratori che disciplina il reintegro in caso di licenziamento senza giusta causa o giustificato motivo è già da qualche giorno, complice anche la vicenda della pensioni, che arrivano a palazzo Chigi rumors di barricate. Sarà per i fantasmi che evoca, il corteo-fiume di cui si rese protagonista l’allora segretario generale della Cgil Sergio Cofferati nel 2002, ma l’idea di introdurre il licenziamento facile continua a funzionare da ottimo liquido infiammabile. Facile che il “tecnico” Mario Monti se la voglia cavare con una sola tornata: mettere insieme flexicurity e articolo 18. Cioè a dire, mettere i sindacati di fronte alla scelta: “se volete gli ammortizzatori sociali dovete darmi in cambio i licenziamento facili”. La flexicurity è quel pacchetto di flessibilità in entrata e in uscita e ammortizzatori sociali già sperimentato nei paesi scandinavi che l’Italia vorrebbe adottare senza però sostenere i costi necessari.

L’argomento dei licenziamenti facili torna a scaldare anche il fronte dei rapporti tra Confindustria e sindacati. “Nessun tabù”, dice il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia. “È una norma di civiltà”, insiste all'opposto il leader della Cgil, Susanna Camusso. Commenta il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, “rammaricata” ma anche “dispiaciuta e sorpresa” per un linguaggio di “un passato del quale non possiamo certo andare orgogliosi”: “la reazione” dei sindacati (nei toni duri in realtà della sola Cgil), afferma, “non la capisco, e mi preoccupa anche molto non sul piano personale, ma per le sue implicazioni per il Paese”. Alle sue parole replica il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni: “Mi dispiace che reagisca in questo modo: ad essere preoccupati siamo noi”. Già in mattinata, Bonanni aveva sostenuto la contrarietà a mettere mano all'articolo 18: dopo la manovra, “discussa con nessuno”, che ha già colpito lavoratori e pensionati, è la sua posizione, “si aizza la protesta su una materia che si sa problematica”, “spinosa”. I sindacati chiedono piuttosto di far pagare di più il lavoro precario.

È questa la vera sfida, afferma Bonanni, rivolgendosi alla “maestrina” Fornero. In serata, dopo le parole del ministro, rincara: “Mi hanno sconcertato”. Si tratta di una riforma del mercato del lavoro annunciata “mediaticamente”: così “si apre una rottura prima di arrivare alla discussione”. È una “situazione incresciosa”, che avrebbe richiesto “più cautela” e a Fornero dice ancora: “Doveva essere molto più accorta”. Insomma, alla fine il segretario della Cisl cerca di mandare segnali rassicuranti. Per lui il punto è fare i passaggi gradualmente. Come già detto in passato, per la Cisl non ci sono particolari problemi a rimanere attaccati alla difesa della “giusta causa”. Al contrario, d'accordo con Fornero si dice Marcegaglia: “Non ci sono più totem, non ci sono più tabu» sull'articolo 18; la riforma del mercato del lavoro «va affrontata” con “molta serietà, pragmatismo e senza ideologia”, anche per riportare il Paese a crescere, afferma.

Alle sue affermazioni si contrappone la posizione di Camusso: è “una norma di civiltà che impedisce le discriminazioni ed esercita una forma di deterrenza per tutti. Un paese democratico e civile non può rinunciarvi”. Posizioni antitetiche, dunque. Ma, subito il numero uno degli industriali tiene a sottolineare: “Non c'è alcun attacco ai sindacati”. “Il clima di scontro non aiuta”. C'è solo la necessità, sostiene, di modificare un mercato del lavoro che “oggi palesemente non funziona”, in cui “abbiamo una forte rigidità in uscita che non ha eguali in Europa ed un eccesso di flessibilità in entrata che penalizza i giovani e le donne; e abbiamo degli ammortizzatori sociali che vanno rivisti in parte”. Al tavolo - che potrebbe aprirsi “anche prima” di gennaio, come fa sapere la stessa Fornero – “ci siederemo con grande spirito di collaborazione, con grande atteggiamento costruttivo”.

Il Pd guarda a tutta la vicenda fortemente preoccupato. Pier Luigi Bersani sa che l'ala laburista del partito, vicina ai sindacati, non voterà mai una riforma del lavoro che renda i licenziamenti più facili, neanche turandosi il naso come avvenuto per la riforma della previdenza. Per questo il leader Pd, in pubblico ma anche nei contatti con il ministro Elsa Fornero, ha già fatto sapere che l'art.18 “non è il tema” non perchè sia un tabù ma perché la vera priorità in questo momento sono gli ammortizzatori sociali. Un assaggio in miniatura dello scontro, che si potrebbe aprire nel Pd sul tema del mercato del lavoro, si è avuto nella querelle tra il giuslavorista e senatore Piero Ichino e il responsabile economico Stefano Fassina, il primo sostenitore di un modello di flexsecurity che rivede la norma sui licenziamenti, il secondo sostenitore di un diritto del lavoro unico che però non tocchi l'art.18.

Sulle due tesi si schierano le opposte tifoserie del partito ed è anche per disinnescare la polveriera che Bersani ritiene che sul mercato del lavoro l'approccio deve essere un altro. “L'articolo 18 - è la linea del leader Pd - non è la questione. Il governo non può non sapere, e lo sa, che ora si tratta di dare una risposta a chi rimane senza lavoro a 55 anni. I soldi risparmiati sulle pensioni si devono usare per gli ammortizzatori sociali”. In ogni caso, aggiunge Bersani, il tema del mercato del lavoro va affrontato “con calma, senza patemi”, magari facendo passare un pò di tempo perchè c'è già “qualcosa da digerire”, ovvero le nuove pensioni. Pronto a salire sulle barricate l'ex ministro Cesare Damiano, espressione dell'area democratica vicina ai sindacati: non è vero, sostiene, che eliminare l'art.18 aumenterebbe l'occupazione. Quindi altro che cancellarlo “va garantito anche ai giovani che entreranno nel mercato del lavoro”.

Un approccio più laico sulla possibilità di licenziare, legato a maggiori diritti per chi è assunto, è espresso invece dall'area vicino a Walter Veltroni e a Enrico Letta. “Serve un pacchetto serio - sostiene il responsabile Welfare Giuseppe Fioroni, membro della minoranza del partito - servono tutele serie, e vedrete che dentro un pacchetto serio nulla può essere considerato un tabù: neanche l'articolo diciotto”. E la necessità di una riforma complessiva è affermata anche dal vicesegretario Enrico Letta per il quale il giusto ordine di un'eventuale riforma passa attraverso “gli ammortizzatori sociali, il costo del lavoro, il rilancio del lavoro per giovani e donne e la questione della flessibilità in uscita”.

Fonte: controlacrisi.org



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