GUBBIO - Sono già una ventina le strutture ricettive e della ristorazione presenti nel territorio del Distretto dell’Appennino umbro-marchigiano pronte a essere certificate con il nuovo marchio del “turismo slow”. Il progetto del “Distretto della lentezza” è stato presentato nei giorni scorsi a Gubbio, in occasione del forum “Il valore del tempo nell’esperienza turistica”, alla presenza dei rappresentanti delle istituzioni pubbliche locali e dei privati coinvolti nell’aggregazione di area vasta appenninica. Grazie al contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia è stata definita una metodologia originale di certificazione del turismo della lentezza, ora replicabile in altri territori dopo essere stata collaudata in alcune aree del distretto.

Per questo l’incontro eugubino ha registrato grande partecipazione e destato interesse tra gli operatori privati del settore turistico e i rappresentanti dei 27 comuni e delle due comunità montane della provincia umbra diPerugia e di quelle marchigiane di AnconaPesaro-Urbino e della fascia montana di Macerata.

«Il tema della lentezza - spiega Stefano Soglia dell’Università degli Studi di Siena - è un nuovo e diverso modello culturale di comportamento che implica un cambiamento nel modo di concepire il consumo di beni e di servizi e quindi nel concetto di qualità della vita. La lentezza - intesa come ricerca della qualità dell’esperienza che permette di riappropriarsi di ritmi, di riscoprire territori e comunità locali - attribuisce in particolare al turismo una valenza innovativa sulla possibilità di caratterizzare l’esperienza turistica, non solo in base alla qualità del prodotto, ma piuttosto rispetto a modelli di comportamenti auto-diretti».

Il progetto, elaborato dallo stesso Soglia e da Paola de Salvo dell’Università di Perugia, ha portato all’individuazione dei 43 requisiti generali sui quali vengono valutati gli operatori che offrono servizi “slow” sulla base delle aspettative del turista “lento” e che partono da alcune valutazioni preliminari.

Intanto, il tempo. Ad esempio, quello impiegato per visitare una città o partecipare a un corso di cucina. Non è un elemento significativo per il turismo della lentezza perché dipende dal contesto territoriale di riferimento e dalle sue tradizioni e abitudini.

Poi, per ogni territorio, il concetto di attività tradizionali e prodotti tipici è differente e quindi - per evitare l’omologazione rispetto a un modello unico e precostituito, valorizzando le peculiarità in linea con la definizione di turismo lento - occorre contestualizzare i parametri in base ai quali considerare un’attività turistica “slow” o meno. Ad esempio, può essere considerato “slow” un giro in Ferrari sulle colline Modenesi, perché appartiene all’identità di quel luogo, mentre non lo sarebbe sulle colline umbre.

Le stesse politiche di carattere ambientale e infrastrutturale di un territorio influiscono sulla classe di lentezza dell’offerta turistica.

Infine, il grado di esperienzialità e di sostenibilità di un prodotto turistico: sono concetti che cambiano nel tempo. Quello che un tempo era percepito come esperienziale perché nuovo o coinvolgente poi può non esserlo più e altrettanto i criteri di sostenibilità di un’azione possono evolversi nel tempo con il mutare della sensibilità ambientale e sociale.

«Abbiamo concepito una metodologia - spiega ancora Stefano Soglia - che prevede di rimodulare periodicamente la valutazione attribuita sull’offerta delle singole componenti turistiche di un territorio. Una classificazione della certificazione che possa anche premiare chi è più in linea con le definizioni di turismo della lentezza individuate dal progetto, ma allo stesso tempo non penalizzare chi si sforza per offrire servizi turistici definibili “slow” anche solo in parte».

Ci sarà anche una sorta di “classe di lentezza” definita in base a quattro parametri. Innanzitutto, le persone: l’interazione con chi risiede nel territorio e tra le persone che partecipano a un’esperienza turistica, il ruolo centrale degli abitanti e dei “mediatori” che operano nell’area per rendere più coinvolgente la permanenza.

Poi, l’amministrazione locale: politiche pubbliche; parametri ambientali; contesto paesaggistico rispetto al comune di appartenenza.

E ancora, la sostenibilità ambientale e il rispetto della natura, l’approccio etico nella predisposizione ed erogazione dei servizi, l’utilizzo di soluzioni “green” e la proposta di mezzi di trasporto a basso impatto ambientale.

Infine, il territorio: la cultura, i ritmi e le tradizioni che caratterizzano le attività turistiche e il territorio specifico, ma che hanno anche un’attrazione e significatività a livello extra-locale grazie all’autenticità e a un approccio esperienziale.

«È sulla base di questi quattro elementi centrali - commenta Soglia - che si sono identificati i caratteri propri dell’offerta e della domanda “slow”, con l’intento di creare una serie di parametri che permettano di superare i limiti teorici e poter iniziare a dare concretezza al turismo della lentezza e a un nuovo concetto dell’esperienza turistica».

Grazie all’affiancamento scientifico della società internazionale di certificazione Dekra, rappresentata da Davide Baroncini al forum di Gubbio, si è seguito un percorso metodologico che ha ora le caratteristiche di protocollo di certificazione, replicabile a tutti gli effetti anche in altri territori, a partire dai territori delle vicine Marche che fanno parte del Distretto dell’Appennino umbro-marchigiano.

La classificazione della certificazione si chiama “Value for time” (cioè “Valore per il tempo”) e prevede tre livelli di “classe di lentezza”: i valori A (oro)B (argento) o C (bronzo), stabiliti in funzione del decrescere del punteggio assegnato alle singole strutture ricettive.

Il riferimento è al concetto di “value for money”, tipico della pratica turistica di consumo in generale e allo stesso tempo al suo reciproco “time for values”, ovvero “prendersi il giusto tempo per i valori” delle relazioni, dell’autenticità e delle tradizioni territoriali, propri delle pratiche “slow”, compreso lo “slow food”.

Il metodo di classificazione è concepito per legare le sorti delle stesse strutture ricettive a quella del territorio, in modo che le scelte degli operatori privati e quelle degli enti locali possano andare di pari passo ed essere pianificate in maniera congiunta.

Inoltre, come fattore correttivo del rating assegnato periodicamente dagli esperti valutatori, interviene anche il “web 3.0” che - attraverso i giudizi dei fruitori dei servizi turistici - permette un aggiornamento in tempo reale della classificazione. Sarà lo stimolo anche per un effetto passaparola, che premierà chi è coerente con le promesse fatte nei confronti di una clientela sempre più esigente rispetto alle motivazioni di viaggio “slow”.

Il percorso iniziato dall’Associazione culturale per lo sviluppo dell’Appennino umbro-marchigiano, presieduta dal fabrianese Piero Chiorri, prevede ora la costituzione di una cooperativa tra operatori della ricettività alberghiera, extra alberghiera e ristoratori che - in sinergia con i soggetti pubblici - possa dare sostanza e concretezza al “prodotto turistico del Distretto della lentezza”, proponendolo sui mercati nazionali e internazionali.

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