Appalti pubblici. Graciolini: "Nuovo regime penalizza le PMI gualdesi"
Nella manovra finanziaria di luglio, non l'ultima ma ad intenderci quella per cui le famiglie pagano la crisi con l'aumento dei ticket della sanità e con i tagli e le privatizzazioni dei servizi, è stata introdotta una norma che ha degli effetti pratici immediati e già operanti, secondo la quale un'amministrazione pubblica che dovesse ristrutturare una scuola, costruire una piccola strada, asfaltare una piazza e la spesa stimata fosse sotto il milione di euro, può chiamare direttamente la ditta e affidarle l’appalto.
Con un tratto di penna i nostri legislatori hanno raddoppiato il limite entro cui si era obbligati a indire una gara pubblica. Questo limite, 500 mila euro, era stato fissato appena un paio d’anni fa sempre dal governo Berlusconi. Quanti sono gli appalti sopra un milione di euro nel nostro Paese? Pochissimi ma il dato resta impressionante: l'80% degli appalti pubblici è per cifre inferiori al milione di euro. La norma, quindi, ha un effetto pratico immediato che è quello per cui la politica o i funzionari di un Ente, da soli, vale a dire senza valutare il progetto, la sua qualità o il prezzo migliore, può decidere chi lavora e chi non lavora in Italia. Diventa una scelta autonoma, legale, dei governi di città, province, regioni, asl. o dei piccoli commis della pubblica amministrazione. Una scelta con ogni evidenza soggetta ai “corteggiamenti” delle imprese e ai legami che queste riescono ad intessere con le stazioni appaltanti per lavorare e per continuare a sopravvivere.
Questo è solo il primo effetto negativo per un settore, quello edile, che nella crisi sta perdendo il 20% rispetto al Pil. Una cifra enorme anche se paragonata al periodo del dopo-tangentopoli in cui si perse il 9,6%. Questo, dunque, è il quadro da cui si parte: aziende in sofferenza, grandi appalti pubblici al lumicino, regole difficili da far rispettare. I dati relativi alla provincia di Perugia resi noti proprio in questi giorni dalle associazioni datoriali confermano questo brutto trend: per capire, quattro anni fa il settore contava una massa salari di 170 milioni e 300 mila euro mentre a luglio di quest'anno è sceso a 114 milioni e 700 mila euro.
Si assiste a un mercato per cui il 10% dei costruttori ottiene oggi in Italia il 28% degli appalti pubblici e ad una preoccupazione che è apparsa evidente a tutti gli addetti ai lavori ma non ai legislatori. La preoccupazione riguarda il tessuto produttivo degli edili nel nostro Paese. Se non vanno avanti le imprese che meglio possono reggere il confronto con il mercato, ma quelle che hanno legami più o meno leciti con la politica o con il management pubblico non sarà un bene per l’economia. Soprattutto se queste imprese ‘scorrette’ abbiano legami con i gruppi della criminalità organizzata.
Nella nostra Città, la fine della ricostruzione e la crisi del mercato immobiliare e dell'edilizia residenziale tradizionale ha già fatto vittime tra le imprese ed i lavoratori. La nuova norma introdotta nella finanziaria agisce ed agirà con pesanti ricadute nel settore edile locale e nel suo indotto artigianale e commerciale di idraulici, elettricisti, fabbri e fornitori perchè si combina con altri fattori destabilizzanti come il ricorso al massimo ribasso, oramai l'unico discrimine per ottenere un appalto pubblico viste le ristrettezze finanziarie degli Enti locali, ed il ricorso al sistema dei subappalti, reali o mascherati. Per quest'ultimo caso è oramai rinomata la prassi resa possibile dalla Legge 30 grazie a cui si stipulano contratti di subappalto sostanziale per un singolo cantiere e per singoli lavoratori che di fatto svolgono un lavoro in tutto dipendente.
Si rischia concretamente ed è già successo per effetto della precedente norma che segnava il limite a 500 mila euro che anche dai pochi appalti pubblici che il Comune sarà in grado di assegnare da qui in avanti saranno tagliate fuori le imprese locali, notoriamente virtuose e si sa che le virtù hanno giustamente un prezzo maggiore e si devono pagare.
L'unico nuovo mercato su cui alcune delle imprese locali, le più organizzate, sarebbero potute intervenire era quello della cosiddetta "emergenza", la ricostruzione d'Abruzzo, che ha agito ed agisce sempre con leggi in deroga, ma sappiamo tutti come è andata a finire con il fallimento del consorzio delle imprese gualdesi e con le inchieste sulla cricca in quella Regione, in quanto queste attengono proprio al rapporto tra i pubblici ufficiali e gli imprenditori aggiudicatari delle opere pubbliche.
Con il combinato disposto di cui abbiamo parlato, a rischio si pone la qualità del prodotto finale e proprio a questo fine ci sentiamo di rivolgere l'unica sollecitazione all'Amministrazione comunale che deve sviluppare le proprie politiche in due direzioni. La prima è quella che riguarda gli appalti pubblici affinchè si abbandoni o si limiti al massimo la prassi del ricorso al massimo ribasso ed affinchè nei capitolati si inseriscano criteri di qualità più stringenti ed attinenti l'organizzazione d'impresa, la progettazione dei lavori, l'uso dei materiali così come l'esercizio del controllo, la potestà di verifica in corso d'opera e la facoltà di rivalsa da parte della stazione appaltante. La seconda riguarda la vera sfida su cui l'Amministrazione si deve impegnare e su cui deve chiamare le imprese locali: la sfida della qualità e dell'innovazione.
Opere pubbliche ridotte al lumicino, edilizia redidenziale o commerciale privata e tradizionale sono sature ed in crisi, mercato immobiliare idem. A Gualdo lo dimostra la selva di incompiuti. Bisogna puntare sugli interventi di recupero urbanistico ed edilizio, sull'urbanistica contrattata, sulla bioedilizia, sul risparmio energetico e sulla funzione sociale del costruito. E' quello che vorremmo sostenere anche in relazione al recupero dell'area dell'ex consorzio, ma è la discussione da cui purtroppo si ostina a fuggire questa Giunta.
In questa occasione annunciamo un'azione congiunta con il Partito Democratico per convocare d'urgenza ed in proposito uno specifico consiglio comunale.
Per la sinistra per Gualdo
Gianluca Graciolini
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