PERUGIA . In questi giorni, in qualsiasi ambito, non si parla d’altro che di Coronavirus, in televisione, radio, social, tutti accomunati dall’hashtag “andrà tutto bene”.

Si tratta di una vera e propria “invasione” da parte del CoronaVirus in italia che, oltre a malattia e morte, ha portato preoccupazioni, paure, ansie, stress, fobie e altre condizioni che spesso aggravano la situazione già complessa  

Ma se di invasione si tratta è evidente che, consapevolmente o inconsapevolmente, ci troviamo in guerra, ma chi sono e dove sono i Soldati, i Generali, i Tenenti, i Colonnelli, quali sono i campi di battaglia, i piani di battaglia, le strategie e gli armamenti?

A poco valgono gli insegnamenti di SUN TZU (L’arte della guerra) che, nel suo testo ispirato ad un unico chiarissimo principio, spiega che “…il modo migliore per essere certi di vincere una guerra è assicurarsi la vittoria prima ancora di cominciare a combattere…”.

La CISL FP Umbria ritiene che a pagarne le spese siano, ribadiamo per l’ennesima volta, i lavoratori della Sanità ai quali, nel corso degli anni, è stato chiesto di tutto di più, in cambio di misere controparti (vedasi produttività, 80 euro, passaggi di fascia, indennità da pochi euro  e, per pochi intimi, gli straordinari).

Dall’altra parte c’è chi, invece di dirottare le spese militari su Sanità, Scuola e Ricerca, tutte entità che adesso sarebbero state il vero e unico baluardo all’aggressione da parte del coronavirus, ha ritenuto corretto tagliare la spesa pubblica dirottando altrove preziose risorse  tagliando i posti letto e bloccando le assunzioni per dieci anni.

I lavoratori pubblici sono stati per anni  accusati  di essere un immenso fardello per la società, affidando al privato parte della Sanita ed avviando politiche di esternalizzazione.

Questo è stato lo spirito di chi ha fortemente voluto la Spending Review (revisione della spesa), che doveva consistere in interventi di razionalizzazione connessi a cambiamenti dei meccanismi di spesa e degli assetti organizzativi delle amministrazioni, dall’aumento dell’efficienza della fornitura di beni e servizi da parte della pubblica amministrazione e dall’abbandono di interventi considerati obsoleti, il tutto ha comportato un “risparmio” di più di 50 miliardi di euro in questi ultimi anni.

Cifre considerevoli che avrebbero dovuto finanziare scelte politiche, come il calo delle tasse e il sostegno alla crescita e all’occupazione, ma che non hanno prodotto niente di tutto questo con un unico solo risultato, quello di aver prosciugato il sangue dei lavoratori della Sanità, costretti a turni massacranti , a rischiare procedimenti disciplinari, ad agire anche senza misure adeguate di sicurezza, senza strumentazione idonea, con indumenti inadeguati e con spostamenti fra reparti comunicati solo verbalmente.

Pertanto non per spirito di polemica, ma di tutela per chi quotidianamente opera in trincea chiediamo con forza e decisione adeguata strumentazione e dotazione di strumenti di protezione individuale.

Il Coronavirus ci ha colto tutti impreparati, non solo in Italia.

Anche in Umbria si è inizialmente sottovalutato quanto stava accadendo al nord.

Non era certo, ma era di sicuro ipotizzabile, che la situazione si sarebbe “spostata”, con tempistiche diverse, anche nella nostra regione, nelle nostre aziende, ai nostri lavoratori, ai nostri cittadini; .

Di fronte ad un emergenza, sia pur senza precedenti, sono saltati tutti gli schemi..

La situazione attuale è drammatica. Il recente accordo regionale sulle stabilizzazioni fornirà un minimo di ossigeno alle strutture ma permangono condizioni di lavoro insostenibili e che mettono a repentaglio la salute dei lavoratori della Sanita, veri e propri eroi che operano  sopra le loro forze per dare assistenza non solo ai malati di Coronavirus ma anche a coloro che quotidianamente soffrono delle altre patologie di cui ora nessuno parla ma che ovviamente continuano a colpire i cittadini.

Numerose segnalazioni ci arrivano dai lavoratori che, pur continuando a svolgere la loro attività con abnegazione e sacrificio oltre che con il timore legato ai rischi a cui sono esposti, lamentano carenze di personale, strumenti, presidi, tutele e direttive precise, in particolare:

La chiusura di Reparti atti a garantire i livelli minimi assistenziali in tempi sostenibili anche in considerazione della situazione orografica territoriale;
La carenza, se non totale assenza, dei piani di emergenza;
Il ritardato e mai programmato utilizzo del telelavoro (Smart Working);
La mancanza di Unità di Crisi Aziendali strutturate e pronte per qualsiasi evenienza;
Il mancato approvvigionamento di DPI (mascherine, occhiali/visiere, guanti, camici);
Il mancato utilizzo dei tamponi a tutela della sicurezza del lavoratore e soprattutto dei suoi familiari.

È bene soffermarsi su questi due ultimi argomenti, in quanto non è da escludere che i casi effettivi possano essere 10 volte quelli accertati (se non di più).

Il rischio è che più numerosi sono i soggetti asintomatici ma contagiosi, più diventa essenziale l’obbligo di portare la mascherina, meglio sarebbe stato cercare di dotare l’intera popolazione di questo dispositivo, incoraggiandone l’uso.

Arrivati a questo punto, per cercare di porre rimedio al poco finora fatto, bisogna:

incentivare i produttori a produrne esortando i cittadini ad usarle, linea di condotta vincente della Corea del Sud nella lotta contro il coronavirus;
avviare una campagna di massa di tamponi, in primis sul personale sanitario, senza che per ottenere un tampone occorra avere sintomi gravi e forti indizi di essere stati contagiati.
Togliere l’obbligo di continuare a lavorare, per i Sanitari che risultino positivi al primo tampone, per la tutela personale, dei loro familiari ma soprattutto della comunità.

Auspichiamo che le motivazioni per cui c’è questa scarsa diffusione dei tamponi, non debba essere ricondotta a un danno dell’immagine o, peggio, a far risultare pochi casi vista la scarsa ricettività ospedaliera regionale.

Non si può affrontare una pandemia, con chi già si trovava a lavorare in situazione di emergenza che la CISL FP Umbria aveva ampiamente segnalate ed illustrate molto prima della diffusione del Coronavirus, come tagli al personale, taglio dei posti letto, abuso delle esternalizzazioni, taglio incomprensibile del personale addetto alle manutenzioni, risparmi su indumenti, risparmi su strumentazione, risparmi su dispositivi e frazionamento delle pulizie.

Nel tempo siamo stati sempre inascoltati, ma soprattutto le nostre segnalazioni sono state sottovalutate e sminuite, è sufficiente effettuare ricerche su internet per trovare articoli dove venivamo accusati di inutili allarmismi, di avanzare richieste esose economicamente, inutili o inappropriate.

In momenti di difficoltà la CISL FP Umbria è consapevole che è fondamentale fare fronte unito contro il comune nemico, ma una volta superata l’emergenza occorrerà compiere una attenta analisi sul vero stato della sanità umbra per dare finalmente ad operatori e cittadini le risposte che meritano in termini di sicurezza e valorizzazione delle professionalita’.

#andratuttobene… Coordinamento Sanita Fp Cisl Umbria

 

 

 

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