l'Umbria e la sua Università per la Cooperazione e migrazione. Anche in Tunisia, nonostante le pesanti difficoltà legate alla crisi sanitaria, il progetto va avanti.

Sono arrivate le pecore per i beneficiari. Le attività continuano: segno evidente dell’importanza delle politiche e degli interventi di cooperazione internazionale per lo sviluppo e il miglioramento delle condizioni socio-economiche delle comunità.  Di seguito, direttamente dalla Tunisia, riportiamo la testimonianza di Giuseppe Scanu, cooperante e coordinatore del progetto per Tamat.

Sullo sfondo dei mie occhi il rosso della terra, sulla mia pelle il caldo dei 40 gradi di Tanlargho Burkina Faso, così arrivo in Tunisia con un biglietto di sola andata e nel cuore la speranza di un biglietto di ritorno. Ad aspettarmi un progetto da rilanciare? No, una speranza da rivitalizzare? si. Sono stati 210 giorni di lavoro frenetico dominati dal burocratese, un linguaggio sconosciuto alle comunità semplici, comunità dove gli accordi si chiudono con una stretta di mano guardandosi negli occhi e dove l’ultima parola è lasciata a dio. A me il compito di equilibrare i due aspetti. Ci sono riuscito? Forse. 

Le istantanee pubblicate testimoniano il lavoro di controllo eseguito dai tecnici dell’OEP (Office de  l’Elevage et des Pâturages du Ministère de l’Agriculture, des Ressources Hydrauliques et de la Pêche – Tunisia) i veterinari del CRDA1(Commisariat Regional Au Developpement Agricole) all’arrivo delle greggi di razza barbarina da consegnare a uomini e donne del villaggio di Jmel da qui a breve. Siamo nella fattoria della famiglia Mounir il fornitore, è mattino presto, l’accoglienza riservataci per un momento mi riporta ai riti dell’accoglienza Burkinabé e alla mia Sardegna dove grazie a dio, codici antichi e gesti semplici scandiscono le relazioni tra comunità.

L’arrivo delle pecore, l’arrivo del foraggio, ieri, riaccende la speranza negli occhi delle donne di Jmel, per una volta scoprono i loro sorrisi, che mi avvolgono e mi incoraggiano.  

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