“Se quel testosterone non è di Alex, chi lo ha messo nella provetta e perché?” 

di Nikolaj Starostin

Alex Schwazer, il grande marciatore azzurro, è stato assolto dalla accusa di doping dalla giustizia penale. Così si è espressa una recente sentenza della Procura di Bolzano. Nel 2016, il marciatore altoatesino, gran favorito alla conquista della medaglia d’oro alle Olimpiadi di Rio, è stato squalificato per otto anni con l’accusa di doping, dopo che è stata trovata una provetta di urina contenente testosterone, e quindi messo nella impossibilità di gareggiare. Allo stesso tempo è tagliato fuori il suo allenatore Sandro Donati.

Quindi, Schwazer è stato incastrato e con lui Donati, il grande nemico del doping nell’atletica leggera e nello sport in generale. La cupola che governa l’atletica nazionale e internazionale deve molte spiegazioni agli sportivi e all’opinione pubblica.

Ora bisogna capire una cosa, se quel testosterone non è di Alex, chi lo ha messo nella provetta e perché?

La giustizia sportiva deve assolvere definitivamente Schwazer e dargli l’opportunità di gareggiare a Tokio il prossimo anno. È il minimo.

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