PERUGIA - “L’agricoltura umbra, così come emerge dal sesto Censimento generale, è oggi più di ieri in grado di offrire opportunità concrete di impiego non solo per i giovani e le donne, ma anche per coloro che sono usciti dal mondo del lavoro a causa della crisi”. È quanto ha sottolineato l’assessore regionale alle Politiche agricole, Fernanda Cecchini, concludendo il seminario sui mutamenti strutturali dell’agricoltura umbra che si è svolto stamani nell’Aula magna della Facoltà di Agraria, a Perugia, organizzato per analizzare i dati definitivi del Censimento generale dell’Agricoltura. “È di grande importanza – ha detto – poter disporre oggi dei risultati del Censimento realizzato da Istat e Regioni, che ci consentono di analizzarli a fondo e di confrontarci per meglio conoscere quali sono i connotati attuali della nostra agricoltura. Ed è tanto più importante in questa fase, alla vigilia della nuova Politica agricola comunitaria e della nuova programmazione regionale per il settore, poiché ci forniscono un quadro certo e dettagliato delle caratteristiche, dei punti di forza su cui far leva così come delle criticità su cui intervenire per lo sviluppo dell’agricoltura umbra”.    

   “Nell’ultimo decennio – ha rilevato l’assessore - l’agricoltura dell’Umbria si è trasformata. Il settore mantiene una forte caratterizzazione, ma è tutt’altro che immutabile. Capace di forti spinte in avanti, soffre però per gli effetti della crisi economica e finanziaria e la volatilità dei prezzi delle materie prime agricole. Per favorire la crescita di questo settore fondamentale per l’economia dell’Umbria, le scelte della Regione – ha ricordato - attuate principalmente con il Programma di Sviluppo rurale 2007-2013, sono state orientate da un lato a sostegno della  competitività e dell’innovazione delle imprese, dall’altro alla salvaguardia e alla tutela dell’ambiente e dei territori rurali, al fine di contrastare l’abbandono dei terreni e il dissesto idrogeologico. E abbiamo purtroppo constatato proprio in questi giorni, in cui stiamo facendo la conta dei danni provocati in vaste zone dell’Umbria dalle alluvioni e dalle piogge eccezionali, quanto questo sia un obiettivo imprescindibile”.
    “Abbiamo creato le condizioni per nuove opportunità di lavoro, soprattutto per i giovani e le donne – ha aggiunto l’assessore Cecchini – e per ‘attrezzare’ al meglio le nostre imprese per affrontare le sfide dei prossimi anni, in cui sono chiamate ad essere ancora più competitive anche perché potranno contare su minori risorse comunitarie”. 

I dati definitivi del sesto Censimento generale dell’Agricoltura presentano un quadro “tra luci e ombre”. Tra gli elementi positivi, c’è la crescita della dimensione media delle aziende – è stato rilevato durante il seminario - l’aumento del livello di scolarizzazione dei conduttori e quello dei giovani e delle donne e tra i conduttori stessi. Le zone d’ombra riguardano  il forte calo delle aziende, della superficie agricola utilizzabile,  della diminuzione delle colture arboree specializzate (in particolare vite e olivo) e del settore zootecnico, sia come numero di aziende che come numero di capi.
   In particolare,  il numero delle aziende agricole e zootecniche è calato di circa il 30 per cento,  ma in misura minore rispetto alla media rilevata in Italia (- 32,4%); la SAU (superficie agricola utilizzata) è diminuita del 12 per cento, con conseguente crescita della superficie media aziendale, che in Umbria si attesta sui 9,2 ettari. Ad accusare il calo più consistente sono soprattutto le piccole  e piccolissime aziende, il cui numero si è ridotto in modo consistente. Il calo si fa sempre più contenuto via via che si sale di classe di superficie agricola, fino ad arrivare alle aziende da 20 a 30 ettari di SAU e addirittura quelle tra 50 e 100 ettari che aumentano sensibilmente.
   Alle aziende più piccole rimane l’importantissimo ruolo di presidio diffuso sul territorio, necessario per arginare lo spopolamento delle zone montane e delle aree rurali più svantaggiate, per tutelare il paesaggio e frenare il dissesto idrogeologico. Alle aziende più grandi e strutturate va principalmente il ruolo di garantire l’approvvigionamento della catena alimentare per il fabbisogno dei consumi interni, per il prezioso export del “made in Umbria”, e non ultimo per l’impatto occupazionale che esse garantiscono.
   La forma di conduzione più frequente rimane la conduzione diretta del coltivatore, con ben il 96% del totale. Solo il 3% delle aziende umbre ricorre alla manodopera salariale. Dal punto di vista della forma giuridica, le aziende individuali sono calate del 32%; in aumento le forme societarie mentre le società cooperative sono in calo. In calo anche la conduzione dei terreni in proprietà mentre in aumento sono le aziende in affitto (+ 4 per cento). Rimangono principalmente gli uomini a condurre le aziende umbre, con quasi il 70% dei capi azienda, anche se si assiste ad un aumento delle donne.

Il rinnovamento dei capi azienda è ancora lento in termini di età e titolo di studio: oltre il 44% ha più di 65 anni e solo il 13% meno di 40 anni e di questi in gran parte insediati negli anni grazie al Programma di Sviluppo Rurale dell’Umbria. Oltre il  60%  dei capi azienda ha la licenza media inferiore (solo il 2% non ha alcun titolo di studio), mentre la quota dei laureati sale e raggiunge il 10% tra i conduttori.
   Le aziende agricole umbre sono inoltre caratterizzate da un quadro complesso di altre attività secondarie all’agricoltura: lavori conto terzi, agriturismo, lavorazione e trasformazione dei prodotti agricoli che in quest’ultimo censimento risultano presenti in maniera consistente. In tale ambito, l’Umbria si caratterizza per una buona presenza di imprese nel settore “bio”, l’unico in cui, anche in questo periodo di crisi, si sono registrate “performance” positive: la percentuale di superficie agricola biologica è pari al 9,5% della superficie agricola utilizzata, al nono posto in Italia, e le aziende zootecniche biologiche sono 170 ogni 100mila abitanti, il sesto valore tra le regioni italiane.

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