di Nicola Bossi

PERUGIA - Un altro fronte sociale si sta aprendo in Umbria che è direttamente collegata alla “frana” principale: ovvero il tasso di disoccupazione al 10 per cento e i 25mila lavoratori che a turno si trovano in cassa integrazione. Il problema affitto è arrivato con l’anno nuovo per 30mila famiglie, secondo i dati istat che riguardano le famiglie povere e disagiate.

E per quelle – oltre 1500 – con lo sfratto esecutivo ma congelato dallo Stato l’inizio dell’anno sarà all’insegna di lacrime e sangue: infatti dal 1 gennaio scorso non è più in vigore il rinnovo della proroga nell’esecuzione degli sfratti per le famiglie più disagiate. Il Governo, secondo il Sunia e l’Unione Inquilini, non ha inserito il provvedimento nel mille proroghe di fine anno. In mancanza di una nuova proroga da parte del Governo è ipotizzabile che a partire dal 10 gennaio 2011 l’Ufficiale giudiziario si presenti al domicilio di coloro che hanno ricevuto lo sfratto esecutivo per invitarli a lasciare la casa con le buone o con l’intervento della forza pubblica.

A peggiorare le cose ci ha pensato direttamente il taglio alla legge 431 sul sostegno agli affitti che fino all’anno scorso garantiva qualcosa come 6milioni di euro per le famiglie bisognose. Di norma l’assegno garantiva – seppur con ritardi fastidiosi – la copertura di 3 affitti arretrati per tutte le domande presentate. Oltre 1700 solo nel comune di Perugia. Ora il budget si attesta intorno ai 2milioni di euro; molti saranno tagliati fuori dal beneficio. Morale della favola: i proprietari avviano direttamente le pratiche di sfratto perché consapevoli che non riuscirebbero, senza fondo, a calmierare gli arretrati. A dieci giorni dall’inizio dell’anno, con tanto di feste in mezzo, solo all’Unione Inquilini sono arrivate 19 famiglie con sfratto: si tratta anche di casi limite: come mamme sole con prole.

Il 60 per cento degli sfrattati attualmente è straniero, ma un 40 per cento è italiano e con una media di età tra i 40-45 anni di età. Spesso precario in attesa di rinnovo di contratto. Servono più case popolari, ma i fondi regionali sono insufficienti per garantire anche il 10 per cento dei nuovi poveri in Umbria. La tensione sociale si sta arricchendo di un nuovo fronte pericoloso. Perché un uomo, una famiglia, non possono vivere con l’incubo di finire in strada.
 

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