di Alfonso Gianni 

Ci ha lasciato Citto Maselli, un grande regista, un grande intellettuale, un testimone del novecento, un comunista. Un uomo cui sono stato legato per tanti anni dalla comune militanza politica, dalla ricerca culturale, dall'amore non solo per il cinema, ma anche per la musica. In particolare per il teatro musicale, per Mozart del quale Citto conosceva a memoria interi brani delle sue più famose opere. La prima volta che sentii la sua voce - non lo conoscevo ancora di persona - fu per radio, in una trasmissione in cui raccontava con grande ironia un episodio accaduto in una cena assieme ad Arturo Toscanini., che non era soddisfatto dell'esecuzione, mi pare dell'Otello, da lui stesso diretta e  trasmessa la sera prima. Non so perché, ma quando incontravo o vedevo Citto mi tornava sempre alla memoria la sua voce che raccontava di quella cena. In sé non importante, che però lasciava trasparire la sua profonda attenzione agli aspetti più quotidiani della vita. Rompeva l'aura dell'intellettuale. Così la cultura in lui non era e non doveva essere la gabbia dorata delle elite, ma la via attraverso la quale le classi più povere del paese prendevano coscienza della loro condizione e partecipavano alla lotta per la trasformazione della società. La cultura come forma di lotta. E il cinema era un formidabile strumento in questa prospettiva. Un grande insegnamento che cercheremo, nella nostra modestia, di mantenere vivo. Ciao, Citto.

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