PERUGIA - Il sig. X è il titolare di un’azienda meccanica, piccola ma ben strutturata. Lavora in subfornitura su commesse di lavoro provenienti per la maggior parte da un unico cliente, mentre il resto dell’attività è composto da ordinativi di minore entità e di diversa origine. Il sig. X ha rapporti con un unico istituto di credito, che gli ha concesso un affidamento di 100mila euro utilizzabile, essenzialmente, come sconto fatture. Ma con un vincolo: che le fatture provengano equamente da almeno quattro clienti diversi. Poco importa alla banca che il principale committente della piccola impresa rappresenti, da solo, il 70% del fatturato dell’azienda e, soprattutto, che sia conosciuto e garantisca circa l’affidabilità dei pagamenti. Morale della favola: il sig. X potrà utilizzare l’affidamento solo in minima parte. Potrebbe tentare di rivolgersi anche ad altre banche, ma spunterebbe sicuramente condizioni peggiori di quelle concesse a suo tempo dal proprio istituto di credito di riferimento.

Anche il sig. Y ha un’impresa, ma nel settore tessile-abbigliamento. Contrariamente al sig. X lavora con tre diversi istituti bancari, con percentuali di movimentazione di denaro pressoché identiche. Dalla sera alla mattina uno di questi istituti di credito decide di abbassare unilateralmente il rating dell’impresa, che finora aveva goduto di una classe A. Immediatamente i tassi applicati passano da circa il 5-6% al 12%, facendo precipitare letteralmente i margini di guadagno dell’impresa, costretta a pagare oneri finanziari assolutamente superiori a quelli precedenti, senza la possibilità di spalmare tali aumenti su commesse di lavoro non più contrattabili. Con le conseguenze che tutti possono immaginare sulla tenuta dei conti dell’impresa.

Il sig. Z, invece, con la sua impresa opera nel settore legno. È riuscito a ottenere un finanziamento dalla banca grazie alla garanzia prestata dal confidi di categoria. Al momento della delibera il tasso applicato è pari al 6%. Tra un passaggio burocratico e l’altro passano venti giorni prima che l’erogazione del finanziamento sia effettiva: un lasso di tempo durante il quale la banca decide di modificare unilateralmente il tasso di interesse applicato, che lievita del 50%, giustificato con l’aumento dei tassi interbancari avvenuto nel frattempo.
Il sig. J ha un’azienda di trasformazione nel settore agroalimentare. Possiede, grazie ai sacrifici fatti negli anni, delle risorse proprie accantonate come riserva per far fronte a eventuali necessità. Quando decide di fare un investimento in macchinari per la sua azienda chiede un finanziamento all’istituto di credito di appoggio. La banca glielo concede, a condizione che l’imprenditore usi la sua riserva personale di denaro per acquistare fondi obbligazionari della banca stessa. Prendere o lasciare.

Gli esempi potrebbero continuare. Sono storie di ordinaria via crucis che le piccole imprese sono costrette a vivere giornalmente, alla ricerca di liquidità per far fronte ai ritardati pagamenti o ai propri investimenti. Assistiamo giornalmente all’agonia di un tessuto economico produttivo che ha garantito ricchezza e benessere a questo Paese e a questa regione, ma che ora compie sforzi sovrumani per riuscire a reggere i colpi della crisi economica globale, che in questi primi mesi del 2012 dispiega forse i suoi effetti più pesanti.
Si parlerà di tutto questo e delle difficoltà del rapporto tra piccole imprese e banche nella tavola rotonda organizzata da Cna e Fidimpresa Umbria a Perugia il 16 aprile p.v., alla quale parteciperanno rappresentanti dei principali istituti bancari nazionali e locali e delle istituzioni, in un confronto con i massimi vertici nazionali dell’associazione.
 

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