di Isabella Rossi

PERUGIA - Promessa era la meritocrazia, realizzato è stato un sistema che non premia il merito e non rende più probabile l’assunzione, dopo l’abilitazione. Un sistema che, in estrema sintesi, “affonda l’università pubblica”. A dare voce alla denuncia un gruppo di ricercatori dell’Università degli Studi di Perugia che oggi pomeriggio ha indetto una riunione sul tema “abilitazione nazionale”. Sottrazioni, addizioni, peso delle pubblicazioni, in termini di punteggio, ed il “mercato delle citazioni che contano anche quando sono negative”. La giungla del nuovo sistema introdotto dalla riforma Gelmini e perfezionato dall’Anvur, l’Agenzia di valutazione del sistema universitario e della ricerca, insediatasi il 2 maggio 2011, è fitta e soprattutto, si sottolinea, “del tutto lacunosa”. E mentre delle gravi carenze dell’Anvur si è parlato in un recente articolo apparso sul Sole24 ore, per alcuni il fallimento dell’agenzia sarebbe conclamato (www.roars.it). Come dire Mission mancata, per tutta una serie di motivi. A cominciare dalla scelta della riviste dove valutare le pubblicazioni che fanno curriculum con la conclusione che il conto non torna per “le specificità editoriali e citazionali dei diversi settori disciplinari”.Ma, seppur il viaggio nell’abilitazione si voglia e si debba fare, la questione successiva è: “a che serve?”.

Se l’esito dell’esame di abilitazione non è un punteggio ma il suo avvenuto o mancato superamento, a decidere ora chi verrà assunto non è più un concorso nazionale ma due meccanismi. La chiamata in ruolo diretta da parte di un dipartimento o una selezione locale. In entrambi decisivo è il parere del rettore, riferiscono i ricercatori. Nell’Università degli studi di Perugia nel 2011 ci sono state 23 cessazioni. Le previsioni per i prossimi anni sono di 51 a medicina, 13 a scienze e 10 a lettere. Ma le questioni sollevate nell’aula 2 di matematica riguardano anche altri aspetti legati alla valutazione scientifica. “Con questi parametri si scremerà la parte peggiore, in Francia ci accusano di essere ridicoli”, la dura critica di un ricercatore che ha denunciato una situazionescandalosa invocando“una forte protesta del mondo accademico”. L’aspetto positivo, fa notare qualcuno, è che ora anche i curricula dei candidati dovrebbero essere resi pubblici “e allora vedremo”. Intanto, ai fini della valutazione non conta la docenza dei ricercatori. Ore e ore a sostegno della vita dell’ateneo, e con retribuzioni minime che non saranno oggetto di valutazione. Del resto chi insegna ruba tempo alla ricerca, è vero, ma intanto molti sono stati spinti a farlo dai propri professori, si fa presente. Qualcun altro sottolinea che aperta è anche un’altra questione. Ci sono i vincitori di un concorso che ora attendono che si liberi un posto nelle specifiche discipline di appartenenza. Ma a rimanere scoperti potrebbero essere altri corsi, per i quali si dovrà attendere, a discapito degli studenti.

 

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