Il ricordo di Giorgio Carnevali dalla Sua Cremona.

Appaiono sempre più costellati di insidie gli anni che  nel tempo allontanano da noi le testimonianze autentiche ed i fatti della nostra Storia che abbracciano gli anni dal 1943 al 1945. Quanto allarmante e provocatorio appare il monito contenuto nel titolo del bel volume, opera di Nedo Fiano, “IL PASSATO RITORNA”, ad indicare che, nonostante i tentativi di spegnere il significato di questa ricorrenza, la voce rimane e spesso provoca ed inquieta le coscienze. Oggi più che mai è necessario “fare memoria” di quei giorni del lontano ’43, allorquando una intera generazione ebbe il coraggio di portare il Paese su itinerari diversi, per ricuperare ragioni di speranza. Furono quelli dell’8 settembre 1943 avvenimenti drammatici, episodi eroici che ebbero per protagonisti soldati, sottufficiali ed ufficiali del nostro Esercito, le umiliazioni che i tedeschi inflissero loro, lo sfacelo, la disperazione. Nacque così la Resistenza, nitida, spontanea, una forza di volontà di “Resistere” all’invasione nazi-fascista. Fatti, documenti storici, soprattutto testimonianze non devono essere sottaciute, dunque  un autentico riscatto storico contro la dittatura e l’occupazione; chi nella lotta partigiana e chi nella fedeltà giurata al proprio Paese, chi nei Lager per non venire meno all’impegno assunto, chi insieme agli Alleati “CONTRO I TEDESCHI”. E Cremona rispose degnamente dalle caserme cittadine, dalla gloriosa caserma Manfredini, dove l’attacco aveva avuto la maggior violenza,  dai quartieri più fitti di caserme, che andavano da S.Agostino a S.Ilario, S.Agata, S.Luca, fino a S.Ambrogio ed alla Stazione Ferroviaria

 

Riporto fedelmente: “Nei giorni successivi l’8 settembre ’43 don Guido Bocchi, vicario di Sant’Imerio, accoglie in casa propria, come altri ecclesiastici cremonesi, soldati in fuga, una ventina. Li alloggia, li mantiene, procura loro abiti civili, soprattutto li salva dai tedeschi. Ha così modo, nello stesso tempo, di raccogliere e nascondere in luogo sicuro alcune armi. Le terrà celate in un ripostiglio segreto almeno per venti mesi, con notevole rischio personale. Di propria iniziativa poi don Bocchi redige, dattiloscrive e ciclostila manifestini antitedeschi che poi fa distribuire e diffondere. Gli argomenti sono molto concreti, mirano a scuotere la gente dal torpore. In uno di essi, titolato ironicamente “Cronaca cremonese”, mensile politico delle persone per bene, supplemento al “Regime fascista (di Farinacci), si legge tra l’altro: “I tedeschi, nel loro smisurato e fraterno amore per gli alleati italiani, continuano ad affamarci sottraendo ogni genere di viveri. Infatti di latte non è rimasto ormai che il solo nome e il burro va via via scomparendo. Ci sentiamo in dovere di ringraziare di tutto questo i fascisti che tanto zelo adoperano nel servire i loro padroni. Ma la guerra sta andando verso il suo fatale epilogo. Come tutti sanno, qualche reparto germanico ha ottenuto una assegnazione di mezzo chilo di burro al giorno e per soldato. Col burro i tedeschi si ungono anche le scarpe. I servi italiani si devono accontentare  di 75 grammi al mese (quando c’è!) e questo avviene nella provincia che è la più grande produttrice di burro. Ma che cosa importa? C’è ancora sufficiente burro per i gerarchi e per i manganellatori. Per i nostri bambini basta la scotta (l’ultimo latticello arcimagro, residuo del latte lavorato) che diamo solitamente ai porci”.

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