30 secondi, 20 minuti, 6 anni (oltre il capitale di Serena Cavalletti)
30 SECONDI, 20 MINUTI, 6 ANNI
Ci si mette sotto al tavolo quando trema, si esce solo dopo qualche minuto, quando senti che è tutto fermo, ma poi mica sei sicura che non ne venga un’altra. Chi vive nei crateri tellurici lo sa, una faglia non si muove una volta sola e nemmeno una volta poi mai più, diciamo ogni vent’anni a occhi e croce, almeno qui da noi, sull’Appennino della Sibilla. Se dal ’97 a oggi non t’è mai capitato di trovarti a prendere l’indispensabile in una valigia in venti minuti con i vigili del fuoco che aspettano, sei stato molto fortunato, ma di sicuro se non a te, è successo a qualcuno in famiglia o tra gli amici e tu hai dormito con la valeriana per mesi mentre al primo scricchiolio o tuono hai sobbalzato perché quel boato ce l’hai nell’orecchio e non se ne va.
Venti minuti per andartene e lasciare dentro casa metà della tua vita, i tuoi libri, un pianoforte, le orchidee, pensane una, una cosa a cui sei legato e che non puoi portare con te mentre tu devi immediatamente cercare da dormire perché di fatto sei in mezzo a una strada.
E le telefonate: “Sì sto bene. Grazie, ma non posso proprio venire a stare da te a Firenze perché devo lavorare”. Se sei autonomo devi riaprire, se sei dipendente non esistono permessi per terremoto appena si ricomincia pure se sei sfollato devi essere al tuo posto anche tu oppure ti prendi le tue ferie.
Comunque, amici a parte, non sono vere le gare di solidarietà, gli affitti te li propongono a peso d’oro e storcono pure il naso perché poi chissà quando te ne vai. Però se non hai una seconda casa devi per forza allestire un piano B e spendere un patrimonio per rifarti una vita quasi mai nella tua cittadina, più probabile sulla costa, chi non ci è riuscito per questioni economiche o per mille altri motivi (fosse anche perché proprietario di un allevamento o di un’attività per cui è necessario permanere in loco) si è trovato probabilmente in una SAE o peggio nella famigerata area container di Tolentino: una struttura modulare con 250 persone dentro, cucine, bagni e docce in comune. Amatrice epicentro e simbolo della distruzione, ma da tutto il cratere umbro marchigiano sono venute via migliaia di persone. Dall’alto maceratese bastino Visso, Camerino, Tolentino, San Severino Marche, Matelica e molte altre cittadine, tre quarti dei centri fasciati, puntellati, imbracati, strade chiuse, teatri chiusi, scuole ricollocate dentro a oratori o container, a Cingoli non esiste tutt’ora una chiesa agibile, con relativo patrimonio artistico, all’interno di tutta la cerchia muraria del borgo. Che problema è una chiesa o un dipinto? Sono la nostra storia, parte di ciò che siamo, la porta aperta in cui decidi di entrare per stare dieci minuti a riflettere perché non di sola produttività vive l’essere umano.
Dopo sei anni noi viviamo ancora in posti così, ricostruzione in altomare, zone rosse, progetti fermi, calcinacci immobili, mancava solo l’attuale indisponibilità di materiali edili a dare il colpo di grazia, con il risultato che molti di quegli sfollati non faranno mai più ritorno in queste terre, con conseguente impoverimento di aree importanti e sovrappopolamento di altre.
Il terremoto è stato solo una miccia per far deflagrare un fenomeno voluto, studiato a tavolino, la famosa “strategia dell’abbandono” ovvero l’intento di lasciare un territorio al proprio stato abbandono e degrado, iniziata ben prima perché queste terre bellissime non conviene a nessuno ci viva una popolazione che pretenda investimenti. Qualcuno deve aver capito che una comunità inesistente o disgregata si domina meglio, l’entroterra che diventa una Disneyland per i turisti è più gestibile come linea per un gasdotto, si stracciano le vesti di meno se le fabbriche delocalizzano, tanto hanno già delocalizzato la popolazione, si ricollocheranno sulle piane di Jesi per l’hub di Amazon se arriva, se le multinazionali se ne vanno pazienza per quei pochi che ancora ancora ci vivono, s’arrangeranno.
Per noi abitanti oltre ai danni parecchie beffe. Non tanto le vignette di pessimo gusto di Charlie Hebdo, quanto i sedicenti politici. Da quelli locali per cui basta portare qualche concerto pop cantautorale sulle piane di Castelluccio per ridare entusiasmo non si capisce a chi o slancio all’economia non si sa di chi né come con una serata, al trampolino di lancio per le destre. Chi non ricorda “Immigrati negli alberghi, terremotati sotto le tende” o le foto di Salvini con nonna Peppina?
Chi non ricorda come si sono tutti riempiti la bocca per lasciarci un minuto dopo in compagnia dei nostri calcinacci, del vuoto sempre più importante di cubature su cubature e cementificazione altrove. In compenso non sono mancati i sindaci super star, efficienza ostentata inversamente proporzionale all’efficacia reale.
Il modello Marche è iniziato in buona parte da qui, dalla rabbia sociale convogliata male e continua con la maldestra realizzazione di promesse elettorali di assessori regionali che tentano di riaprire reparti ospedalieri a Camerino dicendo che in queste terre riportano i servizi.
Ma secondo voi io mi trasferisco o torno a Camerino perché c’è cardiologia? Io vado, mi curo e me ne torno da dove sono venuta, qui fanno 40 e passa chilometri per andare a comprare da Ikea, figuriamoci se non li fanno per un ecocardiogramma.
E così nonostante inerzia e demagogia, continua la vita in queste terre belle e dimenticate o meglio, ricordate a uso e consumo di qualcuno e poi piano piano ci si dimentica, le cose cambiano e i terremoti dopo una pandemia e un’alluvione sono già l’emergenza precedente. “Prevenzione non si può fare” dicono, ma non è vero. Sappiamo che i terremoti torneranno e dovremmo in ognuna di queste cittadine avere già individuato, preservato da altri usi e attrezzato di potenziali allacci, aree specifiche per le SAE, un fondo d’emergenza per averle quanto prima dopo la prossima scossa e un superbonus per l’adeguamento sismico delle abitazioni.
Quanto al riscatto il momento è adesso. Il PNRR è un’opportunità che deve generare opportunità, la sua formula di combinazione digitale e green è ciò di cui abbiamo bisogno qui: comunità energetiche, fibra fin dentro alla grotta della Sibilla, ambienti per lo smart working e il coworking, rigenerazione urbana, distretti del biologico, artigianato e perché no industria etica, servizi di prossimità, incentivi per una nuova politica abitativa, accoglienza.
Da tutto questo ci separa la politica che adesso deve scegliere se venderci al prossimo miglior offerente o impegnarsi e amministrare.
Serena Cavalletti
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