di Fosco Taccini

Il 25 aprile, Festa della Liberazione: in questo passaggio storico complesso appare importante mettere al centro la memoria della resistenza, della lotta di liberazione, e di tutte quelle pagine decisive della nostra storia, caratterizzate dal senso del dovere e dall’essenza del coraggio, di quanti si impegnano concretamente per la libertà di tutti, ribadendo i valori di libertà, giustizia e coesione sociale.

 

Approfondiamo alcuni aspetti di questa data con Attilio Gambacorta da tempo impegnato politicamente, prima nel PCI, poi, dopo la “Bolognina”, nel Partito della Rifondazione Comunista. Ex assessore con delega ai servizi sociali, scuola e protezione civile, nel comune di Torgiano ed oggi uno dei redattori di Umbrialeft. Più volte ha affrontato il tema del 25 aprile, in particolar modo nel periodo che ha ricoperto il ruolo istituzionale, organizzando incontri e proiezioni di film con la presenza degli studenti delle scuole medie di Torgiano, affrontando così, da un punto di vista storico e culturale, un tema di estrema importanza per capire le origini e le motivazioni della nascita della nostra Repubblica che, attraverso la sua legge fondamentale, nelle disposizioni transitorie, vieta la ricostituzione del Partito nazionale Fascista e per questo considerata una repubblica Antifascista, concetto rafforzato dalla cosiddetta legge Scelba del 1954 che sanziona qualsiasi apologia del fascismo.

 

Fosco - Il 25 aprile, oltre che una data da commemorare e celebrare, anche un punto di partenza per ricreare quel sentimento di unità e comunità che può essere un faro in questo complicato presente.

 

Attilio - Non c’è dubbio che nella resistenza ci sono le nostre radici democratiche. Oggi siamo nelle condizioni di dover rivendicare democrazia e uguaglianza, visto il dilagare delle ingiustizie, dell’aumento esponenziale della povertà, della disoccupazione. E non c’è dubbio che le nostre società sono sempre più disgregate, che abbiamo bisogno di riconciliare una società civile segnata dall’emarginazione, dalla discriminazione, dalla violenza. Senza valori e ideali comuni è difficile ricostruire un tessuto sociale coeso, un principio di solidarietà. Principi che la nostra Costituzione espone in modo chiaro e comprensibile a tutti.

 

Fosco - Attilio, nella tua memoria e nel tuo percorso, cosa rappresenta il 25 aprile?

 

Attilio - Il 25 aprile rappresenta la festa della libertà, della speranza. Si chiudeva una stagione di menzogne, di retorica nazionalista e si apriva il sogno di una nuova società fondata sulla democrazia e l’uguaglianza e non sul privilegio. Le corporazioni erano bandite, i cittadini tornavano ad essere sovrani, le donne cominciavano a rivendicare diritti. Ma i nostri costituenti andarono anche oltre e stabilirono che la nostra Repubblica doveva fondarsi sul lavoro, dando un ruolo essenziale ai lavoratori. Cittadinanza, lavoro, uguaglianza, democrazia, libertà rappresentano i principi essenziali su cui si fonda la nostra Repubblica, e andando ancora avanti con il pensiero, i padri fondatori con l’articolo 9 difendono il paesaggio, stabilendo così il principio di tutela ambientale. Tutto questo senza la lotta partigiana, culminata nell’insurrezione del 25 aprile, non sarebbe stato possibile. La storia viaggia su binari spesso impensabili, la cronaca poi influenza il pensiero e la storia viene piegata alle convenienze di parte e del momento, confondendola con la memoria. Oggi la guerra partigiana è soggetta a rivisitazioni, ad un’interpretazione che offende il sacrificio estremo di tanti giovani che si sono battuti per un mondo più giusto contro la barbarie del nazifascismo. A tutto questo dobbiamo porre un freno ristabilendo la verità storica. Da una parte c’erano i partigiani dall’altra i fascisti, non c’è dubbio che chi innesta strumentalmente episodi e fatti decontestualizzandoli, a mio avviso non è in buona fede. Ormai è chiaro che il vero obiettivo di questo storicismo è la Costituzione.

 

Fosco - Un ricordo, o una suggestione, che ti piace citare in questa giornata?

 

Attilio - Quando ero ancora giovanissimo, poco più che adolescente, il 25 aprile mi portavano ai 5 Cerri di Bettona, una collina che domina il paese dall’alto. Nel punto più alto della collina, dove furono giustiziati e uccisi 5 partigiani del luogo, c’è una lapide che ricorda il massacro. Quell’episodio mi ha sempre colpito: la giovane età, le testimonianze dei familiari ancora in vita e quelli dei compagni sopravvissuti. Parole piene di idealità, segnate dalla tristezza per l’assassinio dei giovani partigiani, evidenziate dalla forte emozione che a dopo tanti anni ancora provavano nel raccontare quel drammatico episodio. Erano i primi anni 70 e forte era ancora il significato ed il valore della Resistenza. Ho nostalgia di quegli anni quando ancora si credeva di cambiare il mondo. Oggi ci troviamo a dover difendere quei valori, anche nei confronti di un’opinione pubblica che non ha più memoria e che si è adagiata in questa modernità senz’anima, chiusa solo in sé stessa.

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